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Alla fine trovo la forza di alzarmi e mi avvio nello spogliatoio. Sono distrutta, sia fisicamente che emotivamente, non riesco a capire perchè mi abbia fatto fare un esercizio del genere, ho solo rischiato di farmi del male. Ad un tratto sento la porta dello stanzino aprirsi, è la donnina che entra e si siede accanto a me, i capelli ben tirati in una crocchia sopra la testa, lo scamiciato beige e i tacchetti le danno un'aria quasi buffa ma materna "so che in questo momento ti senti confusa e a pezzi, ma tutto quello che ti fa fare non farà altro che aumentare le tue capacità e la fiducia in te stessa" mi dice avvolgendomi un braccio intorno alle spalle. Annuisco cercando di interpretare le sue parole, forse ha ragione ma ancora devo convincermene. Dopo un po' la donnina si alza e mi dà la buonanotte, io finisco di sistemare le mie cose e me ne torno a casa. È tardi quindi cerco di entrare in casa facendo il meno rumore possibile, nel caso che mia madre sia già a letto. La trovo in cucina, intenta a fissare il vuoto. Ha un'aria così smarrita, penso. Mi avvicino a lei mettendole un braccio intorno alle spalle "mi manca così tanto" dice in un sussurro, la stringo un po' di più a me "non sai quanto" rispondo. Rimaniamo così per quella che sembra un'eternità, senza dire nulla, ognuna immersa nei propri pensieri, nei ricordi e nelle immagini della stessa persona.

La maledetta sveglia suona e mi butto giù dal letto. Sono a pezzi, la lezione di ieri mi ha sfinita e in più sento un dolore allucinante al fianco che ho battuto ieri. Alzo la maglietta per controllarlo e noto con orrore di avere un grosso livido che parte da circa 5cm sotto le costole e arriva fino a inizio coscia, è di un colore viola intenso al centro che va a sfumarsi all'esterno in un giallo inquietante, mi sembra di avere una galassia sul fianco e quando commetto l'errore di toccarlo quasi urlo dal dolore. Vado in bagno e dall'armadietto dei medicinali posto di fianco al lavandino prendo la pomata per i traumi, quella che mi metteva Zac da piccola tutte le volte che mi facevo un minimo livido. La spalmo delicatamente sulla zona del livido, poi continuo a prepararmi. Vado nella cabina armadio e siccome ho paura che il bordo dei pantaloncini toccandomi il fianco mi faccia male, decido di indossare un vestitino; mi guardo un po' attorno e alla fine ne scelgo uno molto semplice; è a maniche corte con la gonna svasata, blu con dei piccoli pois bianchi, la lunghezza è fino a metà coscia. Me lo aveva regalato Zac, perchè avevo preso un bel voto in un test di matematica, quando gli dissi che avevo preso quel voto lui andò in camera sua per poi tornare con questo vestitino impacchettato, credo me lo avrebbe regalato in qualsiasi caso. Mi dò una veloce pettinata e indosso una collana, la catenina è argentata, sottile e lunga e all'estremtà di essa vi è un semplice ciondolo dello stesso colore che raffigura un paio di scarpette, la adoro. Sento suonare il campanello, mi infilo velocemente le scarpe e scendo. Afferro lo zaino ed apro la porta."Wow Aria, che bel vestitino! Stai d'incanto" dice Emily abbracciandomi, la ringrazio e ci avviamo verso scuola. "Allora oggi pomeriggio ti toccherà sopportare Cameron?" chiede Emily ridacchiando. Sopportarlo? Oggi pomeriggio? Aaah, giusto, il progetto di arte, me ne ero completamente dimenticata. Sbuffo e dico "già, speriamo bene" nel frattempo siamo arrivate davanti a scuola e Emily mi dà una leggera pacca sulla spalla di incoraggiamento, prima di avviarsi verso la sua classe. Decido di andare verso l'armadietto per posare i libri, poi vado in classe; Cameron è lì, in fondo alla classe seduto al suo posto, guarda fuori dalla finestra e ha qualcosa di strano nello sguardo, qualcosa che mi ricorda molto me stessa. I miei pensieri vengono interrotti da qualcuno che mi scrolla leggermente un braccio "ehi Aria, tutto bene? mi stai ascoltando?" è Matt che probabilmente stava cercando di salutarmi, io nemmeno lo avevo visto. Sbatto un paio di volte le palpebre e ricambio il suo sorriso "si, certo, scusami" dico sedendomi al mio posto visto che la campanella sta suonando. Cameron continua a fissare un punto non precisato fuori dalla finestra "ehi, Dallas" decido di dirgli dopo lunghe riflessioni. Lui sembra uscire dal suo stato di trance e scuotendo leggermente la testa, si volta verso di me "ehi, Montgomery" nonostante lo sforzo che credo stia facendo anche il suo tono non è il suo solito, tuttavia se anche solo provassi a chiedergli cosa c'è che non va mi insulterebbe, come lo scorso giorno nel seminterrato a scuola, quindi decido di non pensarci più e seguire la lezione. Dopo le prime due ore di lezione suona l'intervallo e io e Matt ci avviamo fuori dalla classe, sono dalla porta quando noto che Cameron non si è mosso dalla sua sedia, così mi giro verso di lui e gli dico "ehi Dallas, non vieni?" lui sta di nuovo fissando fuori dalla finestra e sembra non avermi sentito, alzo le spalle e torno a camminare di fianco a Matt "lascia perdere, in questi ultimi giorni è parecchio strano" mi dice e io annuisco. In cortile troviamo tutti seduti sulla panchina ciambella; Calum è seduto e sulle ginocchia ha una chitarra, come Luke. Li guardo sorpresa e a quanto pare sono l'unica a trovarla una novità. Mi siedo accanto a Matt e chiedo rivolgendomi ai due migliori amici "ehi ragazzi, ma cosa ci fate con quelle?" loro si guardano complici "non solo tu hai una passione, ragazza" afferma Calum strizzandomi l'occhio per poi cominciare a suonare qualche accordo. Dopo pochi secondi Luke gli va dietro e cominciano anche a cantare, sono davvero molto bravi! Finita la canzone cominciamo tutti a battere le mani "wow ragazzi, siete incredibili!" dico rivolgendomi ai due che si stanno battendo il cinque "già, ce la caviamo. Abbiamo una piccola band e ogni tanto ci esibiamo nei locali della città" dice orgoglioso Luke prima di ricevere un bacio da Hanna "che forza, allora un giorno verrò a sentirvi" esclamo entusiasta. Le ore passano senza che io me ne accorga e ben presto suona la campanella della fine delle lezioni. Appena suona Cameron si precipita fuori, io lo seguo a distanza e lo vedo uscire di corsa e avviarsi verso la strada che porta verso casa mia. Non posso seguirlo per vedere dove va, non voglio sembrare una pazza psicopatica e in più devo aspettare Emily. Dopo quella che sembra un'eternità finalmente arriva, c'è anche Nash con lei che probabilmente si fermerà a casa sua. Parlano per tutto il tragitto cercando di coinvolgermi nei loro discorsi, ma io non ci sono con la testa, continuo a guardarmi intorno, cercando Cameron. Mi sembra di vederlo lungo la traversa a cui ci siamo incrociati l'altro giorno, ma visto che sta andando nella direzione opposta questa volta, non lo chiamo. Arrivati davanti casa saluto distrattamente Nash e Emily che mi guardano un po' confusi, ma non mi chiedono nulla riguardo al mio comportamento, meglio così, non sarei riuscita a dare loro una scusa o una spiegazione decente. Non mi resta che salire in camera ed aspettare le 16, arriverà, studieremo e magari se andrà bene potrò chiedergli cosa succede. Leggo un po', o almeno ci provo visto che le parole mi scorrono sotto gli occhi senza rimanermi un minimo impresse. Il cellulare vibra sul comodino affianco al letto, allungo il braccio per prenderlo, è un messaggio da un numero sconosciuto. *Non posso venire oggi. -Cameron* rimango un po' sbigottita dal suo messaggio, che razza di maleducato! Non si è nemmeno degnato di scusarsi o di trovare almeno una scusa decente. Sbuffo *okay. -Aria* che razza di imbecille, penso mentre salvo il suo numero in rubrica. Mi rimetto a leggere, più distratta ancora di prima, ma dopo pochi minuti vengo di nuovo interrotta dal ronzio del cellulare, qualcuno mi sta chiamando, sbuffo e allungo il braccio, è mia madre quindi rispondo cercando di assumere un tono tranquillo "ciao Aria, ti chiamo perchè mi sono dimenticata di dirti che oggi alle 16.30 circa devi andare in ospedale per ritirare dei fogli medici che mi servono per l'assicurazione al lavoro, puoi farmi questo favore?" "certo mamma, non ti preoccupare" le dico alzando gli occhi al cielo, non ho nessuna voglia di mettere il naso fuori di casa e in più non so nemmeno dove sia l'ospedale, e non posso nemmeno farmi accompagnare da Emily, le rovinerei la giornata con Nash. "Grazie tesoro, a sta sera" dice mia madre chiudendo la chiamata. Guardo l'ora, sono solo le 16 ma è meglio che mi avvii, visto che non ho idea di dove possa essere l'ospedale. Passo prima in bagno per sistemarmi il trucco e i capelli, poi esco di casa. Mi incammino in direzione della scuola, stranamente non c'è nessun passante che possa darmi indicazioni, ma com'è possibile essere così sfortunati? Prendo il mio cellulare e cerco sulla cartina digitale dove si trova l'ospedale. Noto che è abbastanza vicino a casa nostra, mi incammino cercando di non perdermi e noto di aver imboccato la traversa in cui ho incrociato Cameron l'altro giorno e oggi. Che strano, magari abita anche lui da queste parti. Entrambi i lati della strada sono percorsi da belle case, simili a quelle nella via di casa mia ma leggermente più piccole di dimensioni. Ad un certo punto al lato destro della strada la fila di case si interrompe per lasciare spazio a un grazioso parco giochi, non molto grande. Al posto di recinzioni o muretti di sicurezza tutto il perimetro è percorso da grossi alberi, e nel centro ci sono diversi giochi; un paio di scivoli, delle altalene etc. Anche nel North Dakota, vicino alla nostra vecchia casa c'era un parco giochi molto simile a questo, io e Zac ci andavamo spesso da piccoli, quando mamma e papà erano al lavoro e noi ci annoiavamo.Passavamo i pomeriggi a dondolarci sulle altalene, cercando di andare il più in alto possibile e immaginando di poter spiccare il volo e di raggiungere tutti i luoghi che volevamo. In non molto tempo arrivo davanti all'ospedale; è un edificio molto grande, alto. Entro, le pareti dell'ingresso sono in mattonelle bianche, come quelle del pavimento, danno l'idea di un ambiente molto pulito ma anche triste, spoglio. Mi avvio verso il bancone delle informazioni, l'infermiera di servizio mi sorride dolcemente e mi informa che devo andare al settimo piano per ritirare i fogli di cui ho bisogno. La ringrazio e mi avvio verso l'ascensore, non ho assolutamente voglia di farmi tutti quei piani a piedi. Ci salgo e premo il pulsantino su cui è inciso il numero 7. L'ascensore è molto moderno, infatti le porte sono in vetro trasparente ma spesso, quindi durante la salita si vedono i piani che mi scorrono davanti. Se non fossero state trasparenti probabilmente non lo avrei mai visto; alto e con un bel fisico, nei suoi jeans scuri e la camicia a scacchi blu e neri, i capelli tirati su ma un po' scompigliati, un sorriso sulle labbra ma lo sguardo preoccupato. È seduto su una sedia, vicino a lui una bambina che avrà al massimo 10anni; lunghi capelli di un castano chiaro, il viso paffuto e leggermente pallido, gli occhi scuri e profondi, sereni ma al tempo stesso un po' impauriti. Rimango sbigottita mentre l'ascensore continua a salire, non mi ha vista. Ma cosa ci faceva qui? Non riesco a trovare una spiegazione plausibile. L'ascensore nel frattempo è arrivato al settimo piano, le porte si aprono e io esco, distrattamente. Mi avvio verso un bancone simile a quello all'entrata e aspetto che qualche segretaria mi consegni i fogli che servono a mia madre; mi avvisano che non sono ancora pronti, quindi mi toccherà aspettare qualche minuto, annuisco alla segretaria e mi accomodo su una delle poltrone d'attesa, lo sguardo perso nel vuoto e la mente confusa, vorrei andare al piano di sotto e chiedere spiegazioni sul perchè sia qui, ma sembrerei una stalker maniaca. Mi sento toccare la spalla, è l'infermiera che scocciata mi dice che i fogli che mi servono sono pronti, deve avermi chiamato da dietro il bancone ma io non l'ho sentita. "Prego metta una firma qui e poi siamo a posto" dice la donna ancora irritata, annuisco e scarabocchio velocemente il mio nome, lei mi consegna i fogli. Torno verso l'ascensore e lo chiamo, dopo un paio di minuti arriva e io vi salgo, premendo il pulsante del primo piano. La corsa dura troppo poco mentre le porte si aprono, e in effetti noto che l'ascensore si è fermato perchè qualcuno dal piano di sotto lo ha chiamato. Alzo la testa mentre un ragazzo con la camicia a quadri e i capelli scompigliati sale, guardandomi incredulo.

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