Capitolo 28

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Katsuki stava riportando Izuku a casa con la sua macchina, in silenzio.

Sapeva che per il suo ragazzo sarebbe stato difficile parlare con la madre, glielo leggeva dallo sguardo. Quando si erano svegliati, quella mattina, aveva visto sul suo viso l'espressione di chi avrebbe voluto scappare ma sapeva di non poterlo fare. Apprezzava che Izuku avesse mantenuto la promessa di andare a parlarle e che non si fosse tirato indietro. La determinazione era una delle cose che amava più di lui.

Sorrise leggermente quando si rese conto di cosa aveva appena pensato. Amare. La sera prima non si era minimamente aspettato la dichiarazione di Izuku, soprattutto dopo che si era rifiutato di fare sesso con lui. Quando però aveva sentito quelle parole uscire dalla sua bocca, "Ti amo", aveva capito immediatamente di provare lo stesso. Non c'era altro che definisse quello che sentiva quando lo guardava o quando lo stringeva tra le braccia. Amava Izuku.

Forse era anche per quel motivo che una parte di lui avrebbe voluto cambiare strada e portarlo il più lontano possibile da casa Todoroki. L'espressione che gli aveva visto in viso due giorni prima gli aveva fatto male al petto, come una freccia avvelenata dritta al cuore. Non voleva che soffrisse. Quella conversazione poteva permettere di chiarire con la madre così come peggiorare ancora il loro già precario rapporto.

Scosse la testa. Non poteva permettersi di pensarlo. Doveva essere positivo, doveva farlo per il proprio ragazzo. Gli appoggiò di riflesso una mano sulla coscia.

<Vedrai che andrà bene> mormorò. <Lei ti vuole bene, tu ne vuoi a lei e questo è tutto ciò che conta.>

<Ma se facessi casino?> chiese Izuku guardandolo con quei suoi occhi verdi. <Se mi arrabbiassi?>

Katsuki scrollò le spalle. <Almeno ci avrai provato. Tu però vuoi sistemare le cose, vero?>

Il ragazzino sospirò e scrollò le spalle. <Più o meno...> Alla vista della sua espressione confusa, spiegò: <Non mi è ancora passata, in realtà. Vorrei sistemare, ma ce l'ho ancora con lei. Non so se riusciremo a tornare come quando avevo nove anni.> Emise una risata infelice. <Che merda. Ho i genitori divorziati e ho un rapporto difficile con entrambi. Faccio proprio schifo.>

Katsuki alzò gli occhi al cielo. Non sopportava quando diceva così. <Izuku> disse in tono di rimprovero, <smettila, non fai schifo. Non è tutta colpa tua. Tuo padre aveva i suoi problemi e tua madre era presa dalla propria relazione. Ciò che hai fatto di sbagliato è stato solo non dirle niente per tutti questi anni. Nessuno può biasimarti per essere esploso, ieri.>

Passò qualche secondo di silenzio. <Immagino tu abbia ragione> concesse l'altro un po' sconsolato. Katsuki alzò di riflesso una mano per accarezzargli la guancia, senza distogliere gli occhi dalla strada. Non gli piaceva vederlo triste.

Arrivarono davanti al cancello di villa Todoroki abbastanza in fretta. Katsuki spense la macchina e si voltò verso di lui.

<Andrà bene> ripeté guardandolo dritto negli occhi. <Vedrai.>

Izuku lo guardò qualche istante, insicuro. Si morse il labbro, come faceva spesso, poi guardò la sua bocca. Katsuki capì cosa voleva. Si sporse verso di lui per dargli un bacio e rimase con la fronte appoggiata alla sua per qualche secondo. Voleva trasmettergli la propria sicurezza, la propria forza. Voleva che capisse che non era un disastro, ma che aveva semplicemente vissuto momenti difficili e doveva provare a porvi rimedio.

Sentì il proprio ragazzo prendere un respiro profondo, come ad accumulare coraggio. Katsuki sussurrò. <Per qualsiasi cosa, chiamami.>

Izuku annuì. Gli diede un ultimo bacio e scese dalla macchina.

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