I don't need the world to see that I've been the best I can be

1.8K 95 96
                                    


La primavera iniziava timidamente a fare capolino ed il freddo stava lasciando spazio ad un clima più mite. 

Aprile era alle porte e io in quattro mesi avevo rischiato ripetutamente di lasciarmi sfuggire quelle due pericolosissime parole.

Ti amo.

Le avevo afferrate all'ultimo, riportandole sulle mie labbra, terrorizzata all'idea che lui le potesse sentire.

La prima volta era capitato quando avevo scoperto Simon a sonnecchiare sul divano con Colonnello tra le braccia, una mano poggiata sul fianco del felino. La visione mi aveva stretto il cuore in una morsa. Se avesse aperto gli occhi ero certa che avrebbe capito ancora prima che la mia bocca si muovesse.

La seconda volta avevo davvero rischiato grosso, un pomeriggio lo avevo trovato a piegare i miei vestiti, in genere giacevano senza cura sulla poltroncina accanto al mio letto, diventata col tempo una collina fatta di strati di capi d'abbigliamento maltrattati. Lui era lì, che ripiegava con cura ogni singolo indumento, posizionandoli con un ordine preciso: su di un bracciolo i vestiti, dall'altro i pantaloni e le gonne e sullo schienale le magliette.

Io non gli avevo chiesto di farlo, non gli avevo mai chiesto nulla, forse condizionata dalle mie aspettative sugli uomini, ma vederlo in un atteggiamento così domestico, prendersi cura delle mie cose, mi aveva quasi uccisa sul colpo. La bocca spalancata, la lingua attorcigliata dal desiderio di esprimere ciò che sentivo, ma mi limitai ad osservarlo in religioso silenzio.

La terza volta fu per una piccola ambra messicana, che mi aveva portato da una delle sue missioni. Era una pietra di un giallo molto chiaro, la cui forma ricordava una goccia, al suo interno vi era una piccola foglia scura, incastonata lì da qualche migliaio di anni.  

Non l'aveva impacchettata, ne aveva fatto grandi cerimonie, l'aveva semplicemente poggiata sul tavolo da pranzo, davanti a me, bofonchiando un "per te". Come se fosse una cosa da nulla, come se mi avesse lanciato un paio di caramelle.

Gli ero saltata in braccio con una forza tale che aveva rischiato di cadere all'indietro. Lo avevo riempito di baci e di grazie sussurrati con un entusiasmo che forse qualcuno avrebbe visto come esagerato, ma per me significava il mondo. 

Sapevo quanto Simon, "Ghost" , in missione non avesse tempo, figurarsi per comprare regali, non era un uomo in viaggio d'affari. Eppure aveva rubato un momento per me, un momento che avrebbe potuto dedicare a riposarsi, si era fermato e aveva cercato un piccolo dono da portare con sé al suo ritorno.

A volte volevo solo inondarlo con i miei sentimenti, riempire il suo cuore con tutto ciò che avevo, perché di amore lui non ne aveva ricevuto mai abbastanza.

-Io ti...uhm... adoro-

Ma era troppo presto, mi dicevo, dovevo aspettare. 

Non potevo rischiare di rovinare ogni cosa, Simon non era uno dei tanti ragazzi con cui ero uscita, era un uomo completamente diverso da qualsiasi altro avessi mai conosciuto. E i sentimenti non erano mai un discorso semplice con lui.

Avevo già guadagnato più di quanto potessi mai sperare, la sua fiducia e dovevo farmela bastare per il momento, senza spingere per altro.

E poi non potevo rischiare di spezzarmi il cuore da sola, perché ero certa che se nel momento in cui avessi dichiarato la profondità dei miei sentimenti lui non avesse corrisposto, ne sarei rimasta ferita. Perché per quanto mi piacesse apparire matura e paziente, sapevo di essere l'esatto opposto. Smaniosa di essere amata e terrorizzata dal rifiuto.

Perché una parte di me era profondamente convinta che non ci fosse nulla d'amare dentro di me. E mi bastava solo una piccola dimostrazione, un incertezza nella voce di Simon, un suo silenzio, per convincermene definitivamente.

Little Nightingale - Simon Riley "Ghost" (Call Of Duty) x reader CivilianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora