Giorno 341- Martedì - Inge

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-Ciao Inge, come stai?

-Ehilà ciao, che piacere vederti, quanto tempo- risponde con un sorriso a 32 denti.

-Eh...una vita, dove eri finito?

-Beh io sempre lì, tu piuttosto.

-Sì, in effetti oramai ci sono poco qui, da queste parti. Hai voglia di un caffè? Te lo offro io!

-Sicuro, così mi racconti come ti va.

I due amicissimi di un tempo entrano in un bar, proprio di fianco ai magazzini COIN in via Cappello, una delle vie più chic e centrali di Verona, dove milioni di turisti fanno tappa per affacciarsi al balcone più famoso del mondo, dal quale Giulietta calava la sua treccia per far salire e baciare il suo innamorato Romeo, amore ispiratore del genio britannico.

Cercano un tavolino per sedersi ma il locale, molto affollato, offre solo un appoggio in piedi.

Mentre Inge va al banco per ordinare, Lui nota che il bar, scalcinato con i muri sporchi e i tavolini da osteria di periferia, non si confà alla location in cui è ubicato.

E soprattutto sente l'irritazione alle narici che sentiva un tempo nei bar: il locale era pregno di fumo di sigaretta, stagnante e rancido, mischiato all'odore del caffè e dei liquori.

Nota il suo amico aver bisogno di aiuto per portare le due tazzine e la scatoletta dello zucchero al loro tavolino, gli va incontro e gli chiede: -Ma si può fumare in questo bar?

-Devo andare via, sono già le otto e mezza, saluto la mamma in cucina; la partita inizia alle nove meno un quarto...dove ho lasciato il pacchetto di Merit pieno appena comprato?...eccolo sulla sella della vespa in garage...

Le campane di Mariahilfe, la chiesa del suo quartiere, suonano come ogni mattina alle sette. Lo svegliano e Lui rimane immobile per qualche secondo.

Non vuole spiegarsi il sogno, come oramai ha imparato, ma vuole sentire la meraviglia, ricevere "tra le righe" il suo messaggio.

Marco, in arte Inge, un suo caro amico del passato, non poteva essere incontrato, almeno per strada, da nessuno oramai.

Di due anni più vecchio, era morto molti anni prima, circa venti, per una malattia legata al fumo.

Nel tepore del letto, ritornano immagini affettuose del giovane "Inge" (così soprannominato nella compagnia del bar per la sua specializzazione in elettrotecnica) che, con una ritualità ripetitiva ed adorante, tirava fuori con un colpetto la MS dal pacchetto plastificato e morbido, mai schiacciato o deformato, un perfetto parallelepipedo con l'apertura nella parte superiore a forma di perfetto quadrato di 1.5 cm di lato, tra il bordo del sigillo dei Monopòli di Stato ed il lato lungo del fianco del pacchetto.

La lisciava accarezzandola come sfiorasse con i polpastrelli di pollice e indice il capezzolo di una donna e, con un'espressione di profondo godimento, portava la fiammetta scaturita da un click elettronico dell'accendino alla punta della sigaretta, come un amante infiamma il bottoncino della sua amata.

Ricorda con nostalgia l'immagine di loro due che, come un fotogramma in fermo immagine si anima al comando play, sono in macchina, la Cinquecento L degli anni '60 di suo papà color beige, lucida e senza un graffio, con sì e no ventimila chilometri sul contachilometri dopo quindici anni di vita.

In via San Marco a Verona, passando sotto il ponte della ferrovia, chiede una sigaretta al suo amico che, fresco di patente, quasi esce di strada per tirare fuori pacchetto e accendino dalla tasca.

Era il tempo in cui non comprava, se non raramente, il pacchetto.

Diciassette anni e i soldi della mancetta settimanale bastavano sì e no per la pizza margherita del sabato sera...

Mentre l'accendeva, una sensazione sgradevole passò quel giorno nel suo essere, naturalmente ignorata. Troppo presto.

Era troppo presto per accorgersi che...

"Stiamo andando a casa di suo cugino che non mi è neanche tanto simpatico...oggi è domenica...e al posto di uscire con la ragazza che voglio da sempre e che ho da mai, staremo tutto il pomeriggio a parlare di nulla di interessante...e a bere birra che è amara e non mi piace neanche...possibile che io mi sia aggregato solo perché so che lui ha MS a pacchetti e gliene posso scroccare qualcuna?"

Ora no. Ora non è troppo presto e forse nemmeno troppo tardi.

Ricordo e desiderio danno luce all'ombra.

Non si sbagliano. Mai.


Dipendente già eri, amico mio...

saper non potevi ed è giusto così

spuntavi allor, era solo l'avvìo

lunga la strada ma il tuo cuor disse sì "


Alzandosi dal letto, il peso della giornata di dieci, forse anche più, ore di lavoro svaniscono in un istante: lietamente indulge, guardando tutto dissolversi.


Il ricordo rende il passato presente

se sta a braccetto col desiderio,

non può sbagliar, lui certo lo sente

non dubitar, lor fanno sul serio "

La sigaretta che non fu maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora