ventisei

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Jimin li aveva visti. Stava nevicando e faceva freddo, molto freddo. Amava molto la neve perciò spesso passava ore a pensare e fissarla mentre cadeva incessante sul suolo. Due omini vestiti di scuro catturarono la sua attenzione. Erano usciti dalla stalla, lui mise il cappotto nelle spalle di lei per proteggerla dal gelo.
Ma dai Jungkook, che carino che sei.

Era stato quello il primo pensiero che ebbe. Li aveva seguiti con gli occhi fino a quando non rientrarono nel castello e, una volta che li perse di vista sentì un forte nodo alla gola. Erano spine che nascevano puntuali quando eri pronto a tirare fuori un migliaio di lacrime. Di nuovo, come se per quella situazione di merda non avesse pianto abbastanza.
Stava convincendo se stesso che Jungkook non era davvero felice con lei, poteva sentirlo nel suo cuore. Hazel non diceva niente a riguardo, Jungkook non lo guardava nemmeno. Insomma, che stava per accadere?

[...]

Da quel pranzo passarono tre giorni. Giorni in cui Jimin vagava tra camera sua e biblioteca tutto il tempo, leggeva libri su libri e rifletteva di notte. A volte non se ne rendeva conto, ma lo sognava e piangeva nel sonno. Il mattino dopo si svegliava con le guance umide e mal di testa, come se avesse pianto anche il giorno del battesimo. Eppure Jungkook non aveva neanche provato a scrivergli un messaggio. Niente.
Perché?
Jimin se lo chiedeva ogni ora. Eppure, era troppo orgoglioso e triste per andargli a parlare. Non poteva, se sarebbe anche solo passato a dirgli un "buongiorno" avrebbero finito per fare l'amore tutto il pomeriggio o la notte. Sarebbe stato il doppio più doloroso.

Con quella distanza chiamatasi forzata, Jimin capì che in tutti quei mesi che era stato lì non aveva compreso un bel niente su di loro. Seguiva e pensava sempre a Jungkook di continuo e con leggerezza, senza domandarsi 'mai perché lo stai pensando ancora?'
Beh, perché gli era bastato rivederlo dopo anni per capire che si era innamorato di lui come un cretino, e se ne era accorto troppo tardi.

Come da accordo, Bella e Jungkook dalle tre alle cinque uscivano per la città. Era ora che tutti iniziassero a vederli, fare foto e sparlottare. Doveva spargersi la voce e nessuno poteva farlo di meglio dei paparazzi londinesi.
Non che Jungkook fosse felice, insomma, si erano conosciuti è la trovò molto matura per la sua età, ma finiva li. Non si agitava nel vederla, non si imbarazzava nel guardarla negli occhi e non la pensava..
Era tutto strano e terribile. Jungkook non credeva sarebbe stato così brutto. A volte mentre lei parlava, lui perdeva il filo del discorso e non lo riprendeva se non era lei a farglielo notare.
Non poteva farci niente, aveva voglia di vedere Jimin, baciarlo e rassicurarlo che era ancora fissò nel suo cuore. Non lo vedeva da giorni ed era anche abbastanza in pensiero per lui.

« Jungkook? » lei lo richiamò di nuovo.
« si? »
« dicevo, entriamo qui? Ho visto dei vestiti interessanti» indicò un negozio vintage.
« oh, s-si certo » fece il finto tonto.

Entrarono nel negozio.
Mentre lei era in camerino, Jungkook si sedette su di un sofà a forma di cubo e attese. Stava pensando a quando vide Jimin la prima volta.. era davvero identico ad un maniaco sessuale. Quando lo vide camminare, sculettando spudoratamente davanti a lui, sorrise sinistro. Aveva già capito che non lo avrebbe dimenticato facilmente.
Dopo aver lasciato la casetta mentre lui dormiva, voleva tanto prendere qualcosa di suo, come ricordo..
Gli rubò la cravatta scolastica, la mise nel suo cappotto ben nascosta e fece finta di niente. Nessuno l'ha mai vista.

« come mi sta, Jungkook? » uscì lei.
« sei fantastica » sorrise.
« mi piace molto! Credo di prenderlo»
« faresti scalpore! »

Lei sorrise e volteggiava dentro quel vestito azzurro come una ragazzina di sedici anni. Tornò in camerino saltellando.
Jungkook invece non vedeva l'ora di tornare a casa. Voleva vedere se ancora sapeva dove posò quella famosa cravatta.. come era possibile che in quei anni se n'è dimenticò? Strano il mondo..

La ragazza tornò a casa e lui subito si diresse in camera sua. Fortunatamente nessuno lo aveva fermato facendogli perdere tempo. Aprì la sua cabina armadio, iniziò ad aprire i cassetti e svuotarli con una certa fretta, ma non trovò niente.
Sbuffò. Non ricordava per niente dove poteva averlo messo.
Si fermò in ginocchio davanti ai suoi vestiti, cercando di ricordare. Poco dopo ebbe un colpo di genio. Si alzò, uscì dalla stanza e andò nel seminterrato di casa. Nella stanza c'era una botola nel soffitto e li affianco c'era la scala, era come una cantina ma al posto di stare all'ultimo piano, stava al primo.
Prese la scala e aprì la botola. La stanza era buia, ben pulita ma si vedeva benissimo fosse povera di vita all'interno. Accese la luce, emise dei colpi di tosse lievi e poi iniziò a cercare nei vari scatoloni.
Ne vide uno con scritto "Jungkook, segreto!"

Lui sorrise. Quella era la sua terribile calligrafia, inconfondibile tra mille. La aprì, si vedeva che era stato lui a chiuderla, perché ci mise un soffio ad aprirla. Evidentemente ci teneva ma non era un vero esperto.
All'interno c'era un fazzoletto in tessuto pregiato bianco, avvolgeva un qualcosa di rotondo e soffice. Sotto, c'era una polaroid.

" 20 settembre 2011 "

Era stato lui a scriverlo con un pennarello blu quasi totalmente scarico, era preso dalla casetta di Jimin probabilmente.
Prese quel foglietto, girato e con la mano che tremava. Posò il pezzo bianco di stoffa e fece un sospiro profondo, si mise in ginocchio a terra e la voltò.
Perse due battiti. Era la foto più bella che avesse mai avuto, nonché l'unica di cui però non si ricordava di averla fatta.
Gli occhi si riempirono di lacrime, riaffiorarono altro mille ricordi. Cosa c'era stato dodici anni prima? Sono stati assieme solo quella notte? Quella foto diceva altro. A quanto pare Jimin aveva una polaroid in casetta, la voltò verso di loro al contrario e scattò.
Scatto conservato in solitudine per dodici lunghi anni...
Erano così giovani e piccoli..

Oltre a piangere, Jungkook sorrise ricordando quanto fosse permaloso e curioso di tutto Jimin, al tempo. Davvero spericolato era, e lo faceva morire dal ridere per quello.

Poco dopo tirò su col naso e si soffermò sul pezzo di stoffa. Aveva capito cosa c'era lì dentro, ma comunque aveva ansia. Sciolse il nodo del fazzoletto con delicatezza e lo vide.. esattamente come se lo ricordava. Marrone e rosso, cravattino un po' stropicciata ma ancora odorava di colonia, l'unico profumo permesso in quella scuola. Sorrise, sentendo il suo cuore scaldarsi.

Cosa avevano vissuto esattamente quei due? Quanti punti di domanda doveva scoprire ancora?












_________ autrice:

Aiuto, piango anche io. Le polaroid
Vecchie solo bellissime :')
Questo capitolo uno dei miei preferiti.

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