ventisette

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Jimin era uscito con degli amici, erano passati sei giorni dall'ultima volta che aveva parlato con Jungkook. Non si disturbava neanche più a scrivergli messaggi, tanto sarebbe stato troppo impegnato con lei per poter rispondere.
Passarono il pomeriggio in giro per la città, e la sera mangiarono in un ristorante. Come sempre, aveva il coprifuoco all'una di notte. Non lo aveva mai infranto, eccetto una volta che però Jungkook lo aveva coperto. Sapeva che quello non sarebbe più successo, perciò doveva fare attenzione. Andarono in serata in un pub, non era stracolmo di gente, ma comunque aveva la sua gente.

« Jimin, vai a prendere da bere? » chiese uno di loro.
« prendo qualcosa della casa per tutti così ci riscaldiamo»
« perfetto! »

Si avvicinò al bancone, a servirlo venne un ragazzo piuttosto giovane, poteva avere appena diciotto anni. Gli sorrise e chiese al biondino cosa volesse.

« qualcosa della casa, non troppo forte»
« quanti? »
« quattro »
« per voi uno Scotch Whisky, fidatevi vi farà impazzire»

Risero. Jimin prese i bicchierini e andò via. Era la prima volta che vedeva un'altro esemplare che respirava che fosse carino, dopo Jungkook.
I quattro amici bevvero quel drink e ne chiesero altri due ciascuno, mentre la gente lì dentro aumentava a dismisura e la musica diventava sempre più alta. Jimin amava i locali, erano il suo posto felice.

« Jimin, non ti danno tanti soldi lì per poter offrire a tutti? »
« coglione, non ci danno mica i milioni! È quasi uguale ad un normale stipendio»
« che tirchi ... »
« smettila, è un inferno lì »
« lo dici solo per quello lì.. » disse uno a mo di frecciatine.

Jimin infatti lo guardò.

« 'sta notte ho sognato Jimin che diventava Re» disse un'altro facendo ridere tutti.
« no! Che merda! » replicò Jimin.
« che dici? Diventi ricco! »
« non puoi essere te stesso, sei come in una gabbia. Non lo farei mai»
« beh, no se non lo fai accanto alla persona giusta.. dico bene Jimin?»

Il biondo lo guardò. Aveva ragione. Tutto fatto con la persona adatta affianco a te diventa semplice.

Bevvero tutta la sera.

Introno all'una, Jimin si fece accompagnare davanti a palazzo. C'era la porta con la lanterna accesa solo perché sapevano le guardie che Jimin doveva ancora tornare. Salutò i suoi amici e andò dentro. Camminava lentamente dato che come sempre si era lasciato un po' andare col bere, infondo le cause del suo malessere era sempre Jungkook. Era lui che aveva le colpe.
Andò in cucina a prendere dell'acqua e un po' di ghiaccio per la fronte, e si sedette sul divanetto.
In quel divanetto litigò con Jungkook, se lo ricordava benissimo. Se girava lo sguardo, vide una mensola. Una volta con Jungkook era lì, perché il biondino era troppo basso per prendere del cibo.
Qualsiasi minima cosa era collegata a lui e gli dava sui nervi.

La famiglia si addormentava presto la sera, infatti non c'era anima viva.
Dopo aver fatto un po' i comodi suoi, uscì dalla stanza per dirigersi nella sua camera. Nel mentre camminava nel silenzio, sentì la voce di una donna mentre rideva, ma rideva di gusto.
Inizialmente non ci fece caso, ma quando sentì unirsi una voce maschile profonda e composta, dirzzò le orecchie. Erano Jungkook e Bella?
Probabile.
Si mise in silenzio davanti alla porta di Jungkook e posò l'orecchio nella porta. Le risate cessarono di colpo. Jimin agrottò le sopracciglia, non capendo perché nessuno ridesse più. Per evitare qualsiasi cosa, andò via di corsa. Odiava quella situazione.




Jungkook era in videochiamata dal computer con Bella. Si era ammalata ed era quello l'unico modo per vedersi. In tutti quei giorni l'aveva conosciuta molto bene, notando quanto fosse simpatica e sapesse intrattenere. Parlavano di tutto e fortunatamente lei non insisteva su nulla nello loro storia. Non era fidanzati, ma per il Re, la Regina e i sudditi, lo erano. Non aveva visto per niente Jimin, era preoccupato per lui ma non trovava modo e tempo neanche di cercarlo.
Era frustrante. Voleva solo che stesse bene e che fosse fiducioso nella loro storia. Quando finirono la chiamata, si cambiò e si mise nel letto caldo. Voleva dormire, ma si era ritrovato a fissare il soffitto, senza un valido motivo. Respirava lentamente.

Intorno alle tre del mattino, Jungkook scese per andare in cucina. Si stava innervosendo perché non riusciva a prendere sonno. Prese una spremuta di arancia e qualche biscotto, mentre stava al telefono. Regnava in silenzio, sentiva solo la bocca mandare giù il cibo e, quando mise tutto a posto e stava uscendo dalla stanza, si scontrò con un'altro petto.

« scus- » disse, ma si bloccò.
« ciao Jungkook, come te la passi? »

Era Jimin.
Sembrava molto stanco. Aveva il viso pallido.

« Jimin, come stai? » gli toccò il braccio, ma lui si scansò lentamente.
« sto bene, ho dimenticato qui il cappotto » incrociò le braccia, sapendo già che Jungkook non lo avrebbe lasciato andare all'istante.
« mi manchi molto.. non so per quanto resisterò »
« pare che ti diverti molto con lei »
« che intendi? Lo sai che non provo niente »
« non ci vuole un giorno per innamorarsi di qualcuno... Per lo meno non sempre»

Jungkook si straní.

« Jimin, non dire cazzate »
« le dico, perché sono vere. Tu non capisci»
« io!? E perché ti capisci più di me? »
« non sono affari tuoi, Jungkook »

Il moro si stava spazientendo.

« lasciami passare, devo dormire » disse serio.
« no che non passi, io e te dobbiamo chiarirci!»
« chiarire cosa? E tutto perfettamente chiaro! Io non sono nessuno»

Jungkook gli prese entrambi le braccia con forza, infatti il biondo sussultò.

« Jimin, io sono innamorato di te, lo capisci!? Come puoi dire una cosa simile? Ci sono cose che purtroppo non posso rifiutare. Sai cosa significa essere un reale.. lo hai visto»
« proprio per questo Jungkook, io non devo essere nessuno per te. Dobbiamo evitarci e vedrai che dopo un po' ci verrà naturale»
« no! »

Jimin si staccò da lui, corse in stanza a prendere il cappotto e fece per andare via, ma kook lo prese per un braccio.

« sei uscito ieri? Alle tre devi prendere il cappotto?»
« sono uscito, ho bevuto per dimenticare la situazione di merda che abbiamo e stavo facendo la doccia per riprendermi. Sono cazzi miei, ancora non dormivo»

Il moro sentì il cuore rompersi. Se c'era una cosa che non voleva fare con Jimin, era litigarci. Ed era sempre lì, in quella cucina che litigavano. Neanche a farlo di proposito. Lo lasciò andare, lo guardava da dietro sperando che lui si fermasse e almeno si girasse un'altra volta, ma non accadde. Deglutí per non piangere, e poco dopo anche lui si ritirò in stanza.
Davvero era stata la goccia che fece traboccare il vaso.

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