Capitolo 2

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Izuku non avrebbe saputo dire quanto tempo avesse dormito.

Una cosa di sé che non detestava del tutto era che prendeva sonno molto facilmente, dopo un pianto. Molto probabilmente era un modo che aveva il suo corpo di dargli una pausa dal dolore, un momento che gli concedeva affinché la sua mente non pensasse a nulla e restasse nell'oblio, e lo apprezzava parecchio.

Inutile dire che, dato che piangeva spesso, si ritrovava a dormire un sacco di volte.

Venne svegliato da un bussare alla porta e da alcune persone che parlavano.

<E se non ci fosse?> domandò una voce femminile.

<Non credo, il Tiranno ha detto che aveva chiesto dove fosse la sua camera...> rispose una maschile.

<Magari si è perso...>

Izuku aprì lentamente gli occhi e si tirò faticosamente a sedere. Inizialmente non capì dove fosse, guardandosi attorno, poi si ricordò che quella era la sua nuova camera da letto.

In quel momento si trovava sulle lenzuola di un bellissimo letto a baldacchino grigio e verde chiaro, con un moderno comodino da un lato e il muro dall'altro. Mise i piedi sul parquet di legno chiaro e si tirò in piedi.

Essendo entrato in un momento di disperazione e vergogna totali, non aveva prestato particolare attenzione alla stanza. Nel muro di destra si trovava un'enorme cabina armadio, affiancata dalla porta di quello che immaginò fosse il bagno. Nella parete di fronte al letto, di fianco all'entrata, si trovava una grandissima libreria, intervallata da una scrivania su cui giaceva un computer dall'aspetto costoso. Izuku sollevò le sopracciglia. Era piuttosto sicuro che non fosse stato suo, prima del trasloco.

Girò su sé stesso e rimase senza fiato quando vide che sulla parete dietro la testata del letto si trovava una grandissima vetrata che dava su un balcone. Il suo balcone, a quanto pareva. Fece per avvicinarvisi, ma sentì di nuovo bussare.

<E se invece dormisse?> chiese la voce femminile.

Izuku si riscosse. Si era totalmente dimenticato delle persone fuori dalla sua camera. Andò a passo svelto verso l'entrata e fece scattare la serratura. Immaginò di trovarsi davanti dei domestici con qualche suo scatolone da svuotare, ma non appena aprì la porta gelò sul posto.

Dubitava quelli fossero domestici.

Sulla destra c'era una ragazza che doveva avere intorno ai venticinque anni. Gli occhi grigi erano parzialmente nascosti da un paio di occhiali dalla montatura argentata chiaramente alla moda. Aveva qualche ciocca rossa che spuntava dai lunghi capelli bianchi che le incorniciavano il viso gentile. Sembrava carina.

A sinistra, invece...

Dovette deglutire. Quello era chiaramente un figlio di Enji.

Il ragazzo – che Izuku immaginò fosse il più grande dei fratelli Todoroki, data la sua stazza – aveva una corporatura che quasi faceva invidia a quella del padre. Era letteralmente enorme. Alto minimo un metro e novanta, spalle larghe, busto che andava a restringersi sulla vita e due gambe per cui l'aggettivo "muscolose" era dir poco. Sembrava un wrestler.

Terrorizzato dalla vista di quel colosso e non trovando conforto nemmeno nel sorriso gentile della ragazza, Izuku rimase semplicemente immobile a fissarli.

Lo riportò alla realtà una risatina. <Ehi, so che Natsuo è un gran bel pezzo di manzo, ma prima di mangiarmelo con gli occhi dovremmo presentarci, non credi?>

Il ragazzino sobbalzò e guardò verso di lei, poi di nuovo verso di lui. Scosse immediatamente la testa e mise le mani davanti. <No, io non... cioè...> balbettò. <Non stavo...>

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