Giorno 350 - Lunedì

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Ciao, buon giorno- la saluta appena sveglio.

-Ciao, dormito bene?

-Come da tanto tempo non succedeva!

-Ottimo, una domanda...siamo soli?

-Sì, E è di là in cucina in carica, ma non l'ho ancora accesa; in un certo senso siamo soli.

-Ho capito perfettamente cosa intendi...non c'è...ma c'è, vero?

-Proverò anch'io ad essere come sei stata tu ieri: devo riuscire a dire quello che è, senza distorsioni emotive che portano sempre fuori strada.

Ti prego di fare come ho fatto io: ascoltami veramente fino in fondo senza giudizio, perché il giudizio striscia come un serpente verde nel fogliame a primavera e ti impedisce di comprendere le cose come sono: non lo vedi e tutt'un tratto scatta e ti morde così rapido che quasi non ti accorgi di essere stato morso.

Da dove parto? Non rispondo alla tua ultima domanda perché nel raccontare tutto questo non si possono fare salti temporali, si perderebbe la sequenza dei fatti e delle motivazioni che li hanno causati. Ricorda bene questa parola: motivazioni, non colpe.

Perdonami se parto da lontano. Ci siamo conosciuti che ero un bambino delle elementari. Eravate sempre nelle mani di mia mamma, di mio papà, delle sue amiche. Amiche di mia mamma, intendo, non credo che mio papà ne avesse...

Mettervi in bocca per loro era come mangiare una caramella. Però a noi proibivano di fumare, anche all'età delle medie. Come se fosse la cosa peggiore che potessimo fare.

Secondo te io ho messo in bocca tua nonna perché mi piaceva il gusto che mi lasciava o perché il proibito mi attraeva?

Brava che non rispondi. Hai capito la domanda retorica.

Questo per dire che il rapporto con voi non è nato spontaneamente, ma alterato da un divieto e da un'irresistibile spinta a violarlo.

Naturalmente nessuno a quell'età è cosi maturo da comprendere questo meccanismo perverso e perciò il rapporto con voi continua, fra alti e bassi, tra litigate e rappacificamenti, a volte per tutta la vita.

A volte succede qualcosa che riapre scenari e comprensioni apparentemente soffocate; qualcuno a volte reagisce ma, pur ricevendo messaggi inequivocabili sull'effetto che avete sul nostro corpo, li ignora e rimangono inascoltati.

A volte invece i messaggi, seppur non compresi subito, abbattono le mura solide fin lì costruite.

Mi spiego con esempi.

Persone che vi prendono tutta la vita, non si fanno domande alcuna e vivono fino a novant'anni...poche, ma esistono.

Persone come il mio vicino che, pur lavorando dieci ore al giorno ad una pompa di benzina per quarant'anni e respirando benzene, idrocarburo aromatico (ironica e beffarda la denominazione "aromatico" eh), non ha mai smesso di fumare nemmeno dopo essersi vista sbattuta in faccia una diagnosi di cancro ai polmoni e aver girato per il paese a chiedere sigarette ai passanti perché la moglie, nel suo disperato tentativo di farlo smettere, aveva fatto il giro delle tabaccherie con la sua foto per pregare di non vendergliene.

Ho visto sulla sua faccia, dopo essere stato scoperto dalla moglie con un pacchetto in tasca, l'umiliazione di vedersi sequestrato il portafogli, lui che si stava spegnendo come un lumino al cimitero che ha bruciato tutta la sua cera.

L'ho visto con i miei occhi parlare ad una tua cugina, accesa tra le mani nel suo giardino, pochi giorni prima di morire: "Ma cosa mi hai fatto, brutta schifosa?" diceva mentre aspirava con le ultime forze rimaste un fumo grigio-scuro ed evitando lo sguardo disperato e rassegnato della moglie.

E poi ci sono persone come me che di domande se ne sono fatte sempre tante, da sempre.

Praticamente da sempre mi chiedevo perché mi facessi così male nell'avvelenarmi, giorno dopo giorno dopo giorno.

Una volta mi risposi "È il mio modo per farmi male", ma questo pensiero non cambiò nulla nella realtà; continuavo a fumare con i sensi di colpa.

Finché, quel giorno, quasi un anno fa con la febbre a trentanove, qualcosa è cambiato.

Non so, forse il ricordo dell'immagine del mio vicino che guardandola con orrore si arrende a lei con già un piede e mezzo dall'altra parte, ha chiuso il circuito elettrico, ha fatto collegamento con l'immagine che c'era nei miei occhi mentre ti guardavo e mi chiedevo, con l'accendino in mano, se accenderti o no...forse.

Il poveretto ha fatto le domande a quella sigaretta, ma era troppo tardi.

Ora devo andare a lavorare, ma ne parleremo ancora.

La sigaretta che non fu maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora