12. «Il mondo ha bisogno di sentire quello che ho sentito io, Heeseung»

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Heeseung's POV

«Va bene, dirò a papà che sei rimasto a scuola per un progetto di...vediamo...di biologia, okay? Tienilo bene a mente, biologia, così se dovesse chiedertelo siamo d'accordo su cosa dire»

«Grazie Heedo, sei la mia salvezza»

«Però ti do solo un'ora, non posso dirgli che ti trattieni di più o non mi crederebbe»

«Va benissimo, davvero. Grazie»

«Te lo meriti, Heeseung»

Chiusi la chiamata con mio fratello e tornai a posare lo sguardo sullo strumento davanti a me. Quel lunedì ero stato interrotto dall'arrivo di Chantal in auditorium e poi dalla telefonata di mio padre, quindi in quel momento, il giorno seguente, volevo godermi ciò che non avevo potuto fare prima.
Posai le dita sui tasti, chiusi gli occhi e iniziai a suonare una delle mie canzoni. In verità l'avevo già prodotta con il programma musicale che avevo sul mio portatile, ma quella volta suonai una cover al piano della mia stessa opera. Sognavo che un giorno adolescenti e giovani di tutto il mondo avrebbero suonato le cover delle mie canzoni sui loro strumenti musicali. Ma sapevo che potevo solo sognarlo e che renderlo concreto non mi sarebbe mai stato possibile.
Quando ebbi finito, sollevai le mani dalla tastiera e aprii lentamente gli occhi. Si torna alla realtà, piccolo Heeseung.

«Sei una specie di Mozart coi lineamenti asiatici e un piercing al labbro?»

E ancora una volta, sobbalzai.
Mi girai e vidi Chantal ai piedi del palco con le braccia incrociate e il peso spostato tutto su un solo piede. Aveva l'aria di qualcuno che stava osservando e studiando qualcosa, il che mi fece sentire a disagio: di solito ero io quello che analizzava gli altri.

«Cosa ci fai qui?» chiesi nel modo più cortese che conoscessi.

«Potrei farti la stessa domanda...»

«Beh io-» mi interruppe.

«...dato che hai detto, citando le tue parole, di non essere né un pianista, né un musicista e tanto meno di saper suonare il piano» un piccolo sorriso si fece largo tra le sue labbra e posò i gomiti sul pavimento del palco, guardandomi dal basso «Non voglio costringerti a parlarmi di qualcosa che mi hai chiesto di non far sapere a nessuno, ma credimi, non puoi nascondere una roba del genere»

«Non preoccuparti, tanto mi hanno già scoperto. Mio padre lo sa e non ne va fiero, se qualcuno a scuola dovesse scoprirlo non credo sarebbe un grande dramma: qui sei tu la regina della musica» dissi sconsolato. Poi mi tirai su dal sediolino del pianoforte e andai a prendere una sedia, la posizionai accanto allo strumento e aspettai che Chantal cogliesse il mio chiaro messaggio.

«Cosa- non...io non intendevo questo» assunse un'espressione confusa e poi salì sul palco, venendo a sedersi "accanto" a me, se così si può dire, dato che ci separavano almeno due metri.
Non potevo. Non potevo starle troppo vicino. Non ce la facevo. Lunedì avevo fatto uno sforzo quando le avevo accarezzato la testa dopo che si era fatta male. Era quello che volevo, eppure il mio corpo emetteva vibrazioni che, contrariamente a quanto succedeva di solito, non ero in grado di controllare.

«Quando ho detto che non puoi nascondere questa cosa intendevo dire che è veramente...è veramente un peccato che tu voglia tenertela per te. Il mondo ha bisogno di sentire quello che ho sentito io, Heeseung»

" don't touch my diary „ - LHS. ENHYPENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora