Una notizia alla volta- prima parte.

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In vista della partita, la nostra scuola si era tinta di rosso e giallo, e gli studenti erano in fermento non tanto per lo sport in sé quanto, più che altro, per la possibilità di fare baldoria oltre l'orario scolastico. Il preside ci teneva così tanto a fare buona impressione da organizzare una riunione in palestra, dividendo i primi due gradi dal terzo e quarto.
La Mitchell non si evinceva molto entusiasta di quell'iniziativa e l'aveva definita solo ed esclusivamente come un'inutile perdita di tempo, prezioso e irrecuperabile. Se ne stava in piedi, con la sua aria torva, accanto ad altri insegnati e puliva i suoi occhiali utilizzando la maglia rigorosamente nera. A suo dire, il preside Wilson, era un'incompetente per diverse ragioni; una delle quali apparteneva alla sua inesistente punizione nei miei e nei confronti di "quello sciagurato", ovvero Cameron, apostrofato così dalla Mitchell in persona che, quella mattina, non aveva fatto altro che elencare i motivi che l'avevano portata a dire tale cattiveria. Ma ne aveva spesa una per tutti. Tutti eccetto Brooke.

Lei era stata lodata, come sempre, per il suo impeccabile francese e per essere stata scelta come protagonista nel suo musical. Non sopportava l'idea che si parlasse così tanto di una partita, solo perché giocata in casa, anziché di arte pura. Di un progetto che avrebbe dato dei riconoscimenti alla scuola. Non aveva tutti i torti ma erano i modi, l'atteggiamento di superiorità rispetto a tutti, colleghi compresi, che soffocavano la parte di ragione e portavano in superficie tutt'altro.

Sentii del colpetti alla spalla e mi girai dietro. Brad si sporse in avanti, mettendosi in mezzo tra me e Jessica. «Stasera, dopo la partita, faccio una festa a casa mia per festeggiare la vittoria. Ci siete?»

«E come sai che vinceremo?», domandai, guardando con complicità la mia amica.

Brad mi fissò come se avessi detto un'eresia. «State scherzando, vero? Andiamo, è la Hollins, vincerebbero pure dei bambini contro di loro. E poi ci hai visti giocare?»

Jey, gli appoggiò una mano sul petto e lo spinse indietro. «Se lo dici tu. Chi c'è a questa festa?», conoscendo l'elemento: dj per passione e giocatore della squadra di football, non potevano che esserci... «Tutti, credo», rispose, cercando forse di fare mente locale.

«Io non posso».

Jessica mi rivolse uno sguardo interrogativo e, senza far uscire la voce, le mimai "Simon".

«Allora vediamo», gli rispose Jey. Lui si corrucciò e mi venne da ridere, perché Brad poteva essere il tipo di tante ragazze ma non lo era di Jessica; nonostante i no ricevuti da parte di quest'ultima, lui non si dava per vinto. «Dai, Mills. Ci sono anche Tyler e Cameron. Ragazzi, aiutatemi», si girò verso i due amici, implorante. Cameron scese un gradino, appoggiò le mani sulle spalle di Jessica e la tirò indietro, verso di sé, abbracciandola. «Certo che viene, dico bene Mills?», vi era qualcosa di nascosto in quella frase, come se ne avessero già parlato prima. Mi sorpresi della confidenza che, fino a quel momento, non avevo mai visto tra loro.

Cameron ammonì con lo sguardo ogni sua escamotage e Jessica, sbuffando, alla fine disse di sì. Guardò oltre Brad, verso Tyler, e velocemente riportò lo sguardo sui professori.

«Sapete che Wilson lascia il posto?», bisbigliò Brad. «Non si sanno ancora i motivi ma ha chiesto il trasferimento. Dicono che a gennaio non sarà più qui».

«Brad, l'ultima volta che hai dato una notizia sono finita a studiare per tutta la pausa pranzo, inutilmente», mi lamentai e lui ghignò, alzando le mani in aria. «Però quanto hai preso nel test di Figg, eh?»

«E chi dovrebbe prendere il suo posto?», chiese Jessica.

Brad fece cenno verso il centro della palestra, dove Wilson, più basso rispetto agli altri professori, stava parlando al microfono. Inutile dire che avevamo ignorato tutta la parte del football, dell'essere cordiali con la squadra avversaria e dell'importanza di partecipare rispetto a quella di vincere.

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