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Ciao a tutte!
Finalmente le vacanze sono arrivate!
Sto davvero scrivendo un sacco in questi giorni e conti di aggiornare abbastanza spesso.
Ci saranno dei colpi di scena, preparatevi :')
Buona lettura♥
Come sempre commentate e lasciate una stellina, se il capitolo vi è piaciuto!♥

Un dolore lancinante alla testa è la prima cosa che sento quando mi risveglio. Apro lentamente gli occhi, come se avessi paura che ogni movimento troppo brusco possa peggiorare la situazione. Davanti, il volto preoccupato di Cameron. "Che è successo?" chiedo, cercando di tirarmi su dal letto. Un tentativo fallito, visto il forte giramento di testa che non fa altro che ricordarmi il dolore. "Ehi ehi ehi, stai giù" mi dice dolcemente, appoggiando una mano sulla mia spalla e premendo delicatamente. Eseguo gli ordini "quel coglione di Matt ha tirato una pallonata, ti ha preso in pieno, sei svenuta" continua, rispondendo alla mia domanda. Annuisco, sorridendo "perchè ridi?" mi chiede Cameron, spaesato. "Perchè la cosa non mi stupisce affatto" dico ridendo. Cameron corruccia la fronte "non scherzare, potevi farti molto male" "per fortuna sono sopravvissuta" dico tirandolo leggermente per la maglietta. Cameron si china su di me, baciandomi. "Hai proprio un bel livido" afferma, interrompendo il momento di magico silenzio che si è creato da un po'. Sollevo leggermente la testa dal suo petto. "Cosa?" chiedo, toccandomi il punto che sta fissando. Trasalisco, fa davvero male. Ride, per la mia smorfia di dolore, probabilmente buffa. Gli tiro un pugnetto sul torace prima di alzarmi lentamente dal letto. Apro l'anta dell'armadio e mi ci specchio; sul lato sinistro della fronte c'è un livido violaceo, che ne occupa quasi tutta la superficie. Inorridisco a quella vista, sembro un mostro. Lancio un gemito di disapprovazione, accorgendomi di essermi anche sbucciata il gomito e un fianco, probabilmente cadendo. Decido di non drammatizzare più di tanto, in fondo sono giusto qualche livido. Torno in stanza e mi siedo ai piedi del letto, con le gambe incrociate. Cameron è ancora disteso a pancia in su, le braccia incrociate dietro la testa, gli occhi che mi scrutano attentamente. Sospira "su, avanti. Chiedimelo" dice, tirandosi su a sedere, in modo da avere il viso di fronte al mio. Inspiro profondamente, e, abbassando lo sguardo, chiedo "cos'è successo con tuo padre?". Mi aspetto che Cameron cominci ad urlarmi contro, infuriato per aver origliato la sua conversazione con Nash, invece si limita ad afferrarmi una mano e a stringerla forte, prima di cominciare a raccontare
"Eravamo una bella famiglia; unita, felice. Mia madre è direttrice di un'azienda, ha sempre lavorato molto ma quando ero piccolo non mi è mai pesato, cercava di trovare sempre del tempo libero da passare con noi. Mio padre invece era un venditore di case, guadagnava molto e spesso tornava a casa con dei bellissimi regali, visto che la paga era molto buona. Poi, quando avevo nove anni nacque Lily. I primi tempi trascorsero felici, la mamma si era presa una lunga pausa dal lavoro per poter stare a casa con la piccola. Papà invece faceva spesso gli straordinari e quando tornava a casa era sempre arrabbiato, se la prendeva per ogni minima cosa. Sarà lo stress, sentivo dire da mia madre al telefono quando parlava con le sue amiche intime. Poi però cominciò a tornare a casa sempre più tardi, a volte rientrava solo al mattino. In quei primi tempi aveva ancora la dignità sufficiente per non tornare a casa completamente ubriaco, così si limitava a non tornare." fa una piccola pausa, come per riprendere fiato. Guarda per qualche secondo verso l'alto, come per cercare di ricordare tutto, si passa la mano libera tra i capelli e prosegue "poi, un giorno arrivò a casa una lettera dal suo posto di lavoro, era la lettera ufficiale di licenziamento. La trovò mia madre, il bastardo era uscito di casa tranquillamente come tutti i giorni dicendo che andava a lavorare. La sera, diede da mangiare a Lily che non aveva nemmeno un anno, mi mise a letto e poi, lo aspettò. Ero ancora un bambino eppure, nella mia innocenza, sentivo che qualcosa non andava, non riuscivo a dormire così, quando sentii la porta d'ingresso aprirsi, uscii il più silenziosamente dalla mia cameretta e mi misi sulle scale, da cui potevo osservare ed ascoltare tutto quello che succedeva in salotto senza essere scoperto. Cominciarono ad urlare, mio padre era completamente ubriaco. Mia madre continuava a chiedergli il perchè di tutte quelle bugie, che cosa facesse fuori tutta la notte. Lui, alla fine, con la bocca impastata per l'alcool, sputò fuori *è più facile e divertente guadagnare soldi giocando a poker e andare a puttane*. L'ultima cosa che sentii quella notte fu il suono forte della mano di mia madre che si schiantava sul viso di mio padre, lei che gli ordinava di uscire dalla casa, lui che ubbidiva, sbattendo la porta" i miei occhi, senza nemmeno che me ne sia resa conto, si sono riempiti di lacrime. Quelli di Cameron invece sono cupi e vuoti. Gli accarezzo dolcemente una guancia, per fargli capire che per stasera le spiegazioni possono concludersi. "Mi dispiace così tanto" sussurro, trattenendo un singhiozzo. "Non deve" dice, attirandomi a se e stendendosi. Rimaniamo in silenzio, l'uno abbracciato all'altra.

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