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Nathaly.

Il momento viene spezzato da una tosse insistente, mi giro di scatto e quando vedo mio nonno sulla soglia della porta finestra della villa mi congelo sul posto.

Il suo sguardo mi sta giudicando nei peggiori dei modi ed è proprio per questo che mi allontano da Edward e mi affretto ad avvicinarmi a mio nonno.

"Nonn..." inizio a dire con l'intenzione di spiegarmi ma è lui a fermarmi puntandomi il bastone che usa per camminare contro.

"Vieni con me, ora" sibila arrabbiato.

Abbasso lo sguardo lasciando Edward dietro di noi, sentivo il suo sguardo preoccupato sulla schiena, seguo mio nonno per tutto il tragitto senza dire una sola parola e con la paura che possa rimproverarmi anche se sono consapevole che non appena arriveremo nel suo ufficio non sarà la prima cosa che farà.

Le cameriere mi guardano negando con la testa come se sapessero cosa mi sta aspettando dietro quella porta e credo di saperlo benissimo da sola che una volta lì dentro non sarà facile uscirne con il sorriso.

Un uomo ci apre la porta e sempre tenendo lo sguardo basso vado a sedermi sulla piccola poltroncina davanti alla scrivania, mi torturo le dita e aspetto il momento in cui mi urli contro.

Non capitava quasi mai che una donna della mafia abbracciasse un uomo che non fosse o della sua famiglia oppure futuro marito.

"Sei consapevole di ciò che hai appena fatto?" mi domanda innervosito mentre si accomoda sulla sua poltrona.

Annuisco in silenzio perché mi mancava il coraggio di guardarlo negli occhi in questo momento, da quanto mi stavo torturando le dita togliendomi le pellicine mi stava facendo sangue e per questo cercai di guardare altrove.

"Nathaly stai portando disonore nella nostra famiglia" dice sbattendo la mano sulla scrivania.

Sussulto sulla poltrona e trovo il coraggio di guardarlo negli occhi, occhi pieni di collera e vergogna per la mia persona, e presto i miei diventano lucidi provando le sue stesse emozioni ma per me stessa.

"Cos..sa" balbetto trattenendo un singhiozzo.

Sospira pesantemente appoggiando la schiena contro la poltrona di pelle marrone scuro, non comprendo le sue parole visto che non avevo fatto assolutamente nulla per essere accusata di una cosa del genere.

Forse perché avevo abbracciato una guardia del corpo che ripetevo un fratello maggiore, oppure per non essere piaciuta a Luca.

"Nonno" sussurro cercando disperatamente uno sguardo da lui.

Uno sguardo negato però perché lui fa di tutto per non guardarmi come se non avesse lui il coraggio ora.

"Vivere nella mafia significa avere dei doveri" dice.

"Io..io" vengo interrotta da lui che si alza di scatto e inizia a girare per la stanza.

Mentre io fisso il muro davanti a me con sguardo vuoto e mille domande in testa, vorrei alzarmi e chiedere a lui tutte quelle risposte che nessuno vuole darmi ma sono sicura che lui più degli altri non mi accontenterebbe.

"Nonno...io ho paura" dico provandoci lo stesso.

Punto gli occhi su di lui e mi sorprende quando incrocio i suoi stanchi ma attenti, si avvicina piano a me mentre io mi faccio più piccola sulla poltroncina timorosa della sua prossima mossa.

"Paura?" dice stranito.

Annuisco deglutendo quando si appoggia alla scrivania così da essere di fronte e mi sento davvero a disagio in questo momento, non era mai successo che mio nonno fosse così attento verso di me anzi, spesso mi evitava come meglio poteva.

Per sempre miaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora