Giorno 164 - Sera

4 0 0
                                    

Tra una voce e l'altra, anche quel giorno...si fa sera. Stavolta col bus, per far prima, torna a casa e con nonchalance, rispondendo distratto ad un messaggio, prende al volo E, si siede sul balcone al sole del tramonto e, ancora prima di mangiare si fa una dose di nicotina calda e profumata di mentolo.

L assiste alla scena. Pur non vedendolo direttamente, dalla sua posizione vede le nuvole di fumo svolazzare nell'aria ferma della sera estiva.

"Almeno con noi aspettavi di aver mangiato, prima di fumarci..." pensa malinconicamente.

I suoi sospetti erano fondati e i suoi sentimenti contrastanti.

Le andava benissimo non essere fumata, ma la dipendenza da lei si era solo rivolta in un'altra direzione e lui non voleva ammetterlo.

Ora ne ha la prova, ma è sicura che debba arrivarci da solo.

-Ciao L- dice rientrando dal balcone per farsi la doccia e mettere la pentola sul fuoco.

-Ciao, come è andata la giornata?

-Bene bene- taglia corto Lui, ritornando col pensiero al craving avuto sul lavoro ma non avendo assolutamente intenzione di parlargliene.

-Volevo dire, com'è andata la giornata senza di noi?

-Da Dio- risponde mentendo, almeno in parte, essendo stata la giornata di due pagine diverse tra loro.

Il riflesso condizionato della dipendenza fisica e psicologica alla nicotina l'aveva disturbato portando il suo livello di energia verso il basso, quasi come l'icona della batteria che tende al giallo, se non ancora al rosso.

Il fatto di essere condizionato da questo bisogno era, da una parte, un'opportunità di accorgersi di una situazione ancora in ombra, dall'altra il tentativo della dipendenza stessa, quasi fosse una entità reale e viva, di riprendere il controllo "per sfinimento", per non lasciare la batteria a zero.

-Vuoi raccontarci, mangiando, di quella volta che hai smesso di fumare quelle là?- dice maliziosamente E indicando con un led rosso L in piedi sul comò, suscitando un discorso che potesse fargli ricordare di quanto fosse idiota e dipendente nel metter in bocca quella schifezza.

-Di quella volta da marzo a giugno?

-Sì sì, l'avevi accennato giorni fa- si inserisce L stando al gioco e cercando di portare il discorso verso una strategia opposta a quella che aveva intuito volesse mettere in campo E.

-Mah, cosa volete che vi dica, era da un po' di tempo che i miei pensieri ricorrenti mi portavano ad uno stato di repulsione verso le sigarette.

Quando entravo in questo stato particolare, i propositi di smettere si affacciavano sempre più insistenti e chiari.

In quei giorni di inizio primavera poi, il solito mal di testa nella parte sinistra della fronte, originato dalla difficoltà a digerire, sicuramente causato delle sigarette fumate, mi dava fastidio riattivando l'eterno senso di colpa per non saper pensare alla mia casa, il mio corpo, come ad una cosa sacra.

-Cosa ti ha fatto smettere?- dice E per indirizzare il discorso verso la sua strategia.

-Accadde che il marito della figlia di una mia cliente, che conoscevo di vista, morì il 21 marzo.

Sul giornale, il suo epitaffio recitava:

"Crudele strappare un fiore il primo giorno di primavera"

Era giovane, credo meno di trent'anni, e questo mi dispiacque e mi colpì molto...

-Ah, terribile- lo interrompe E -ma cosa c'entra con la tua decisione di smettere?

La sigaretta che non fu maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora