«Ti stai preparando al fantomatico test?»
Sollevai gli occhi dal libro di biologia e li puntai su Simon, in piedi davanti al mio banco.
«Ci provo.»
Trascinò indietro la sedia di Jessica e si sedette al suo posto, approfittando della sua assenza. «Io non ho sfogliato neppure una pagina. Non credo alle voci di corridoio.»
Non ci credevo neppure io, ma stavolta la voce in questione apparteneva a Brad. Era stato lui a raccontare di aver origliato una conversazione tra il professor Figg e un altro docente, su un presunto test a sorpresa. In quanto amico dei miei amici, avevo deciso di credergli, facendo di quella diceria una verità.
Era per quello che stavo studiando.
«E se invece fosse tutto vero?»
«Mi girerò per chiederti aiuto.»
«Non so se riuscirò ad aiutarti. C'è una grande distanza tra il tuo banco e il mio.»
«Pensi che Jessica mi cederebbe il suo posto?»
Dalla mia espressione gli fu chiaro che no, non lo avrebbe mai fatto. «Converrebbe che io ti cedessi il mio. Lei è bravissima in qualsiasi materia.»
Simon sorrise. «Non è per biologia che vorrei rubarle il banco.»
Mi venne la tachicardia. «No?»
Incurvò maggiormente le labbra e si passò una mano tra i capelli.
Li aveva tagliati ai lati, creando un netto contrasto tra la rasatura e il ciuffo voluminoso su cui si concentravano i suoi ricci. Dal modo in cui le sue dita ci scivolarono in mezzo, immaginai che fossero morbidissimi.
«No» ribatté. «Però...» Posò lo sguardo sul mio libro, poi i suoi occhi tornarono nei miei. «Visto che non posso sottrarti alla tua migliore amica, mi chiedevo se almeno per oggi potessi rubarti a qualcun altro.»
Aggrottai le sopracciglia e ridacchiai. «Cioè?»
«Il tuo amico. Cameron.» Mormorò. «La mattina ti vedo arrivare con Jessica, ma alla fine delle lezioni entri sempre nella sua macchina. Oggi vorrei riaccompagnarti io, se per te va bene.»
Oh. Ero sorpresa sia dalla proposta che dall'attenzione sulla mia persona. Parker e io parlavamo un sacco, ma non gli avevo mai detto con chi tornavo a casa, né perché. Il che significava che non ero l'unica a guardarlo senza che lui se ne rendesse conto.
Sorrisi. «Per me va benissimo.»
C'era un motivo per cui Cameron mi portava con sé: lui veniva a casa con me.
Lo aveva fatto dall'inizio della mia punizione, ma quel giorno non ce ne sarebbe stato il bisogno. La mia casa era assediata da scatole da imballaggio e non c'era più nulla che potessimo fare per il trasloco.
Il suono della campanella si propagò nell'aula e i nostri compagni di classe iniziarono a varcarne la soglia, occupando i rispettivi posti.
Non vidi Jessica entrare, ma ne percepì la presenza appena mi fu abbastanza vicina da far sollevare il viso a Simon nella sua direzione.
«Abbiamo un ladro di posti qui.»
Parker schioccò la lingua e si mise in piedi. «Ho rubato di meglio oggi.» L'intonazione piena di soddisfazione. «Ci vediamo agli armadietti dopo la lezione.» Mi pizzicò la guancia delicatamente e avanzò verso la prima fila, lasciando Jessica con un grande punto di domanda stampato sulla faccia.
Lei si lasciò cadere sulla sedia. «Che mi sono persa?»
Le diedi una piccola spallata, approfittando della vicinanza per mormorare: «Mi accompagna lui a casa.»

STAI LEGGENDO
Under the same roof
Teen FictionCharlotte Reed, trasparente come l'acqua cristallina e drammatica come un'attrice di teatro, non è assolutamente pronta ai cambiamenti che le si paleseranno nel mezzo dei suoi diciassette anni. In particolar modo, non è preparata alla proposta di su...