L'ADDIO CHE SI MERITAVANO

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«Caroline,perché non sei andata al funerale?».
Harold era appoggiato al muro della camera e guardava la sua piccola stella,immobile,che fissava il soffitto.
«Che senso avrebbe avuto? È morta. I funerali sono senza senso».
La voce di Caroline era come un eco che proveniva da lontano,dura,senza emozione.
«A volte,dire addio serve».
«Le ho già detto addio».
Harold annuì triste,sapeva che Caroline stesse attraversando quel momento in cui si vuole restare da soli,così uscì lentamente dalla stanza.
Tutti le avevano detto di essere dispiaciuti,le dicevano di essere forte,ma lo era,non era crollata.
Si lasciò scivolare dal letto al pavimento. Si alzò in piedi e si avvicinò allo specchio;aveva un aspetto orribile.
Le faceva anche male la testa,aveva bisogno di qualcosa per dimenticare quello che era accaduto fino a quel momento.
Scese al bar dell'hotel.
«Mi può dare qualcosa di forte?» domandò sedendosi su uno sgabello.
«quanti anni hai?» le chiese il barista.
«diciotto».
«mi dispiace,devi avere ventun anni».
Caroline sbuffò e si alzò ,lanciando un'occhiataccia all'uomo.
«Vorrà dire che prenderò qualcosa da qualche altra parte» sussurrò a se' stessa.

«Buona sera».
Nash non aveva mai visto quell'uomo e di certo non si aspettava di ricevere visite.
«Ehm,salve».
«Posso entrare?» domandò l'uomo.
«Preferirei mi diceste prima il vostro nome». Nash sorrise,cercando di nascondere,invece,la tensione. Aveva come uno strano presentimento.
«Ah,giusto,giusto. Il mio nome è Harold Jhonson Mc Call,sono il manager di Caroline,lei dovresti conoscerla bene».
Nash se lo sentiva che qualcosa non andava a bene,e se riguardava Caroline...decisamente non andava bene.
«Prego,si accomodi».

"«Caroline questo è il tredicesimo messaggio che ti lascio,dove sei?»".
Taylor non riusciva a contattare la sua ragazza,già la sua. Dopo tanto tempo,Caroline aveva finalmente accettato di dargli una possibilità. Era stato anche al suo hotel,ma non c'era nessuno.
Non sapeva più dove andare e,sicuramente,chiamare Nash o Cameron era l'ultimo dei suoi piani.
Fece partire l'auto e tornò a cercarla per la città.

«Caroline non è andata al funerale. Ero andato da lei per cercare di confortarla ma era un muro di cemento. Fredda come il ghiaccio,così l'ho lasciata da sola...e quando sono tornato,lei era già sparita. Ho pensato:sarà andata a fare una passeggiata per schiarirsi le idee. Dopo quattro ore,l'ho chiamata,ancora e ancora,niente,non mi ha risposto. Ho provato a cercarla ovunque,ma non ci sono riuscito. Allora mi sono detto,quei ragazzi devono sicuramente sapere dov'è. Ora,invece,che so che neanche voi sapete dove si trovi,sto impazzendo!È sola,indifesa e incredibilmente fragile. Dobbiamo trovarla!». Harold strinse le mani di Nash,sembrava disperato,come fuori di se'.
«Caroline è scomparsa?».
Una voce alle loro spalle li fece voltare entrambi.
Cameron.
«Sì,da ormai sette ore»gli confermò Nash.
«Oh,merda!».
Cameron prese la giacca che aveva appena posato sulla poltrona e tornò in ascensore.
«Cameron,ma dove vai?» gli urlò dietro Sharon,che era appena salita con lui.
Si voltò verso Nash e Harold con un espressione furiosa.
«Dov'è scappato?!».
«A cercare Caroline» le rispose Nash.
Sharon diventò rossa per la rabbia,o forse per la gelosia.
Diede un grido isterico,e ruppe un vaso che stava appoggiato al tavolino basso accanto alla porta.
«Su venga signor Harold,andiamo a cercare Caroline» disse Nash nauseato dallo spettacolo a cui aveva dovuto assistere.
«E mi lasciate qui?! Da sola?!» sbraitò ancora Sharon con le lacrime agli occhi.
«Io ancora non capisco perché Cameron stia con te. Sembravi una brava ragazza,invece sei una strega! Se vuoi aiutarci a cercare Caroline allora vieni,altrimenti là c'è la porta,o ascensore fa lo stesso,in ogni caso non esserci d'intralcio».
«Me ne torno a casa,con Cameron farò i conti dopo. Andate pure a cercare quella stupida combina guai!».
Nash sbuffò e chiamò l'ascensore.
Sperava che Cameron rintracciasse Caroline al più presto.

Cameron guidava interrottamente da mezz'ora,la stava cercando ovunque.
Dove poteva essere?
Fermò l'auto in corsa,facendole fare una sgommata,che girò su se'stessa.
Forse sapeva dov'era Caroline.
Accelerò,e per un soffio sfiorò una macchina.

Taylor era disperato,ormai non sapeva più dove cercare. Chiamò Nash.
"«Ehi amico,sai dov'è Caroline?»" gli domandò appena quello rispose.
"«Credimi Tay,vorrei tanto saperlo anch'io. Avvisami se sai qualcosa,farò lo stesso anch'io»".
"«Ok,Dio,speriamo stia bene!»".
"«Lo spero con tutto me stesso,a dopo»" salutò Nash.

Cameron era appena arrivato davanti al "The Belmount". Caroline amava quel posto,ci andava sempre quando voleva rifugiarsi dal resto del mondo. Andava lì perché c'era Dorotha,che le cucinava qualcosa e la cullava come una bimba fino a quando non si calmava.
Cameron tentò di forzare la porta del locale.
Caroline aveva le chiavi,quindi il fatto che fosse chiusa non gli fece cambiare idea sul fatto che lei potesse essere lì.
Prese una tenaglia dalla sua auto,che portava dietro il cofano insieme ad una gomma di scorta.
Ruppe la serratura della porta ed entrò.
Guardò attentamente nel locale,ma nulla dava segno che qualcuno fosse stato lì.
Salì al piano di sopra,nell'appartamento di Dorotha.
La porta era aperta.
Entrò cauto in modo da non spaventare Caroline.
Finalmente la trovò.
Era seduta a terra,appoggiata alla cucina. Nell'aria si sentiva un forte odore di alcol,e le birre vicino alla ragazza confermavano il tutto.
«Caroline,ehi,come stai?» le chiese avvicinandosi e sedendosi di fronte a lei.
«Sei un'altra visione?»gli domandò.
«No,sono qui in carne e ossa».
Caroline rise.
«Sì,sei proprio vero».
«Perché sei qui?» le chiese spostandole una ciocca di capelli dal viso.
«Perché volevo stare sola,senza nessuno che mi dicesse "Ehi Caroline,mi dispiace per Dorotha"».
«E tutte queste birre a cosa ti sono servite?».
«A dimenticare,almeno era quello che speravo,forse avrei dovuto provare con della vodka».
Cameron le sorrise.
«Già,forse avresti dovuto».
«Volevo cercare di dimenticarmi di Dorotha,dei miei genitori,dell'inferno che ho subito dal momento del loro incidente e,soprattutto,di te.Vorrei tornare al giorno in cui seguii Brian,Tori e Will,vorrei che Nash non fosse mai venuto vicino a quella panchina».
«Caroline,ti prego,non rendere le cose più difficili».
«Più difficili di cosa?»urlò Caroline alzandosi e mettendosi in ginocchio davanti a lui.
«Più difficili di quanto già non siano»le disse Cameron chiudendo gli occhi per non guardarla,era così bella.
«Una volta,il mio papà mi disse che lui e la mamma erano tanto diversi,ma che questo non li fermò,riuscirono a stare insieme,nonostante tutto,perché si amavano. Quando ci mettemmo insieme,mi ripetei che anche noi, nonostante tutti,potevamo stare insieme,perché quello che provavamo era più forte. Mi sbagliavo,tu non mi amavi. Tu non mi ami,mi odi».
Caroline iniziò a piangere.
Cameron non riusciva a sopportarlo.
«Guardaci Caroline,stiamo soffrendo come due stupidi perché siamo orgogliosi. Lasciamo che tutto ci tenga separati,ma poi corriamo l'uno dall'altro. E lo vuoi sapere perché? perché noi siamo uguali,non diversi. Non siamo come i tuoi genitori,non possiamo stare insieme. Lo sai cosa fanno due calamite con la stessa carica? Si respingono. È successo sei mesi fa,ma poteva accadere anche una settimana fa o forse tra tre anni,chi lo può sapere? In ogni caso,sarebbe successo comunque. Mi dispiace,ma non siamo fatti per essere una coppia. Ci cercheremo sempre perché sappiamo quello che l'altro sta provando,perché è lo stesso che proviamo noi,ma questo ci si ritorcerà contro nei litigi,quando nessuno dei due tornerà e soffriremo ancora». Cameron le accarezzava il viso bagnato,e ora piangevano insieme.
Piangevano l'amore che non avrebbero potuto coltivare.
«Quando partirai non ti fermerò» gli sussurrò Caroline vicino all'orecchio.
«Ti prego,non lo fare...nemmeno se te lo chiedessi in ginocchio».
Caroline aveva la fronte appoggiata a quella di Cameron,voleva guardare quegli occhioni castani ancora una volta.
Annuì.
«Non ti dimenticherò mai.Caroline,per tutta la vita sarai uno dei miei ricordi più belli,scusa,il più bello».
Caroline gli baciò la guancia.
«Anche tu Cameron,anche tu».
Si allontanarono piano. Un rumore di passi li fece voltare. Nash,Harold e Taylor,che si precipitò ad abbracciare Caroline,fecero irruzione nella stanza.
Cameron si asciugò le lacrime,e guardò Caroline,che stava tra le braccia di Taylor. Anche lei lo guardava. Quello forse era l'addio che entrambi si meritavano.
Cameron distolse lo sguardo e andò via.
Nash abbracciò Caroline,felice di averla trovata.
Harold piangeva a singhiozzi.
«Oh,mon cherì,non farmi più una cosa del genere,il mio cuore non reggerebbe!».
Caroline si allontanò da quei tre e si avvicinò alla finestra. Cameron era appena entrato in auto ed era ripartito.
«Caroline,penso che dobbiamo parlare» le disse Taylor facendola sobbalzare.
«Riguardo cosa?».
«riguardo noi».
Caroline si girò verso di lui.
«Non dobbiamo parlare di nulla,tu sei il mio ragazzo,io sto con te. Detto questo,portami a casa per favore».
Taylor le sorrise.
«Ok,andiamo a casa».

Non voleva più discutere,quello che si era detta con Cameron l'aveva fatta riflettere. Tra di loro era finita. Non si sarebbero mai dimenticati,ma come aveva detto lui...erano troppo simili,e questo li avrebbe portati alla distruzione sempre e comunque.

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