-Esattamente due anni fa, come oggi, mi avviai a piedi verso la fermata della metro con l'intenzione di farla finita con voi.
-Niente di nuovo o di straordinario, mille volte nella mia vita ho avuto questo proposito, ma quel giorno mi arrivò un aiuto.
Una pausa lunghissima intercorre nel suo periodare, come volesse gustare il momento, quasi per riviverlo.
-Non ci crederete mai- dice abbassando il volume della voce -mi arrivò un segnale, chiamatela una coincidenza che, anche se sono abituato a "leggere" i segni, mi lasciò di m...-
Altra pausa.
-Se qualcuno avesse fatto caso a un deficiente che, immobile sul marciapiede, fissa una bicicletta, gli avrebbe chiesto se avesse avuto bisogno di aiuto.
-Perché?- chiede E.
-Mi ero bloccato senza muovere un muscolo perché, dando una tirata schifosa e gettando quella che avevo per l'ennesima volta programmato essere la mia ultima sigaretta, nello stesso istante in cui la voce della narratrice che stava leggendo l'audiolibro negli auricolari pronunciò "la parola", lessi il mio nome stampato in color oro sul telaio di una bicicletta bianca, rovesciata sul marciapiede.
-Nello stesso momento?- chiede L, intuendo il valore di un fatto simile.
-Tutto contemporaneamente!!
Si ferma un attimo aspettandosi una domanda da E, che non viene.
-E qual era la parola del libro narrato?- chiede invece L con l'interesse di una bambina che aspetta con occhi sgranati che la fatina racconti la fine della favola.
-Idiota! Esclamò in quel momento la narratrice che stava recitando la parte finale del romanzo.
E "L'Idiota" di Dostoevskij era il romanzo che stavo ascoltando da mesi.
Capite?
-Sì sì- risponde E con poca convinzione temendo di essere sgamata.
-Mmm- mugugna L muovendo leggermente il filtro in alto e in basso.
Molto spesso le parole sono usate per nascondere la verità. La risposta di E, con le parole, lo faceva.
Quella di L, con un mugugno corporale, no.
A Lui non sfugge quella sottigliezza, quella impercettibile differenza che non percepisce come banale.
Sa che nulla è banale se non viene banalizzato. Ogni cosa ha un suo perché, perché se non lo avesse, non sarebbe. Sarebbe nulla, anzi, non-sarebbe.
-Vi saluto, signore- distogliendosi dai suoi pensieri.
Le due "amiche" rimangono lì, sul tavolo, in piedi una di fronte all'altra, e a nessuna delle due sfugge il fatto che non mette in carica E, pur vedendo chiaramente dai led che è all'ultima pallina.
"Qualcosa sta cambiando" pensano entrambe con una valenza diversa, per ovvi motivi.
E, teme di perdere qualcosa di acquisito, L, nota con sottile piacere che la dipendenza per E non è più totale. Avrebbe potuto definirla "vigile" anche se non poteva esserne certa.
Si addormenta con quella fotografia negli occhi: l'immagine della scritta sul muro.
Non gli passa inosservato che è successo sempre per le vie di Monaco e che quella città ha per lui qualcosa di magico: oggi ha letto quel messaggio sul muro e, due anni fa esatti, (non avrebbe potuto mai dimenticare la data di un evento simile...) un gesto, un suono, un nome.
Quella notte si trova nel cortile della caserma della Guardia di Finanza, adibita ad alloggio vacanziero per i familiari agli Alberoni, la lunga e sottile isola di Venezia che forma la laguna, dove era stato a undici anni in vacanza con la mamma e i fratelli.
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La sigaretta che non fu mai
Paranormal"Lui" è un artigiano costretto a fuggire da una situazione economica disastrosa della sua attività di imprenditore e del settore in generale. Per una relazione che dura da quarant'anni, "L" come sempre lo segue. Si trasferiscono in Germania, a Monac...