ventiquattro

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Jimin era rientrato a casa a sera inoltrata. Si aspettò di trovare Jungkook da qualche parte, ma per sua sorpresa non incontrò nessuno. Si chiuse in camera, fece un bagno caldo e cercò di stare rilassato. Si sentiva strano però, l'aria dentro il castello era tutt'altro che natalizia. L'aria era pesante, molto.
Infatti prese il telefono e scrisse un messaggio a Jungkook. Messaggio che non ebbe però risposta.

Jungkook non stava dormendo, affatto. Piangeva seduto a gambe incrociate nel suo letto, con il pacchetto regalo di Jimin tra le mani e i singhiozzi che non lo facevano respirare per quanto forti. Era triste ed incazzato allo stesso tempo, aveva visto il messaggio di Jimin, ma non se la sentiva di confidarsi. Voleva stare solo. Sapeva bene che Jimin non si meritava ulteriori dispiaceri, soprattutto se era collegato a Jungkook, perché se ne sarebbe sentito totalmente responsabile. Lui era innamorato di Jimin, gli piaceva tutto di lui e amava l'atmosfera che si creava ogni santa volta che erano assieme. Ricordò il suo sorriso, ignaro di quanto a Jungkook facesse male vederlo. Stava male perché non sarebbero mai stati veramente liberi.
Liberi come meritavano.

Finì con l'addormentarsi con le lacrime ancora fresce sulle guance. Gli capitava quando piangeva, gli arrivava sonno tutto d'un tratto ed era così straziato e stanco che nemmeno si rendeva conto di star per entrare nelle braccia di Morfeo. Davvero doveva sposarsi? E come lo avrebbe detto a Jimin?

[...]

Il mattino seguente, anzi per quasi tutto il giorno, ne Jimin ne tutti gli altri a castello avevano incrociato il moro. Era rimasto tutto il tempo dentro la stanza, non aveva mangiato e non voleva vedere nessuno. Appena si svegliò aveva in mente solo una cosa: sfuggire da quel matrimonio sbagliato. Ignorò il messaggio di Jimin e gli scrisse di entrare in camera sua, di nascosto.
Il biondo obbedì, non appena Jimin lo vide si preoccupò.

« che cazzo hai fatto!? Sei ridotto malissimo» gli accarezzò una guancia.

Jungkook era pallido, con occhi rossi e gonfi per il pianto, labbra violacee e vestiti stropicciati. Un perfetto zombie vivente.

« Jimin, sono nella merda totale! Ho rivelato a mio padre di essere.. insomma, gay. Lui mi ha firmato di nascosto un matrimonio..»

Jimin sgranò gli occhi.

« che cazzo dici Jungkook? »
« è vero, Jimin io devo sposarmi per forza e fare chiudere questa storia. Anche Hazel lo sa, l'altra notte ci ha sentiti.. lei non è contraria»

Il biondo iniziò a sentirsi spaesato.

« Jungkook.. devi impedire il matrimonio a tutti i costi»
« capisco che lui sia mio padre, ma sono obbligato anche io a dargli ascolto purtroppo» lo guardava come un cucciolo abbandonato. Forse si sentiva davvero così in quel momento.

Jimin abbassò il capo.

« dobbiamo separarci.. devi sposarti con lei e sicuramente desidereranno tutti un erede»

Jungkook lo prese per una mano e lo accarezzò. Jimin non lo guardava o sarebbe scoppiato a piangere.

« Jimin, io voglio stare con te.. solo con te.»
« si ma non possiamo, per quanto noi lo vogliamo»
« per favore, Jimin io- » tentò di dire il moro
« no, è ok. Ho capito. Questa e la tua vita dopotutto»

Dovevano giungere di già ad un fine?
Non poteva davvero succedere.
Jungkook stava male, non voleva davvero separarsi dall'unica persona che lo aveva fatto sentire vivo per la prima volta nella sua vita. Purtroppo però, Jimin lo guardò con gli occhi tristi e lucidi, lasciò la presa tra le loro mani e andò via.
Jungkook lo stava implorando di restare, ma Jimin non si fermava ad ascoltarlo.. aveva chiuso la porta.
Il moro non aveva forza di parola, quei richiami erano stati solo nella sua testa e nessuno li aveva ascoltati, come sempre. Solo lui doveva subire tutto.

Il tutto era durato veramente poco, come se Jimin fosse già pronto a sentirsi dire una cosa del genere, e forse era così. Loro erano stati insieme e si erano creati una storia sapendo tutto ciò che sarebbe successo. Eppure ci avevano provato lo stesso. Jimin sapeva bene sin da subito che Jungkook era destinato a questo, lo sapeva benissimo. Eppure per un attimo non si era voluto privare di lui.
Jungkook non aveva più forza di replicare, talmente triste. Si diede una sistemata al volo con nessun tipo di attenzione a qualche particolare, andò da suo padre e entrò in ufficio senza bussare.

« papà.. voglio conoscerla » disse secco.
« finalmente hai capito! Sono fiero di te Jungkook. Non te ne pentirai» disse contento.
« non lo sto facendo per te, sappilo » disse duro, ma Arthur ignorò quel particolare.

Vide scrivere una mail, probabilmente aveva invitato la ragazza e la famiglia a casa da loro. Era arrivato il momento che Jungkook aveva più temuto in vita sua, doveva fingere e affrontare la situazione.
La risposta non tardò ad arrivare.

« hanno detto che verranno a pranzo da noi domani. Miraccomando fatti bello per loro»
« tanto è già tutto fatto, perché devo impegnarmi tanto?» ennesima provocazione.
« perché si, Jungkook. Hai dimenticato le buone maniere?» si irritò
« no, non ho dimenticato proprio niente» sputò acido.
« Jungkook, vedi di comportarti come si deve, non farmi fare figuracce!»

Il moro roteò gli occhi, cosa che ad Arthur irritava parecchio, sospirò e lo lasciò senza risposta.
Non provava nient'altro che noia dopo ciò che aveva detto, era sicuro al cento per cento che quel pranzo sarebbe stato il più brutto della sua vita.

In quel momento capì più di qualunque altro che era innamorato di Jimin, aveva paura di perderlo. Questa sua paura stava mano a mano prendendo forma e non era pronto, non sapeva come reagire e cosa fare. L'unica cosa che sapeva, era che avrebbe rincorso Jimin fino allo sfinimento pur di non perderlo. Perché lui, era l'unica persona di cui aveva bisogno.
















________ autrice

Jungkook...

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