Giorno 8 - Sera

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La giornata è stata produttiva. 

Lui ha avuto più volte, nel passare delle ore, voglia di fumare ma, un po' per il fatto di non avere il pacchetto nel cassetto, un po' per non voler far sentire puzza di fumo alle colleghe alle quali da qualche giorno aveva già detto con orgoglio di aver smesso, un po' al pensiero di L, aveva resistito e non aveva voluto mostrarsi la scena di sé che, facendo finta di nulla, va al chiosco lì vicino a comprare le sigarette ascoltando una delle solite voci che, infingarda, l'avrebbe rassicurato sulla fattibilità di quell'azione: "te lo meriti dopo giorni di sofferenza", gli avrebbe sussurrato.

Una collega in particolare, Anita, giorni prima aveva fatto un gesto che lui odiava rivolto a sé, al ritorno da una furtiva uscita di cinque minuti per fumare: la mano destra, diritta e con le dita chiuse, che sventola l'aria sotto il naso.

Non ricordava che quel giorno a quell'ora ci sarebbe stata la "Teambesprechung", l'ora settimanale di briefing dello studio in cui lavora.

A peggiorare la situazione fu il fatto che già tutti si stavano sedendo intorno al tavolo nella sala attigua al laboratorio e Anita era l'unica a non aver ancora salutato dopo il week-end.

Lei, dopo essere stata baciata sulle guance, facendo il suddetto gesto diceva, sentita da tutti: " du solltest die E-Zigarette rauchen"

Qualcosa di forte succedeva in quel momento: subiva, non ignorandole, un turbine di sensazioni molto pesanti sbattere contro i suoi respingenti emozionali; vergogna per sentirsi giudicato stupido da tutti, senso di colpa per essere sgattaiolato fuori a fumare (nel cortile interno è "verboten") e quel qualcosa che aveva richiamato un'immagine che credeva di non aver visto giorni prima nella vetrina del negozio: la sigaretta elettronica.

"Dovresti fumare la sigaretta elettronica" le aveva detto Anita non comprendendo razionalmente il suo rossore evidente.

"Pura coincidenza, un caso" è la razionalizzazione più comune e tutto si chiude a tarallucci e vino, con l'oblio che questo comporta. I messaggi vengono ignorati e messi a tacere da qualche parte, per non nuocere.

Lui non ha mai pensato alla "coincidenza", intesa come banale casualità alla quale non c'è bisogno di prestare attenzione.

Prestava attenzione eccome: dietro ad ogni cosa, ad ogni fatto o circostanza, fin da bambino cercava altro.

Come il bimbo che dal passeggino indica il cane ed esclama con entusiasmo:"cagnolino!!" intuendo sia molto di più di "un animale", con scoperte continue che molto presto sarà indotto a dimenticare.

Nella sua infanzia Lui non sapeva cosa fosse o significasse "simbolo" ma col passare degli anni capì che quel cercare fosse in realtà non accontentarsi di ciò che gli adulti gli dicevano.

Anche perché le risposte alle sue domande erano spesso elusive e insufficienti.

Dopo un po', deluso, smise di farne ma non di porsi la domanda principesca: "perché?"

Quella frase di Anita, allegata alla vergogna, non era stata banalizzata come un caso ma come un messaggio da chissà chi e da chissà dove che gli diceva di comprare la sigaretta elettronica vista in vetrina.

"Ah no!" pensa un attimo dopo, "Ho già conosciuto una sigaretta elettronica; qualche tempo fa ci siamo frequentati per un po' e poi ci siamo persi di vista. Quando vado a casa cerco di lei".

"Dove l'ho messa? E chissà se è carica e se c'è ancora liquido" pensa mentre rovista nel cassetto vicino a quello dove si trova il pacchetto di L, al suo rientro.

"Eccola!!" pensa con soddisfazione pari a quella di Archimede nella Jacuzzi.

La sigaretta elettronica non è carica ma il suo caricabatterie si trova nello stesso cassetto.

La sigaretta che non fu maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora