30. «Posso sapere perchè mancano sette sigarette in questo pacchetto?»

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Heeseung's POV

Naturalmente, non chiusi occhio quella notte.

Per tutta la stracazzo di notte piansi come il patetico che avevo dimostrato di essere con quel diario. Mi pentivo di tutto. Mi pentivo di averlo riempito di parole. Mi pentivo di aver anche solo pensato di poter essere qualcuno nel mondo della musica. Mi pentivo di aver permesso a Chantal di diventare così importante per me. Mi pentivo di essermi aperto così tanto con lei. Mi pentivo di aver fatto tutte quelle ricerche su internet per scoprire se fossi asessuale o meno. Mi pentivo di aver bevuto così tanto quel mercoledì sera, perché ció mi aveva portato a procurarmi una ferita sulla mano sinistra che mi aveva impedito di andare agli allenamenti di basket e rendere mio padre orgoglioso del suo secondogenito.

Mi pentivo di ogni cosa.
Forse Heedo aveva ragione. Forse dovevo davvero abbandonare il mondo dei sogni e iniziare a vivere un po'. Era tutto così sbagliato, così incasinato, così...storto. Niente era al posto giusto. Nemmeno io mi sentivo giusto. E non riuscivo neanche ad essere arrabbiato con quel pezzo di merda di Blaze Torres. Perchè alla fine era colpa mia se mi odiava. Ero più famoso di lui, più ammirato, più desiderato. E soprattutto, Chantal teneva a me e non a lui, non più.

Non avendo chiuso occhio quella notte, passai l'intera giornata relegato in camera a dormire, svegliandomi solo quando mio fratello, alle quattro del pomeriggio, bussó alla porta annunciando che Jake fosse venuto a trovarmi. Non mi ero alzato. Non lo avevo fatto entrare. Non avevo accolto il mio migliore amico, sicuramente venuto fino a lì per darmi supporto e aiutarmi. E io non gli avevo neanche dato la possibilità di incrociare il mio sguardo.

In casa mio padre non mi rivolgeva la parola nè mi guardava negli occhi. Peró lo avevo sentito diverse volte borbottare con la mamma riguardo a quanto io fossi improvvisamente un "fallito, un immaturo, una delusione". Lei, al contrario, mi riservava occhiate piene di dolore e rammarico. Forse lei l'aveva sempre saputo che suo figlio non era destinato ad essere come gli altri volevano. Come mio padre voleva.

Heedo, invece, aveva cercato di parlarmi diverse volte, ma avevo scacciato anche lui. Non ne volevo sapere nulla. Non volevo vedere nè sentire nessuno. Volevo dimenticare quello che era successo. Ogni volta che mi addormentavo e poi mi risvegliavo puntualmente desideravo che si fosse trattato solo di un incubo. Ma poi i ricordi tornavano a farmi visita e mi rendevo conto che sì, purtroppo era successo davvero.

Chantal ora sapeva cosa provavo per lei. Mi correggo: ora lo sapevano tutti, perfino i miei genitori. Così come sapevano che nella mia vita non volevo fare il giocatore di basket bensì il cantautore e che il sesso non mi piaceva.
Jay e Jake, i miei migliori amici, avevano scoperto che gli avevo nascosto tutte quelle cose, quando loro sarebbero dovuti essere le prime persone a saperlo, probabilmente le uniche con cui ne avrei dovuto parlare. Ma avevo paura, non mi sentivo mai capito, non perché loro non fossero in grado di farlo, ma perché io avevo paura di aprirmi con il resto del mondo. Ecco perché avevo preferito un diario dei segreti rispetto ad una persona reale: esso mi permetteva di sfogarmi senza emettere parola, senza turbare le orecchie di alcuno, senza spostare il peso dei miei pensieri e delle mie paure sulle spalle di qualcun altro. Ma era tutta colpa mia: non gli avevo permesso di comportarsi da migliori amici, perché io in primis non mi ero comportato come tale, scegliendo un pezzo di carta rispetto a un pezzo di cuore che avrei potuto ricevere da loro quando mi sarei sfogato e avrebbero cercato di darmi conforto. Ero stato proprio uno stupido.

E che dire di Chantal?
L'avevo persa, probabilmente.
Ora sapeva tutto di tutto. Sapeva che ero innamorato di lei e sapeva che, nonostante fossi asessuale, ero disposto a fare un sacrificio se lei avesse voluto condividere la sua prima volta con me. Perché anche lei era ancora vergine, mi ricordavo benissimo quando me l'aveva detto a Central Park. Peccato che ero ancora convinto che non provasse le stesse cose per me e che, di conseguenza, non avrebbe mai voluto fare certe cose con il sottoscritto. Dio, quanto mi sbagliavo.

" don't touch my diary „ - LHS. ENHYPENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora