Il coraggio che mi manca.

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Non appena varcai le porte automatiche degli arrivi le mie labbra si allargarono in una risata semi trattenuta, mentre scuotevo il capo di fronte all'ultima trovata di mia zia Lucinda.

Lì, in mezzo a diversi cartelloni su cui vi erano segnati cognomi di persone a me sconosciute, la scritta Signorina Loty Reed, tracciata con un pennarello nero su un cartoncino giallo canarino, mi saltò agli occhi ancor prima di individuare la giovane donna che lo reggeva tra le mani.

E quando il mio sguardo si abbassò alla ricerca di un viso che non vedevo l'ora di osservare dal vivo, Lucy mi regalò un sorriso che comprendeva persino le pupille. Poi girò il foglio. Sul retro, le parole "Cocca della zia" mi fecero sprofondare negli abissi della vergogna.

Le andai velocemente incontro, togliendole la carta per il timore che la sventolasse in aria ancora una volta. «Era davvero necessario?»

«Certo che sì!» Mi strinse tra le sue braccia esili, facendoci dondolare entrambe in quell'abbraccio che sapeva di casa. «Mi sei mancata così tanto... Fatti guardare», mi tirò indietro per le spalle, incurvando gli angoli della bocca. «Sai cosa direbbe la nonna se mi avesse accompagnata?»

Purtroppo lo sapevo. «Sei tale e quale a tua madre», recitai in una sorta di cantilena beffarda.

Lucy arricciò il naso. «Già!»

Il mio sguardo scivolò sui suoi capelli. Li toccai fino alle punte, incredula per via della nuova capigliatura. «Non ci credo, ti sei fatta il caschetto!» Fino alla scorsa estate, mia zia vantava una lunghissima chioma nera, adesso le punte le arrivavano appena sotto il mento, e diverse sfumature simili al caramello le illuminavo il volto, spiccando attraverso il suo colore naturale. «Proprio tu che non volevi accorciarli di un solo centimetro!»  

Si ravvivò la piega con le dita. «Mi serviva un cambiamento. Uno drastico.»

«Non mi pare così drastico. Stai benissimo, adesso somigli ancora di più a Mila Kunis.»

Schioccò la lingua. «Ti sei proprio fissata. Hai visto il mio naso?» mi mostrò il suo profilo, indicando una delle parti del suo corpo che più detestava. «È lungo e all'insù, ti sembra vagamente simile a quello di Mila Kunis? Guarda che narici terribili.» Mosse la punta, enfatizzando il suo disappunto.

E io risi. «Tu sei fuori di testa.»

Afferrò la mia valigia, incitandomi a seguirla fuori dall'aeroporto. «Chiama tuo padre. Se non gli dici che sei arrivata morirà d'ansia.»

L'accontentai immediatamente. Dal momento in cui ero atterrata, l'unica cosa che avevo fatto con il mio cellulare era stata quella di disattivare la modalità aereo. Per il resto, avevo evitato persino di attivare la connessione dati.

Mi ero convinta che, una volta collegatami al resto del mondo, mi sarei ritrovata a leggere il nome Idiota tra le mie notifiche. Tutto perché, mentre dormiva, avevo avuto la brillante idea di intrufolarmi di nuovo nella sua stanza e di agire come una ladra, lasciandogli la busta regalo sopra la scrivania.

Ormai doveva averla vista, e io mi aspettavo di ricevere un suo messaggio. Ne ero così sicura che, una volta seduta in macchina e terminata la telefonata con mio padre, rimasi delusa nell'appurare che tra le chat in evidenza non ci fosse traccia della sua.

Sentii lo sguardo di mia zia addosso, e mi voltai. Le feci una smorfia più che infantile, mirata a camuffare il filo dei miei pensieri.

«Sei sempre la solita buffona.»

In realtà non lo ero più così tanto. Nell'ultimo periodo mi ero trasformata nella persona più noiosa del pianeta.

«Allora qual è il programma? Ceni con me dalla nonna e poi torni domani?»

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