46. «...devi chiamare quel numero, Heeseung. E devi dirgli che accetti»

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Chantal's POV

Lo guardavo.
Lo guardavo da lontano mentre la sua canzone riecheggiava sulle pareti dell'arena più grande presente a New York.

Il giorno stesso in cui Heedo mi aveva fatto sentire quei cinquantotto secondi composti interamente da Heeseung, avevo chiamato mio zio per chiedergli di organizzare quella sorpresa. E nel momento in cui gli avevo detto che poteva far partire la musica, lui ci aveva lasciati da soli, come da me precedentemente richiesto.

Quel momento, per l'appunto, durò appena un minuto, ma fu così magico che sembrò aver fermato il tempo. La sua voce riempiva le casse dell'arena, mentre due grossi riflettori erano puntati su di lui, proprio al centro del palco e sopra di noi il cielo si colorava di rosa. Si guardava attorno spaesato, sicuramente non riusciva a vedermi, siccome aveva quelle forti luci negli occhi e io, per di più, mi ero messa in un angolino buio per concedergli il suo momento.

E lì, proprio su quel palco, mentre insieme ascoltavamo quel pezzettino di canzone a me dedicata, seppi con certezza che un giorno su quel palco ci sarebbe salito di nuovo e avrebbe cantato non una, non due, non tre, bensì tutte le canzoni della sua discografia. Dovevamo solo aspettare un altro po'.

Lo vidi portarsi le mani nei capelli non appena la canzone terminò. Fissava il vuoto davanti a sè come se non credesse nè ai suoi occhi nè alle sue orecchie. Io, invece, sentii i miei diventare lucidi per la forte emozione che avevo provato — e un po' anche per la conversazione avuta mentre raggiungevamo la nostra destinazione.

«Mi devi scusare, Heeseung» iniziai, facendo dei passi in avanti per uscire allo scoperto «La verità è che non ce la faccio più» confessai, sentendo le lacrime diventare sempre più minacciose.

Lui finalmente mi trovò e mi guardò negli occhi, preoccupato ed emozionato al contempo «Cosa...?» chiese con un fil di voce.

«Ti amo»

Pronunciare quelle due parole mi costò l'aria di un polmone intero. Le avevo tenute per me per troppo tempo, ma ne era valsa la pena: gli avevo confessato il mio amore usando la stessa canzone che lui aveva scritto per me e lo avevo fatto in quello che, poi, sarebbe diventato un luogo importantissimo per tutti e due.

Heeseung mi guardava incredulo. Ero sicura che avesse già capito che provavo qualcosa per lui, eppure la sua espressione in quel momento mi fece pensare che faticasse a credere a quello che avevo appena detto «Vieni qua» ordinò, siccome c'erano ancora un po' di metri a separarci.

Con un coraggio che non credevo le mie gambe potessero possedere, mossi dei passi verso di lui e, proprio poco prima che mi fermassi, lui mi prese per un polso e mi tirò a sè, abbracciandomi con forza, ma senza farmi male. A quel punto non seppi più resistere e lasciai che il pianto avesse la meglio su di me, mentre appoggiavo il mento sulla sua spalla, avvolgendolo con le mie braccia.

«Hey...perché piangi?» mi chiese lui in un sussurro, lo sentivo molto vicino al mio orecchio.

«Perché-» mi staccai di poco da lui, quanto bastava per guardarlo negli occhi; lui mi stava ancora abbracciando, io invece avevo posato le mani sulle sue spalle «Perché non ho mai provato niente di così forte per nessuno e non mi credevo capace di dirlo ad alta voce» spiegai piagnucolando, mi sentivo ridicola, ma la verità era che ero solo perdutamente innamorata di lui «E perché tu mi fai emozionare» aggiunsi «Non so più come dirtelo che devi fare questo nella tua vita. Guarda dove sei, guarda dove ti ho portato...e guarda come mi hai ridotta!»

Riuscii a strappargli un sorriso timido con quell'ultima esclamazione, al che sentii le sue mani tenermi stretta attorno alla vita, i nostri corpi schiacciati l'uno contro l'altro.

" don't touch my diary „ - LHS. ENHYPENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora