Capitolo 8

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Izuku sapeva che le sue mani stavano tremando anche senza bisogno di guardarle. Una parte di lui avrebbe voluto che fosse per il freddo, ma sapeva che non era così.

L'uomo davanti a lui era suo padre. Quel semplice pensiero già di per sé gli faceva girare la testa.

Era Hisashi Midoriya, l'uomo che gli aveva procurato la cicatrice sulla testa. Quello che beveva sempre la Colossus. Quello che non si era più fatto vedere. Quello che non l'aveva mai voluto, e che appena aveva potuto aveva colto l'occasione per andarsene.

Cosa ci faceva lì? Da quando giocava a football? Da quando lo insegnava? Non aveva il minimo senso. Lui era un cazzo di ubriacone che odiava la vita, non avrebbe dovuto insegnare a dei ragazzini a giocare a football.

Gli occhi di Izuku rimasero fissi sull'uomo, ma i suoi pensieri iniziarono a susseguirsi veloci e confusi. Hisashi stava con dei ragazzi tutti i giorni, quindi non odiava chi non era ancora adulto come aveva sempre pensato. Che odiasse i bambini? Era per questo che se n'era andato? Sarebbe tornato solo quando Izuku fosse diventato maggiorenne? Era quello il problema? Oppure semplicemente odiava le persone che aveva fatto lui?

Non capiva. Non riusciva a capire.

A interrompere il silenzio che si era venuto a creare fu Eijirou. <Cosa? Coach, è il padre di Izuku?>

Izuku non aveva raccontato ai suoi amici la storia nella sua integrità. Una sera, quando si erano visti a casa di Shoto per passare una serata tranquilla con giusto qualche birra, gli avevano chiesto dove fosse suo padre. Lui si era limitato a dire, non senza un certo risentimento della voce, che non avendo mai voluto un figlio il padre se n'era andato quando aveva sette anni. Non aveva detto loro dell'alcool, o di come lo trattasse. Non era voluto entrare in dettagli fastidiosi. Era una cosa passata, e aveva sempre pensato che sarebbe rimasta tale.

A quanto pareva si era sbagliato.

L'uomo non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, e così non riusciva nemmeno lui.

Hisashi si rivolse a Eijirou senza guardarlo. <Sì, lui è mio...> Chiuse la bocca per deglutire. <Izuku, cosa...>

Il ragazzino fece un passo indietro, le gambe malferme. <Cosa ci fai qui?> domandò in un sussurro. Era l'unica domanda che fu in grado di formulare, in quel momento.

Hisashi lo studiò in viso e si avvicinò a lui. <Io... Mi sono trasferito quando...> Si interruppe. Sembrava non essere in grado nemmeno lui di parlare. La scena doveva essere assurda, vista da fuori. Forse anche un po' ridicola. Un padre e un figlio che si rivedevano dopo anni ed erano troppo sconvolti l'uno dall'altro per riuscire a dire qualcosa di sensato.

Izuku fece un altro passo indietro. Non voleva che gli si avvicinasse. Smise di fissarlo e guardò i suoi amici, che sembravano sbalorditi tanto quanto lui. <Voi non lo sapevate?> chiese, cercando di impedire che gli si incrinasse la voce. <Abbiamo lo stesso cognome, non avete pensato che...>

<Noi non sapevamo il cognome del coach> disse Katsuki alternando lo sguardo tra lui e il padre. Aveva un'espressione dura in viso. <Se l'avessi saputo, avrei evitato che voi vi...>

<Stanne fuori, Bakugou> si intromise Hisashi all'improvviso, fulminandolo con lo sguardo. Sembrava che l'avesse innervosito quello che aveva cercato di dire. L'insinuazione di Katsuki, la possibilità di non venir a sapere della presenza del figlio a causa dei suoi stessi studenti, doveva averlo infastidito. <Non è affar tuo.> Si rivolse di nuovo a Izuku, con lo sguardo più lucido, come se una scarica di fastidio fosse stato ciò di cui aveva avuto bisogno per riprendersi. <Izuku, cosa ci fai tu qui? Non abitavi a...>

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