"Bruciateli" comandò il Cuorsepolcro. "Che dalla Gioiosa Guardia vedano chiaramente il fumo salire dalle pire".
"Cosa facciamo dei nostri caduti, signore? Non possiamo lasciarli sotto questo cielo maledetto" commentò il sergente Mateo.
"Dovremo farlo. Non possiamo farci sorprendere dalla notte."
"Ma signore, con le creature che serpeggiano per queste terre!"
"Allora abbatteremo quella fortezza in fretta!" ruggì il Capitano.
La conversazione si interruppe di colpo quando sullo stendardo del reggimento, alla testa della colonna, si posarono sette meravigliose creature ammantate di grazia. Il Capitano si inginocchiò, levandosi l'elmo. Un gufo, un corvo, una colomba, un falco, un'aquila, un pavone e un passero. Lo guardavano immersi nella luce più pura che una qualsiasi primavera avesse mai riversato su quella terra.
"I Saggi di Sant'Elmo" proclamò squillante un pettirosso dall'aria impertinente.
"Eccellenze, ci onorate" disse il Cuorsepolcro alzandosi.
"Il vostro coraggio vi onora, Capitano, per quanto l'astuzia vi avrebbe potuto garantire maggior profitto" commentò il corvo.
Era questo uno splendido e maestoso animale, dalle penne lucenti e dalle vivaci movenze. "L'inquietudine della vostra anima presto chiederà il suo prezzo" concluse.
Il Capitano si corrucciò. Sapeva che il corvo aveva ragione, su entrambe le questioni.
"Finita questa guerra, spero mi onoriate permettendomi una visita a Sant'Elmo, Eccellenza."
"Sarà opportuno" profetizzò il corvo.
"Coraggio, forza o astuzia che sia. C'è ancora oscurità lungo il vostro cammino, abissi profondi in cui scendere" commentò il falco, gli occhi splendenti come il sole. "Riesci a vedere, Capitano, quanto a fondo dovrai andare, una volta fra quelle mura?"
"Sento il freddo, ma non ho i vostri occhi, Eccellenza" rispose umilmente il Capitano.
"Vedo molti cuori fragili, qui con te. Li stai conducendo in acque pericolose" replicò il falco, scrutando le file dei Maledetti.
"La battaglia è una tempra per l'anima" rispose il Cuorsepolcro.
"Ma la morte ha un grande potere su questa terra" interloquì il gufo, "e con la tempra spesso l'acciaio si spezza. Devi essere pronto a vedere e sentire dove occhio e orecchio umano nulla possono."
"Col vostro aiuto, non c'è oscurità che possa intimidirci".
"Poche cose ci pare vi possano intimidire, Capitano" chiosò il passero con ardore.
"Noi siamo qui perché gli empi hanno osato levarsi in cielo, varcando i nostri confini. Non possiamo niente contro la pietra e il metallo degli uomini. Non abbiamo autorità su questa terra che voi calpestate. Siete sicuri di essere pronti per questa battaglia? Ve lo chiedo, perché noi non potremo esservi di alcun aiuto" concluse l'aquila in piena maestà.
Attratto dal familiare cinguettare, il Berto si era fatto avanti lungo la colonna, arrivando fin quasi sotto lo stendardo dove i Sette erano appollaiati.
"Potremo mai essere pronti, Eccellenza? Avremo mai la certezza, figlia viziata della preveggenza, di cosa giace oltre l'orizzonte del presente?"
"Berto! Caterina!" cinguettò molto poco cerimoniosamente l'Ercole.
"Pettirossi" sospirò il pavone, scuotendo elegantemente la testa.
"Sono così felice di vedere che state bene!" cinguettò l'Ercole, arruffando le penne fra la zazzera del Berto.
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Nel cuore e nella pietra
Fantasy"Sta nascendo, sta nascendo!" Alla cava, il grande Berto posò la mazza e si tolse il fazzoletto dagli occhi, scuotendosi di dosso le schegge e la polvere del granito con le manacce callose. "Sta nascendo?" chiese agitato il gigantesco tagliapietre. ...