Tied so tight we wound up miles apart

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Somethings crept in under our door
Silence soaking through the floor
Pinching like a stone in my shoe
Some chemical that's breaking down the glue
That's been biding me to you


Un suono secco mi fece sussultare, risvegliandomi bruscamente. Le mie palpebre bruciavano, gli occhi gonfi minacciavano di scoppiarmi da un momento all'altro, era come se non avessi chiuso occhio per tutta la notte ed, effettivamente, era davvero così.

Mi misi a sedere sul materasso, scoprendo il letto vuoto e freddo. Simon non era lì con me, ebbi per un istante un deja-vù, ma il suono secco che mi aveva svegliato si ripropose di nuovo, richiamando la mia attenzione. Confusa mi misi decisi ad alzarmi e seguire l'origine di quel rumore.

Simon stava sistemando un grosso zaino nero nel salotto, a occhio appariva simile a quelli usati da chi fa trekking, con una moltitudine di tasche e moschettoni. Realizzai che le il suono secco che avevo udito non era altro che Simon che chiudeva ed apriva le tasche in velcro. Mi appoggiai contro lo stipite della porta, il mal di testa mi stava uccidendo, era come se ci fosse un trapano piantato sulla mia nuca.

-Tutto bene?-

La mia voce uscì flebile, debole, affaticata, tutto quello che davanti a Simon non volevo sembrare.

Lui si voltò verso di me, le sue mani ancora ferme sui lacci dello zaino. Indossava il balaklava nero con la stampa da teschio, la vista di quella maschera familiare mi destabilizzò, aveva smesso di indossarla da mesi quando eravamo solo noi due.

-Sono stato richiamato, devo partire. Non sarò raggiungibile per un po' di tempo.-

La sua voce era rauca, quasi aspra mentre pronunciava quelle parole, poi chiuse lo zaino con un sonoro click e io fremetti, non so se per la violenza con cui aveva chiuso lo zaino o per la notizia.

-Come...? Di già?-

Sbattei le palpebre, cercando di accogliere quella novità al meglio possibile, ma il mio stomaco si contorse. Era appena tornato e già doveva andarsene? Lui si limitò ad annuire, i suoi occhi si posarono su di me, ma non sui miei occhi.

-Devo andarmene ora-

Aggiunse e capii che questo significava che anche io dovevo andarmene. Annuii, avvertendo quella spiacevole sensazione di essere di "troppo".

-Okay, mi vesto subito-

Feci per tornare nella camera a riprendere i miei vestiti, ma la sua mano, già ricoperta dai quei ruvidi guanti che usava sempre, mi afferrò per una spalla, costringendomi a tornare indietro. Avvertii una spiacevole fitta alla spalla, ma non dissi nulla, lasciando che le dita si aggrappassero  con forza contro la mia carne, era un dolore confortante. Mi faceva sentire ancorata, come se temessi che da un momento all'altro potessi iniziare a fluttuare via e, una parte di me, lo temeva davvero.

Incontrai il suo sguardo e mi ritrovai sperduta. I suoi occhi erano diversi, avevo sempre amato quell'oscurità che contraddistingueva quei due pozzi neri e profondi, ma ora era differente, c'era un abisso nero in quelle iridi che non riuscivo a interpretare.

-Stai bene?-

La domanda scivolò sulla mia testa come un secchio d'acqua gelida, sgranai gli occhi.

Come stavo?

Ero ad un milione di chilometri da me stessa, in un spazio sfuocato fuori dal mio campo visivo.

 Non ero neanche certa di quello che avevo fatto quella notte, mossa da quale convinzione, perché tutto ora mi sembrava distante, inutile.

C'erano molte cose di cui avrei dovuto parlare con Simon, ma nessuna di cui volessi parlare.

Little Nightingale - Simon Riley "Ghost" (Call Of Duty) x reader CivilianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora