Capitolo 17

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La cena finì piuttosto in fretta, e più passavano i minuti, più Izuku diventava inquieto. Sparecchiare gli aveva dato troppo tempo per pensare, e non ne era venuto fuori un buon risultato. O forse sì. Dipendeva dal punto di vista, immaginò.

Voleva andare subito di sopra con Katsuki, e quella consapevolezza lo agitava. Non aveva mai desiderato tanto ardentemente qualcosa. Non credeva di essere capace di desiderare tanto ardentemente qualcosa.

Per l'amor del cielo, fino ad appena un mese prima probabilmente sarebbe scappato a gambe levate alla possibilità che qualcuno lo volesse baciare. Il disagio, l'imbarazzo e la timidezza sarebbero stati troppi, ingestibili. Avrebbe preferito fuggire e basta.

Si stupì di se stesso per quanto invece fosse impaziente, mentre toglieva piatti e tovaglia assieme al ragazzo e ai suoi genitori. Mitsuki non aveva voluto dar loro tregua nemmeno in quel momento, con le faccende di casa.

Lanciò un'occhiata a Katsuki, che stava sciacquando il proprio piatto nel lavandino, e gli si torse lo stomaco. Non poteva negare di essere agitato. Sentiva il proprio cuore battere troppo in fretta ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, e in realtà anche quando non lo facevano. Bastava la sua vicinanza a mandarlo completamente nel pallone.

Mitsuki li scrutò qualche istante, poi annuì. <E va bene. Direi che per oggi avete fatto abbastanza gli uomini di casa. Izuku, caro, hai bisogno di un passaggio a casa più tardi?>

Izuku fece per dire che aveva intenzione di mandare un messaggio al tassista dei Todoroki per farsi venire a prendere nel giro di un'oretta, ma Katsuki lo precedette. <Lo accompagno io.>

Izuku si voltò di scatto verso di lui, sorpreso. Non si aspettava che si sarebbe fatto avanti per riportarlo a casa. Gli si strinse lo stomaco non appena Katsuki lo guardò e gli fece l'occhiolino. <Ma', noi andiamo di sopra. Voi non scopate sul divano, sarebbe imbarazzante.>

Masaru scosse la testa. <Katsuki...>

<E voi non chiudete la porta> replicò Mitsuki guardando il figlio con aria eloquente. Izuku arrossì.

Katsuki fece un segno svogliato con la mano, poi gli afferrò il polso e se lo trascinò dietro. <Sì, sì, come vi pare. Basta che non rompete i coglioni.> Izuku fece appena in tempo a sentire l'ennesima protesta di Masaru per il tipo di linguaggio usato dal figlio, poi si ritrovarono in cima alle scale.

Katsuki lo condusse di nuovo nella propria stanza, che in quel momento al ragazzino sembrò totalmente diversa rispetto a qualche ora prima.

Non era cambiato assolutamente nulla, in realtà. Forse era il buio, si disse. Ormai erano le nove passate e dalla finestra non filtrava più luce. L'unica fonte di illuminazione era la lampada sul soffitto e la lucina da lettura che si era accesa contemporaneamente. Gli sembrava un ambiente troppo intimo. Gli si torse di nuovo lo stomaco.

Non voleva che quel momento diventasse teso solo per la sua stupida ansia, ma non sapeva cosa fare. Sedersi alla scrivania sarebbe sembrato dire "stammi lontano", ma sedersi sul letto tutto il contrario. Un po' troppo il contrario. Per un istante, valutò l'idea di sedersi sul pavimento.

Era un disastro, e lo sapeva. Se ne stava lì, sulla porta, a massacrarsi le mani e a guardarsi in giro. Doveva sembrare patetico.

Fortunatamente Katsuki pareva incredibilmente a suo agio e si diresse a passo sicuro verso il proprio letto. <Bene> esordì mettendosi seduto e guardandolo. <Vuoi restare sulla porta per tutta la sera? Prometto di non aggredirti sessualmente se ti dovessi sedere di fianco a me sul letto. Giuro.>

A dispetto di tutto, Izuku rise. <Oh, be', se lo giuri allora...>

Si diresse a passo un po' malfermo verso di lui e gli si sedette di fianco, sentendo le proprie guance scaldarsi. Si guardò le mani senza sapere cosa fare. Avrebbe dovuto prendere l'iniziativa e baciarlo? Oppure era meglio aspettare che facesse lui il primo passo? Non gli era mai capitato di trovarsi vicino a qualcuno che aveva apertamente dichiarato di volergli dare un bacio.

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