Capitolo 16

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<Ragazzi, avete finito con il vostro compito?> chiese Mitsuki a gran voce spalancando tranquillamente la porta e posando lo sguardo su di loro. E che scena doveva essere. L'enorme corpo di Katsuki era interamente sopra quello più piccolo di Izuku, i visi vicini. Lei però non batté ciglio. Li osservò con le sopracciglia inarcate a esprimere impazienza mentre il figlio si alzava velocemente da sopra Izuku e si metteva di lato.

<Cazzo, ma', bussa!> esclamò arrabbiato e anche vagamente sconvolto mentre si tirava in piedi. Izuku invece era troppo scioccato per muoversi e rimase semplicemente mezzo sdraiato, il petto che si alzava e abbassava in fretta.

Non riusciva a credere a quello che aveva sentito. Katsuki gli aveva chiesto di baciarlo. O forse se l'era sognato? Magari si era solo immaginato il suo sguardo quasi languido, il modo in cui il suo viso si era avvicinato al proprio. Probabilmente gli aveva detto qualcosa come "lavati i denti perché ti puzza l'alito". Era infinitamente più credibile.

Una parte di sé, però, sapeva di aver sentito bene, e doveva processarlo. Doveva processarlo molto, molto attentamente. Non era certo che sarebbe stata una cosa veloce. Nessuno gli aveva mai chiesto il permesso di fare qualcosa del genere. Non pensava nemmeno che gli sarebbe mai stata posta quella domanda. Come si poteva voler baciare lui?

Venne riportato alla realtà dalla voce di Mitsuki, che stava rispondendo al figlio con le mani suoi fianchi. <Ragazzo mio, ti ho detto settimane fa che questa porta sarebbe dovuta restare aperta. La disattenzione è tua, caro.>

Katsuki la guardò sconvolto e agitò le braccia. <Ma che senso ha?! Okay, era chiusa, ma non potevi comunque bussare?!>

<La casa è mia> commentò Mitsuki alzando le spalle, perfettamente calma, come se non avesse appena visto il proprio figlio in procinto di baciare l'amico. <Posso entrare dove voglio quando voglio.>

Katsuki grugnì frustrato e strinse i pugni nei capelli, come a trattenersi dal picchiarla. <Cazzo, quanto di odio quando sei così.>

<È il mio lavoro interrompere mio figlio mentre si bacia qualcuno. Che senso ha altrimenti essere una madre? Devo crearlo dell'imbarazzo, no?> I due ragazzi la guardarono con gli occhi fuori dalle orbite. Lei sorrise. Sembrava divertita. <Bene, vedo che avete finito il lavoro. Ora venite giù e aiutatemi a pulire il salotto e a preparare la cena. Izuku, caro, so che sei un ospite, ma è bene che impari anche tu a muoverti in una casa come si deve. È una cosa che faccio fare a tutti gli amici di questo teppista. Il mio motto è "Non sei mai troppo uomo per fare le faccende di casa!" Sarà divertente, vedrai.> Detto ciò, lanciò un'occhiata furba al figlio e scomparve nel corridoio. Si sentirono i suoi passi scendere le scale.

Katsuki aprì la bocca per parlare e la richiuse. Sembrava a corto di parole. In un altro momento, Izuku avrebbe trovato divertente come nel giro di poche ore l'avesse visto in imbarazzo ben due volte, ed entrambe a causa della madre. In quella particolare circostanza, però, si ritrovava troppo sconvolto per poter pronunciare anche solo una frase minima che avesse senso. Dubitava di riuscire a mettere insieme anche soltanto delle lettere per creare una parola.

<Okay.> Katsuki si passò nervosamente una mano sulla nuca e si guardò attorno. <Fantastico. Ehm...> Lanciò una veloce occhiata a Izuku. <Magari ne... ne riparliamo più tardi e con più calma. Va bene?>

Izuku lo fissò e riuscì solo ad annuire. Si impegnò per obbligare il suo cervello a formare una parola, ma non ricordava come si facesse. Tutto ciò che era in grado di fare fu guardare il ragazzo di fronte a sé e cercare di capire se intendeva davvero quello che aveva detto poco prima.

Katsuki lo guardò combattuto, poi gli si avvicinò titubante. <Ehm... stai bene?>

Izuku aprì la bocca e la richiuse. Riuscì a far quadrare le informazioni nella propria testa. <Io... sì> pronunciò poco convinto.

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