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Sono passati ormai tre giorni dal ritorno dalla nostra piccola vacanza e Cameron non fa altro che evitarmi. Quella dell'altra sera è stata la nostra ultima conversazione. Ora sono seduta al bar e sto girando da quella che sarà almeno mezz'ora la mia granita alla menta. Una mano mi viene scossa davanti alla faccia, facendomi riprendere dal mio stato di trance. Alzo lo sguardo "Aria, forza cerca di non pensarci" mi incita Emily che negli ultimi giorni mi è stata molto vicina. "Nash sta per arrivare, vedrai che lui saprà dirci qualcosa" prosegue, dopo aver dato una veloce occhiata allo schermo del suo cellulare. Annuisco, bevendo un po' della mia granita. Ho provato a contattarlo, chiamandolo, ma non ho ricevuto nessuna risposta. Sono perfino andata in ospedale, a trovare Lily nella speranza che fosse come sempre con lei. Quando sono arrivata mi ha detto che il fratello era spesso occupato e che veniva a trovarla solo la mattina e si fermava per la notte. Tuttavia, almeno lei mi è sembrata serena.
La porta del bar si apre con uno scampanellio, così alzo lo sguardo nella speranza di trovarmi davanti due profondi occhi scuri, non succede. Sono invece quelli limpidi di Nash che, con un sorriso che cela qualcosa in più si avvicina al nostro tavolo. "Ciao Aria" mi saluta con la mano, prima di chinarsi a baciare Emily che si illumina, appena lo vede. Si siede poi di fianco a lei. "Allora, come state?" chiede Nash, cercando di alleggerire l'aria pesante che è calata. "Non sta per niente bene, nemmeno parla" sbuffa Emily, sconsolata. Non rispondo, l'ha già fatto lei per me. "Ascoltami Aria, so che è difficile ma Cameron non lo fa per farti un torto, vuole solo proteggerti" dice in tono serio Nash, guardandomi. Poso la granita sul tavolo, alzando lo sguardo verso il mio amico "pensa di farlo evitandomi?" chiedo, ed è forse la frase più lunga che io abbia detto in questi giorni. Nash abbassa lo sguardo "si, sta cercando di proteggerto, la situazione è piuttosto... delcata". Mi alzo dalla sedia "potrebbe dirmelo lui, parlarmene invece di tenermi all'oscuro di tutto" quasi urlo, mentre esco dal locale, infuriata.
Domani ricomincerà la scuola e non so se sia un bene o un male. Avrò più occasioni per poter provare a scoprire ciò che sta succedendo a Cameron, ma il solo pensiero di doverlo vedere continuamente, così distaccato da me, mi fa stare male. Sto camminando a passo spedito, in direzione di casa mia, quando mi scontro con qualcuno. Perfetto, giusto per migliorare la giornata, penso mentre alzo lo sguardo. La risata di Jackson rieccheggia nella mia testa mentre mi allontano leggermente da lui "sai, sto cominciando a pensare che tu lo faccia di proposito" dice, continuando a ridere.
Alzo le mani in segno di resa e, scherzando, dico "beccata". Mi sorride "è da un po' che non ti vedo, tutto bene?". Non posso certo dirgli che il mio ragazzo non fa altro che evitarmi a causa del padre alcolizzato, così mi limito a sorridere "si, alla grande. A te?". Si infila le mani in tasca "anche, mi scoccia solo che domani rincominci di nuovo la scuola". Annuisco in accordo. "Dove stavi andando di bello?" chiedo per interrompere il silenzio che si è creato. "Ho dimenticato i guanti da lacrosse in palestra, stavo andando a recuperarli. Mi accompagni?" chiede. Non posso far a meno di sorridere, il suo sorriso perfetto è contagioso e le fossette adorabili. "Volentieri" dico, cominciando a camminare di fianco a lui. "Ehi, vai piano. Ho le gambe corte!" dico divertita, non riuscendo a stare al suo passo. Scoppia a ridere, rallentando "scusa". Proseguiamo la strada ridendo e scherzando. "E così sei una ballerina? Che bello" dice, dopo avermi chiesto che sport pratico. Annuisco "già, è sempre stata la mia passione. Una volta, avrò avuto sette anni, avevo la febbre e mia mamma aveva deciso di farmi saltare una lezione. Io, uscii di casa e presi la bici e cercai di arrivare a destinazione, inutile dire che non ce la feci, visto che stava dall'altra parte della città e che mi recuperarono in un fosso". Jackson mi guarda a bocca aperta, prima di ridere "però, eri proprio una bambina determinata!" afferma. "Oh, non sai quanto" dico, ridendo. Tuttavia mi blocco quando, dall'altra parte della strada vedo Cameron, intento a discutere al cellulare. Mi guarda negli occhi per un istante, poi si accorge della presenza di fianco a me e quasi stritola il cellulare che ha in mano. Proseguo, se lo merita. "Ehi, tutto bene?" mi chiede Jackson. Faccio un sorriso forzato ed annuisco, siamo arrivati a scuola. "Hai intenzione di rimanere ferma qui a contemplare la bellezza della scuola, o seguirmi?" mi chiede Jackson, divertito. Scuoto la testa e lo seguo. Arrivati negli spogliatoi maschili Jackson comincia a cercare i suoi guanti "ma dove cazzo me li hanno nascosti?" parla con se stesso, guardandosi intorno. Mi alzo dalla panca su cui mi ero accomodata e mi avvicino a lui "forza, ti aiuto. Dividiamoci" sorride divertito ed annuisce. Comincio a cercare ovunque, nonostante io non abbia idea di come possano essere un paio di guanti da lacrosse. "Aria, li ho trovati!" sento urlare, cerco di seguire la voce ma lo spogliatoio è grande, pieno di armadietti ed è difficile individuare la posizione di Jackson. "Jackson? Dove sei?" chiedo a voce alta. "Qui!" mi sorprende alle spalle; in una mano ha quelli che penso siano i suoi guanti e nell'altra.. Non faccio in tempo a focalizzare cosa sia che mi ritrovo bagnata, dalla vita in su. Spalanco occhi e bocca, Jackson mi ha appena lanciato una bottiglietta di acqua addosso ed ora ride, divertito. "Vuoi la guerra?!" lo sfido, prendendone una dal primo armadietto che trovo, "che guerra sia!". Lo bagno, lasciandolo visibilmente sorpreso. Continuiamo la nostra lotta, bagnandoci tutti e tutto lo spogliatoio. Per la prima volta, da quando siamo tornati, riesco a ridere e non pensare a Cameron. Quando non ci sono più fonti d'acqua nei paraggi, Jackson dice "okay, basta così". Continuiamo a ridere. "Oddio, guarda che disastro!" sbuffo, osservando lo spogliatoio; tutto è bagnato, ci sono palloni e divise buttati all'aria. Jackson alza le spalle, prima di passarsi una mano tra i capelli fradici. Non posso far a meno di guardarlo; la t-shirt nera, completamente fradicia aderisce al suo fisico perfetto; posso immaginare senza alcuna fatica i muscoli del torace ben scolpiti. Jackson mi guarda divertito. Avvampo e scuoto la testa, distogliendo lo sguardo. Lui, come se lo facesse apposta, si sfila la maglietta. Torno a fissarlo mentre se la sfila dalla testa, per poi strizzarla. Ora non c'è bisogno di alcuna immaginazione; gli addominali sono scolpiti, come i pettorali. La carnagione è leggermente abbronzata, e le goccioline d'acqua scorrono sinuose tra i suoi muscoli. Mi autoconvinco a distogliere lo sguardo da quella visione celestiale, per osservare il suo viso. Non sono l'unica a squadrare l'altro, a quanto pare. "Mi piace quella canotta" sghignazza. Alzo un sopracciglio, poi mi guardo. Cazzo. Mi ero completamente scordata di indossare una canotta bianca che ora, è praticamente trasparente e non lascia spazio all'immaginazione, facendo perfino vedere il mio reggiseno nero. Gli lancio un'occhiataccia, portando i capelli sulle spalle, in modo che coprano, più o meno, qualcosa. Jackson scoppia a ridere "forza, andiamo" dice, uscendo dallo spogliatoio. Usciamo dalla scuola "allora, dove ti porto?" mi chiede Jackson, osservandomi sorridente. "Dovrei tornare a casa, è qui vicino" dico, indicando la via giusta. Jackson annuisce "allora, andiamo". Camminiamo in silenzio per un po'. "Allora, cosa c'è tra te e Dallas?" mi chiede Jackson ad un certo punto, infilando le mani in tasca. Spalanco gli occhi, sorpresa "come?" chiedo. La mia voce esce più tremante di quanto avrei voluto. Jackson mi guarda, quasi divertito "ho visto come mi ha guardato prima, se avesse potuto mi avrebbe pestato. E ho visto come guarda te". Mi schiarisco la voce. Senza che me ne sia resa conto, siamo arrivati davanti casa "oh, eccoci qui" dico, forzando un sorriso. Jackson sorride "bella casa" "grazie". "Allora.. ci si vede" mi sussurra all'orecchio, prima di andarsene.
Rimango lì, impalata. Quando mi riprendo, velocemente entro in casa. Sul bancone della cucina trovo un bigliettino lasciatomi da mia madre; è andata a fare la spesa e tornerà tra poco. Sorrido quando, sul fondo del post-it, vedo scritto un ti voglio bene.
Corro in camera e mi dò una lavata veloce. Mi sto asciugando i capelli quando sento la porta d'ingresso aprirsi. Scendo di corsa le scale, per trovarmi davanti mia madre o meglio, un mucchio di sacchetti della spesa dietro i quali dovrebbe esserci lei. Ridacchio mentre mi avvicino "aspetta, ti dò una mano" "grazie tesoro, mi sa che ho leggermente esagerato" dice, avviandosi in cucina. Sistemiamo la spesa in frigo e nelle mensole; credo abbia veramente esagerato. "Mamma, non riusciremo mai a finire tutte queste cose" dico. Mi guarda con aria sconfitta, poi una strana luce le si accende negli occhi "potresti organizzare qualcosa con i tuoi amici! Non so, una piccola festa". Resto a bocca aperta, mai vista una madre proporre cose del genere. Annuisco comunque, in fondo non è una cattiva idea. "Su avanti, prepariamoci l'insalata" dice, tirando fuori da uno dei numerosi sacchetti dell'insalata e diversi condimenti. Mangiamo in silenzio "come va con Cameron? Non l'ho visto in giro negli ultimi giorni.." chiede ad un tratto mia madre. L'acqua che stavo bevendo mi va di traverso. Comincio a tossire, poi quando mi sono ripresa la guardo, in modo triste. "Le cose non stanno andando molto bene" ammetto, sarebbe inutile mentire. Mi guarda seria, poi appoggia una mano sulla mia "vedrai che sistemerete" dice e io, lo spero davvero. Finita la cena, vado in camera mia. Questa giornata mi ha fin troppo stancata, così dopo aver preparato i libri per domani, decido di stendermi sul letto ed ascoltare un po' di musica.

Vengo svegliata, nel pieno della notte, da uno strano ticchettio. Ci metto qualche secondo per realizzare da dove proviene. Mi giro di scatto verso la finestra. Cameron è lì, in piedi sul balcone e sta bussando. Rimango un attimo interdetta, cosa ci fa qui? E soprattutto, come ha fatto ad arrivarci?
Ora ha smesso di bussare e mi sta fissando. Scuoto la testa e mi avvicino alla finestra, gliela apro. Entra, senza staccarmi gli occhi di dosso "come hai fatto a salire?" chiedo. Alza le spalle "non è stato poi così difficile, ci sono delle sporgenze sul muro". Il suo tono è strano, quasi accusatorio. "Cosa ci fai qui?" chiedo freddamente. "Cosa ci facevi con Whittemore?". Spalanco gli occhi. Non posso credere che dopo tre giorni di totale assenza venga qui, nel pieno della notte a chiedermi una cosa del genere. Soppeso un po' le mie opzioni, dovrei fargliela pagare, ma non ci riesco, così alla fine cedo e dico la verità "l'ho incontrato per caso tornando a casa, mi ha chiesto di accompagnarlo a scuola". "Ti piace?" continua l'interrogatorio. "Che cosa?!" chiedo. Cameron mi guarda senza battere ciglio. Sembra non aver intenzione di dire altro, semplicemente aspettare la mia risposta. "Come mai mi hai evitata in questi giorni?" chiedo, con il suo stesso tono di accusa. "Non possiamo più vederci" sussura, dopo qualche secondo. Rimango pietrificata, mentre gli occhi cominciano a pizzicare. Si avvicina. D'istinto, faccio un passo indietro, sto tremando. "È per tuo padre, vero? Non vuoi che io mi immischi, è così?" trovo il coraggio di parlare, la voce tremante. Cameron si passa una mano tra i capelli, sospirando "non voglio che tu venga coinvolta" sussurra, prima di abbracciarmi e stamparmi un bacio sulla fronte. Senza che io abbia il tempo di ribattere, o anche solo di pensare, si gira ed esce dalla finestra, silenziosamente, come fosse un fantasma.
Rimango in piedi in mezzo alla stanza, con le lacrime che mi rigano il volto e la testa piena di domande.

Tan tan tan taaan
Allora, come vi è sembrato il capitolo?
Oggi, volevo fare un ringraziamento speciale a @jogialove che è sempre la prima a leggere, votare e commentare la mia storia, grazie davvero!♥
Che altro dire, aggiornerò presto, mi raccomando lasciate come sempre la stellina, vi voglio bene!♥

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