Convinzioni distrutte - seconda parte.

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Nonostante il gioco fosse andato avanti, io non avevo più posato gli occhi su Cameron. I miei pensieri, però, erano tutti per lui.

Negativi, certo, ma pur sempre focalizzati sul suo rifiuto.

Un rifiuto che bruciava parecchio, così tanto che avevo perso il conto di tutte le volte che mi ero presa a schiaffi mentalmente per non aver rinunciato prima di lui.

Avevo tentato, in ogni modo possibile, di non far trapelare il leggero rancore che mi scorreva dentro, ma a partita conclusa, quando Cameron si era avvicinato con l'intenzione di parlarmi, il mantello d'indifferenza mi era scivolato dalle spalle e gli avevo rifilato un bel dito medio, con tanto di finto sorriso.

Non l'aveva presa male, anzi. Il gestaccio sembrava essergli piaciuto, considerato che le sue labbra si erano piegate in maniera divertita.

A ogni modo, non aveva più avuto l'opportunità di disturbarmi. Brooke e Jennifer lo avevano braccato in un angolo e tenuto occupato a chiacchierare per tutto il tempo.

Persino in quel momento, mentre me ne stavo seduta sul divano in compagnia di Jessica e Tyler, loro tre erano insieme. La madre di Brooke era venuta a prenderle, e Cameron si era offerto di accompagnarle fuori.

Anche io avrei voluto tornare a casa, ma eravamo state talmente irresponsabili da non poterci muovere da lì. Avevamo bevuto entrambe, ed era a causa di ciò che Tyler ci aveva vietato di andarcene, avanzando la più oscena delle proposte.

«Perché non restare a dormire?» aveva detto, e io non ero riuscita a non ridergli in faccia.

Almeno finché non mi era stato chiaro che non si trattava di uno scherzo.

«Mio padre non me lo permetterà mai.»

Non conosceva il posto e sapeva che non ci sarebbero stati genitori, il suo no era piuttosto prevedibile, e lo era anche il rimprovero che avrei ricevuto spiegandogli il motivo per cui volevo rimanere.

«Non dobbiamo dirglielo per forza.» Jessica si sporse oltre Tyler, seduto in mezzo a noi. «È convinto che tu dorma da me, quindi non se ne accorgerà nemmeno. Io mando un messaggio a mia madre, le dico che rimango da te e il gioco è fatto!»

«La fai facile», mormorai.

Persino da brilla, mi rendevo conto di quanto fosse pessimo quel piano.

«Altrimenti potresti fargli chiamare da Cameron», suggerì Ty. «Magari sapendo che anche lui è qui, tuo padre non farà tante storie.»

«Così mi sembra persino peggio.» Ribattei.

Papà avrebbe potuto chiamare Jane e saremmo finiti entrambi nei casini.

«Dai, Charlie. Non posso lasciarvi tornare a casa così», asserì Tyler. «Avete bevuto entrambi, ed è meglio non rischiare.»

Sospirai. «Anche se facessimo come hai detto tu.» Mi rivolsi alla mia amica. «Torniamo vestite da streghe?»

Tyler sembrò pensarci e Jessica, come se avesse già organizzato tutto nella sua testa, lo interruppe prima che potesse aprir bocca. «Tuo padre apre lo studio alle nove ma va via presto quindi possiamo fare così: ci svegliamo, andiamo da te, mi presti qualcosa da mettere e torno a casa. È un piano a prova di bomba, fidati.»

«Lo penso anche io.» Le diede man forte l'altro.

Mi pressarono finché dissi: «E va bene.»

«Grande!» Tyler mi batté il cinque. «Domani ti offro pure il caffè.»

Il rumore della porta d'ingresso ci avvisò della presenza di Cameron. Quest'ultimo entrò in soggiorno trascinando i piedi, poi si stravaccò su una delle sedie di fronte al divano.

Under the same roofDove le storie prendono vita. Scoprilo ora