"Niente rancore, per quello che è successo, vero?"
Quella del Pièbisulco non era esattamente una domanda, quando più un ordine emesso con grande morbidezza. Il Berto caracollava sul dorso del suo cavallo, ancora come stordito da quella specie di visione che era stato l'incontro col Principe Mastino. La Caterina, dal canto suo, stava appollaiata in religioso silenzio sui quarti del ronzino. Non si fidava di quell'uomo dal passo svelto. L'Ercole era sparito chissà dove.
"Signore?" rispose il Berto, come intontito.
"Era necessario, capisci? Dopo il casino che hai fatto in città, il Principe ti voleva tagliare mani e piedi, legarti per il cazzo e buttarti nel fiume durante la piena."
"Ah."
"Dovevamo dimostrare che avevamo il pieno controllo su di te. Che non sei un qualche pericoloso, non so, essere, che può prendere e combinare il cazzo che gli pare" proseguì il Pièbisulco.
"Capisco. Avreste potuto avvisarmi, però!"
"Non ci aspettavamo che il Principe arrivasse così presto e non annunciato. È preoccupato. Per questo siamo partiti subito. E datti una pulita, lo sporco mi infastidisce" lo riprese il boia.
Muovendosi il Berto si lasciò andare ad una smorfia di dolore, mentre si passava un fazzoletto sul viso.
"Poche storie. So che non ti fa così tanto male."
Era vero.
"Come fate a saperlo?" chiese il Berto.
"Era la stessa cosa, col soldato Orco prima di te."
"Il Davide. Lo hai conosciuto?"
"No, ma lo ha conosciuto il mio maestro, molti anni fa. Ora facciamo silenzio, ci stiamo avvicinando al confine. Tieni gli occhi aperti. Ah, giusto per la cronaca. Io ti devo sorvegliare, e uccidere, se perdessi la testa diventando un pericolo. Controllati. Se io dovessi sparire, per qualsiasi ragione, nasconditi e aspetta. Ti troverò io."
"Così puoi uccidermi meglio?"
"Esatto, ma non solo. Non sei fatto per essere irreggimentato, forse l'azione individuale è dove puoi rendere al meglio. Ma soprattutto sì, così mi è più facile ucciderti."
Il sole si era fatto alto sulla campagna verdeggiante. Morbidi colli e bassi boschi in lontananza anticipavano il peso del lago, che dalle montagne appoggiava il culo sulla pianura. Ad un frullar d'ali, seguì il vispo cinguettare dell'Ercole, che si appollaiò fra le orecchie del cavallo. Questi, a sua volta, per un attimo gli prestò attenzione, ma subito se ne annoiò.
"Dove diavolo sei stato tutto questo tempo?" chiese la Caterina sbadigliando dal suo palanchino da viaggio.
"A Sant'Elmo, mia pigra amica pelosa. Ho dovuto fare un giro lungo, la strada era bloccata."
"Non vorrai aspettare che qualcuno ti chieda come possa essere chiusa la strada, se sai volare" disse il Berto.
"Sono sorpresa, Berto. Complimenti! Questo sì che è dare una stoccata!" disse la Caterina tutta felice.
"Si sono impegnati, penne di coda! Ti hanno reso un capolavoro" temporeggiò l'Ercole, guardando il viso tumefatto del povero giovane.
"Puoi chiedere la firma all'artista, se vuoi. Cavalca poco avanti" lo incoraggiò la Caterina.
L'Ercole riprese il discorso, ignorando la volpe e puntando una penna verso il lago.
"Quelle nubi scure, non si possono attraversare. L'aria è pesante, sembra veleno. Pareva mi bruciassero le penne! Me la sono dovuto scrollare dalle ali come fosse della cenere"
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Nel cuore e nella pietra
Fantasy"Sta nascendo, sta nascendo!" Alla cava, il grande Berto posò la mazza e si tolse il fazzoletto dagli occhi, scuotendosi di dosso le schegge e la polvere del granito con le manacce callose. "Sta nascendo?" chiese agitato il gigantesco tagliapietre. ...