ventinove

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La ragazza era stata fatta accomodare direttamente in camera di Jungkook. Subito percepì il suo nervosismo lei, che infatti preferì neanche avvicinarsi per evitare di farlo agitare di più. Lei si limitò a sedersi sul letto e attendere che lui parlasse. Iniziò anche ad avere una certa ansia.

« senti, non voglio girarci troppo intorno, ma credo sia doveroso dirti che.. non credo che questo matrimonio possa funzionare. Insomma, ci siamo conosciuti e ho notato quanto tu sia simpatica e colta, ma non è questo che voglio per me stesso»
« e cosa vuoi? »
« i-io beh.. è difficile da dire purtroppo. Sono certo che non potrei mai amarti come meriti, Bella. E io lo dico perché ti voglio bene»

Lei rise sarcastica.

« va avanti Jungkook » disse poi.
« non sono stato io a sceglierti, non sapevo neanche che tu vivessi a Londra in realtà. Mio padre ha organizzato tutto senza che io sapessi niente, me lo ha detto solo il giorno prima della tua visita qui..»
« che significa!? » si indignò.
« mio padre vuole che ci sposiamo, non io. Non l'ho mai voluto. Mi sono sentito alle strette sin da subito.. non sapevo cosa fare o c-come reagire. Sono sempre stato ai suoi comandi, p-per me è tutto nuovo»

Lei deglutí amara. Aveva capito tutto.

« e perché? Non credo volesse farti un torto. Sei suo figlio»
« ti sbagli.. lui lo ha fatto apposta! Perché.. beh, p-perchè non mi accetta per quella che è la mia natura.. v-vera natura»

Lei agrottò le sopracciglia.
Il moro di zittí qualche istante per prendere una grande quantità di coraggio ed aria. Gli occhi erano oramai umidi per le lacrime e aveva la testa bassa. Era in piedi a pochi passi da lei, che nel mentre lo aspettava silenziosamente.

« i-io, Bella.. sono gay »

Lei sgranò gli occhi. Sentiva mancarsi l'aria.

« che!? »
Jungkook la guardò come un cucciolo in attesa di conforto. Non avrebbe retto un suo abbandono, non in quel momento. Restò in silenzio finché lei non disse la sua.

« caspita Jungkook, non me ne ero accorta minimamente»
« non si nota, infatti. È tutto molto strano e contorto. Purtroppo Arthur mi ha beccato..»
« beccato? Che significa? »
« non avrei mai fatto coming out con lui se non mi fossi sentito costretto »

Lei abbassò il capo, leggermente in imbarazzo.

« mi dispiace, non me lo saprei aspettata mai da lui. Fare un torto solo perché sei gay. Beh, sai una cosa? Va bene così. Hai fatto bene a dirmelo ora piuttosto che fingere sino al matrimonio»

Lei si alzò, gli sorrise e lo abbracciò con forza. Voleva stringerlo forte a se e fargli capire che non era affatto arrabbiata con lui. Le scesero delle lacrime che non riuscì a frenare, ma le pulí subito. Jungkook sorrise e ricambiò l'abbraccio. Pianse più di prima, sentendo di aver trovato un'altra persona che non lo stava davvero giudicando per quello che era. Erano diventati ottimi amici durante tutto quel tempo, era felice di poter dire di non averla persa.
Quando si staccarono dall'abbraccio, lei lo guardò e gli tolse le lacrime dal viso.

« non sentirti mai sbagliato o fuori posto, Jungkook. Quello che ha fatto Arthur è sbagliato e cattivo, mi dispiace di esserci stata in mezzo.. davvero»
« tranquilla » tirò su col naso.
« mi sarebbe piaciuto sposarmi sai, era tutto quasi pronto. Fortuna che hai preso coraggio!»

Entrambi risero e poi si sedettero sul letto.

« dimmi, c'è qualcuno che ti piace? »
Subito il moro annuì.
« e di chi si tratta? »
« non ci hai mai parlato, ma lui ti ha visto, anzi.. ci ha visti » rise. « si chiama Jimin, lavora qui come professore di letteratura per mia sorella Hazel»
« oh, ho sentito parlare di lui sai .. »
« può essere, è molto apprezzato dai suoi colleghi»

« che aspetti? Non vuoi andare da lui?» gli diede un pugnetto sul braccio lei.
Lui la guardò « non so se vuole vedermi»

Cos'è quella insicurezza adesso!?
Muoviti, Jungkook.

« dici che.. dovrei? »
Lei sorrise a trentadue denti e annuì più volte. Era ovvio che ci era rimasta male per tutto, ma era così contenta che Jungkook fosse più felice e libero.. erano diventati amici e lei ci teneva a lui, voleva che fosse felice e senza sentire gli ordini di nessuno. Mentre Jungkook corse in stanza da Jimin, lei andò via dal castello, cercando di nascondere tutto.
Aveva in mente un piano infallibile che avrebbe reso Jungkook il più felice del mondo.







Jungkook bussò ripetutamente nella porta di Jimin. Per un po' nessuno aprì, ma poi il biondo si fece vedere. Capelli umidi da doccia appena fatta, occhiali neri da riposo e vestiti di casa. Non appena si guardarono entrambi sentirono il cuore balzare un battito vitale. Si sorrisero senza parlare per diversi secondi, Jimin vedeva il moro con una cera decisamente diversa, come non lo vedeva da tempo, e notandolo lo fece sorridere ed arrossire. Era un buon segnale che la chiacchierata era andata bene.

« entri? » disse poi.
« si, certo » rispose.

In realtà, Jimin aveva diverse domande da porre a Jungkook, davvero troppe, ma non gli fu dato il permesso dato che il principe si fiondò sulle sue labbra. Prese i lati del suo viso paffutello e lo baciò con così passione come se fosse stata la prima volta. Lo fece indietreggiare fino a che Jimin non toccasse il muro con la schiena, per poi continuare a baciarlo.
Il biondo si resse dietro il suo collo, ricambiando il bacio che da tanto aveva aspettato. Voleva quasi piangere, ripensò per un attimo a tutte le litigate che avevano fatto, quando non era mai stata colpa di nessuno dei due. Tutte quelle volte passate a deprimersi o piangere per quella situazione, la rabbia che provava quando vedeva o immaginava Jungkook e Bella insieme.. felici.
Non che lui non volesse la sua felicità, ma si era innamorato e non voleva che lui fosse felice con altri al di fuori di lui.

Sorrise nel bacio, cosa che contagiò anche Jungkook.
Quella volta fu Jimin a comandare i giochi, infatti lo fece camminare fino al suo letto mentre lo svestiva, per poi buttarlo sopra il materasso. Si mise sopra di lui e si svestí a sua volta. I sorrisi che si stavano scambiando erano diventati come una stregoneria, un incantesimo che li aveva intrappolati sin dal primo giorno che si incontrarono a scuola.
Faceva ridere, il tutto era surreale e quasi finto, ma non lo era mai stato. Niente era falso.

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