24. Buio che cola

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I pioppi e frassini svettavano alti attorno ai Maledetti. Ogni passo che la colonna percorreva, gli alberi si facevano più voraci e inquieti. Le loro foglie, inizialmente scure contro il sole, si cinsero presto in una volta alta come quella di una cattedrale. Le reclute tenevano in su il viso a fissare le poche stelle di sole che macchiavano le cime, prima che queste si chiudessero completamente. Le torce proiettavano cerchi di luce attorno alla colonna, drago prudente su sconosciuta via notturna. Eppure, neanche il calore del fuoco sembrava capace di scaldare i loro cuori stretti dal freddo. Avanzavano ognuno con la mano sulla spalla del compagno davanti a sé. Quelle luci ardenti si schiantavano contro visi di roccia e corteccia che fiancheggiavano la strada. Non li guardavano benevoli.

"Signore, proteggici" guaiolò la Caterina.

Il Berto sentiva nello stomaco una sensazione ancora più opprimente rispetto al giorno prima. La preoccupazione della sua amica era pienamente giustificata. L'aria era gravida di minaccia. C'era fame, quella feroce di una fiera alla fine dell'inverno. Accarezzò amorevolmente la piccola volpe, come per dire questa volta sarò io a proteggere te.

"C'è movimento attorno a noi" sussurrò la Caterina.

"Lo so" rispose il Berto.

Non lo sentiva con le orecchie, ma con la pancia. Passi pesanti che tormentavano il suolo. Intenti omicidi e, notò con sorpresa, desiderio di redenzione. Dietro di lui, il Cosimo era sull'orlo di una crisi. Il Sergente Mateo lo fulminò con lo sguardo.

"Riconosco questo odore" sussurrò tremante la Caterina.

Il Capitano arrestò la colonna con un gesto. Infilò una torcia nella mano meccanica, e risalì di alcuni passi il fianco della strada. La luce illuminò un albero devastato da uno sproporzionato quadrello di balestra. Con uno scossone lo sradicò dal tronco, che si spezzò. L'albero si rovesciò con un crepitio agghiacciante, schiantandosi a terra in una tempesta di ossa rotte. Il fusto stillava umori neri.

Il silenzio ricadde su di loro. Alcune reclute vomitarono per la tensione. Il Capitano osservò con attenzione il quadrello. Lo annusò. Contro la fiamma tremula della torcia, il suo viso era terrificante. Il naso dritto, l'occhio guercio e i denti snudati spaventarono chi era abbastanza vicino da poterlo vedere. La fiera barba, ingrigita dagli anni, sembrava della stessa materia delle fiamme. Sorrise. Tornato dai suoi Caporali, questi sorrisero a loro volta.

"Sangue."

Il sussurro si sparse lungo la colonna, come sangue sul granito.

"Si possono uccidere" bisbigliò il Mateo, alla sua squadra.

Il lieve mormorio si spense di nuovo, da solo. Il Cuorsepolcro si voltò verso la via dinanzi a loro, lo sguardo duro contro l'oscurità che ansimava pesantemente. Lanciò la torcia. Quando cadde a terra, l'oscurità colò come pece di dosso a quattro spaventose figure di metallo e disordine. Cavalcavano destrieri di terribile aspetto, se si potevano dire tali. Erano enormi, col muso coperto o interamente composto da un teschio. Da froge e denti, viscidi umori fumavano nel freddo nella notte. I cavalieri erano completamente armati di corazze di terribile foggia. Diavoli e creature del buio, assemblati dal martello di un fabbro impazzito. Nelle scure fessure degli elmi, riflessi come di brace rispondevano al timido tremolare della torcia sulla strada.

"Non avete diritto di calpestare questo Regno. Lasciatelo!"

La voce del Capitano pareva scuotere la foresta silenziosa. Molte delle sue reclute sussultarono, i coraggiosi allungando i colli, i pavidi recitavano l'Ave Maria.

"Questo Regno vi è precluso per comando del Verbo. Lasciatelo!" ripeté il Cuorsepolcro.

I terribili cavalieri risposero solo con il silenzio. Non sembrava neppure respirassero. Lentamente, poi, un rumore di zoccoli incrinò il silenzio, e un'altra figura a cavallo si fece colare il buio di dosso.

Nel cuore e nella pietraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora