Guardo fuori dall'oblò le nuvole sono così fitte da nascondere il paesaggio al di sotto di esse, non vedo l'ora di rivedere la mia città, manco da troppo tempo.
Sono passati sei mesi da quando sono partita per San Diego in un viaggio studio. Desideravo farlo da un pò ma non avevo mai la giusta motivazione per prendere e lasciare dietro di me i miei amici e la mia famiglia. Ho dormito, mangiato e guardato per tutto il tempo serie tv fino alla nausea. Non ho ancora messo piede sul suolo Italiano, che l'America mi manca già, mi mancano le mie amiche, Katy e Megan.
Ricordo come mi sono sentita appena atterrata a San Diego, ero spaventata, non conoscevo nessuno e volevo solo tornare a casa.
Mi ripetevo di aver fatto tutto troppo in fretta, di non aver pensato bene a cosa stessi facendo ma sapevo anche che era normale avere paura di quello che non si conosce, e poi ho incontrato loro, sono state mie amiche fin da subito.
Mi sentivo un pesce fuor d'acqua il primo giorno al campus, ma loro sono state carine e dolci con me, e inoltre erano le mie coinquiline non potevo davvero chiedere di meglio.
Entrambe hanno fatto in modo che non sentissi troppo la mancanza di casa mia, la nostalgia dei miei fratelli passò quasi subito.
Ed eccomi di nuovo su un aereo ma questa volta la direzione è casa mia.
Non ho detto a nessuno di stare per tornare, ne a mio padre ne a mio fratello. Non aspetto di vedere nessuno in aeroporto, prenderò un taxi per andare a casa.
Una hostess passa nel corridoio per avvisare i passeggeri di allacciarsi le cinture, tra poco atterriamo.
La cosa che mi scoccia di più degli aeroporti, è dover aspettare che scarichino le valige, mi sono fatta spazio tra i passeggeri che erano sul mio volo per arrivare al rullo trasportatore, e ancora la mia valigia non si vede. Eppure è abbastanza visibile, è fuxia con degli adesivi attaccati sopra, l'ho voluta così poco sobria proprio per riconoscerla tra le tante anonime.
E quando sto per perdere le speranze di vederla, eccola li che esce dietro una dietro una valigia nera a strisce bianche. Faccio un poco di fatica per tirarla giù, non pensavo che pesasse così tanto, ma devo essermi data da fare in America, in questi mesi.
Alzo la maniglia per trascinarla dietro di me dopo aver preso la borsa e un trolley più piccolo, l'ho portato con me in aereo come bagaglio a mano.
Sfilo la giacca ripiegandola nella valigia piccola, passo una mano tra i capelli, non ricordavo che a Napoli facesse così caldo, spero di trovare un taxi in fretta e tornare a casa.
-Com'era San Diego?-
Una voce attira la mia attenzione nel momento in cui esco dall'aeroporto, mi guardo intorno e oltre alla confusione della gente, dei tassisti devo fermarmi un attimo per riuscire a capire chi ha parlato.
-Sei mesi luntan da casa, e già t' si scurdat e' me?-
Guardo alla mia destra e finalmente la vedo.
Nina è seduta sul cofano della sua smart grigia, scende da esso quando trascino le valige per raggiungerla.
-Ma comm' faciv a sapè ca venev proprj oggi? Nun l'aggio ritt a nisciun...- Le dico non aspettando per niente di vederla, pensavo di andare a casa e di incontrarla il giorno dopo.
Lei prende la valigia più grande, apre il cofano e cerca di incastrarla nel poco spazio della sua auto, mentre l'altra la metterò davanti tra le gambe.
-Nun o' sapev sicur, fratet ma ritt ca turnav questa settimana- Lei alza le spalle, e poi mi abbraccia e restiamo in questa posizione per qualche minuto.
Nina mi era mancata, anche troppo, questi mesi lontani da lei mi hanno destabilizzata. Ma partire mi è servito molto, non mi piacevo come ero prima, stavo cadendo in un baratro dal quale non sarei più stata capace di uscirne.
-Manc Ciro o' sapev sicur-
-Ja Rosa mo staj ca, nun ce pensamm chiù. T'accumpagn a cas-
Rivedere le mie zone porta gli angoli delle mie labbra all'insù, abbasso completamente il finestrino appoggiando le braccia ad esso. Il vento colpisce il mio viso, respiro a pieni polmoni l'aria di casa mia, della mia gente, dei quartieri che ho sempre frequentato e che non ho mai abbandonato.
Mi chiamo Rosa, ho diciassette anni, ho festeggiato il mio compleanno a San Diego la settimana scorsa, l'ultima festa prima della partenza. Porterò nel cuore le esperienze che ho vissuto, le persone che ho conosciuto e i luoghi che ho visto.
-A c' pienz?-
Nina guida ma di tanto in tanto guarda verso di me, sono silenziosa e da che lei ne ha memoria, non sono mai stata una ragazza da poche parole.
-Nient...so solo stanca, e so felic ca sto ca- Le dico sorridendo, torno a guardare fuori.
Lei accende la radio su una stazione locale, alza un poco il volume spostandosi tra le auto troppo lente per i suoi gusti.
-Che se ric in giro?-
-Fratet se appiccicat ca nammurat...se so lassat, e po aropp duj juorn, stevn nata vot azzeccat-
-È tipico di Ciro, è nu poc strunz...povera Teresa. Nun vuless maj sta o post suoj-
Nina ride del mio commento, se mi sentisse mio fratello che parlo così di lui, mi darebbe un coppino dietro la nuca.
Con Teresa ci sta insieme da un anno, lei non frequenta la nostra scuola, viene dal Vomero è una figlia di papà, noi li chiamiamo i ragazzi dei quartieri alti.
Benestanti già dalla nascita, con le mani pulite e un futuro già scritto. Teresa diventerà un dottore o un avvocato come vuole suo padre, o magari cambierà le carte in tavola e deciderà lei come gestire la sua vita.
-Vuò sapè na cos?-
-Che succies Nina? Conosco quello sguardo...-
Lei si morde il labbro. -Edoardo e Silvia-
-No, nun ce crer...chell a semp ritt ca e guagliun ro grupp nust, le fann schif...e mo se ammuccat cu Eduard?-
Porto le mani alla testa, quante cose mi sono persa in questi mesi, mentre ero via non avevo idea che quando sarei tornata, avrei trovato tutto cambiato.
-E che t' pensav? O' saj ess era amica cu Viola, secondo te che ne putev venì ra chillu grupp?-
L'anno scorso Silvia stava sempre dietro Viola, la seguiva come un cagnolino in tutto l'istituto, non ho mai capito cosa le legasse, loro sono l'esatto opposto. E poi una mattina arrivarono a scuola separate, ebbero una discussione e finirono per ignorarsi a vicenda. Ma Viola non perdona, e se Silvia le ha fatto qualcosa, lei trova sempre il modo di vendicarsi.
-Eduard se divertit Ro, o sann tutt' quant ca iss nu vo nient e serio-
Annuisco, conosco bene Edoardo.
Lui è il migliore amico di mio fratello.
Insieme ne hanno combinate tante, hanno fatto incazzare parecchio mio padre le volte in cui il sabato sera, per fare colpo sulle ragazze di Posillipo, hanno rubato la sua auto per portarle in giro, sperando che poi avrebbero dato loro qualcosa ad entrambi.
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E poi...mi innamorai di te [Piecurosa]
FanfictionRicci e Di Salvo, sono sempre stati dalla stessa parte, fin dall'inizio per far funzionare tutto il sistema. Mio padre e Pietro Di Salvo, sono amici da adolescenti, i loro genitori erano alleati hanno costruito un impero con la speranza che i loro...