33. «Non lo sai cosa mi hai fatto»

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Chantal's POV

«Ne ho davvero bisogno Chantal, ti prego» ripetè Heeseung, stringendomi i fianchi con più intensità. Ma non mi sarei lasciata abbindolare dal suo tocco, non stavolta, non quando c'era in ballo la sua salute.

«Non c'è niente che possiamo fare che ti distragga dall'idea del fumo?» chiesi io, cercando di essere pratica.

Lui sospiró e strinse le labbra «L'unica cosa che potrebbe davvero distogliermi dalla sigaretta è anche l'unica cosa che non faresti mai»

Un bacio, cazzo.
Vuole un bacio.
E io non glielo posso dare.
Non glielo voglio dare.
Non così.

Vedendo che non rispondevo, tolse le mani dai miei fianchi e oltrepassó la mia figura, sistemandosi meglio il cappuccio sulla testa.
«Me la dai?» mi chiese di nuovo. Rimasi immobile e in silenzio, lasciando che le sue mani prendessero la sigaretta e l'accendino che avevo nelle mie.

Camminó verso la finestra e l'aprì, accendendo la sigaretta e sporgendosi fuori. Sconsolata, tolsi la musica dal PC e andai a sedermi di nuovo sul suo letto, decisa a non guardare la scena. Senza ombra di dubbio con una sigaretta tra le labbra Heeseung era ancora più attraente, ma non riuscivo a pensarci sul serio. Mi interessava della sua salute, sia mentale che fisica.
E proprio mentre questo pensiero attraversava il mio cervello, Heeseung fece un colpo di tosse, al che mi girai subito nella sua direzione. Si portó una mano sul petto e si piegó sulle ginocchia, senza smettere di tossire. Andai in panico: non capivo cosa gli stesse succedendo. Ha preso male il tiro? Si sta strozzando? Sta morendo?

Quando lo vidi barcollare e appoggiarsi alla parete scattai in piedi e cercai di mantenerlo «Che succede?!»

Ma non mi rispose. La tosse non glielo consentiva. Con una mano posó la sigaretta sul davanzale della finestra, mentre con l'altra prese a darsi dei pugni sul petto. Non riusciva a respirare. E io sentii i miei occhi riempirsi di lacrime in preda al panico. Lo sto perdendo? Dovrei chiamare il 911? Suo fratello? I suoi genitori? I miei? Jay e Jake? Non puó andarsene così, davanti a me, senza aver ancora realizzato il suo sogno. Senza averlo ancora baciato...

Poi ebbi un lampo di genio.
Presi il suo viso tra le mani e lo costrinsi a guardarmi «Heeseung, guardami. Ascoltami bene. Otto battiti, quattro tempi, due battute. Nella prima prendi aria, nella seconda la rilasci. È musica. Ti fidi di me?»

Ma non c'erano tempo nè aria per una risposta. Il suo viso era pallido e le sue labbra stavando diventando viola. Come stracazzo è possibile?

«Okay, io so che ti fidi di me, quindi è un sì. Uno-» ma come iniziai a contare le sue ginocchia cedettero e si vide costretto a sedersi a terra con la schiena contro il muro «V-Va bene, possiamo farlo anche a terra. Guardami ti prego...e soprattutto a-ascoltami» lo supplicai e solo quando i suoi occhi si piantarono di nuovo nei miei capii che mi stava prestando attenzione «Uno, due, tre e quattro...» contai i primi quattro tempi (la prima battuta) e lo guardai mentre chiudeva gli occhi e cercava di respirare di nuovo «Bravissimo, sì...così...e ora cinque, sei, sette e otto» ripetei allo stesso ritmo e le lacrime nei miei occhi divennero più cattive quando vidi che l'esercizio respiratorio-musicale stava funzionando, quando vidi che la musica gli stava davvero salvando la vita «Un'altra volta, okay? Sempre alla stessa velocità. Hai l'orecchio assoluto, Heeseung. Non ti puoi sbagliare» mi sforzai di sorridergli per infondergli un minimo di speranza, poi ripresi a contare «Uno, due, tre e quattro...»

Dopo aver ripetuto la pratica per cinque o sei volte, vidi i colori accesi del suo viso tornare a colorarlo quasi del tutto. Il suo petto si alzava e si abbassava velocemente e lui non faceva che ansimare e tossire ogni tanto, ma almeno respirava. In maniera ancora irregolare, ma respirava. Respirava cazzo, era vivo. Era vivo grazie alla musica.

" don't touch my diary „ - LHS. ENHYPENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora