praeludium

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Jimin se ne stava tranquillamente allungato sul divano di casa Kim quando il suo cuscino, cioè la gamba di Taehyung, sobbalzò sotto la sua testa, svegliandolo dal tepore del dormiveglia in cui era scivolato. D'altronde, quella era la quinta volta che il suo migliore amico cercava di fargli vedere Her, e se non era riuscito le prime quattro, sarebbe stato strano se alla quinta avesse avuto fortuna. Non era la terza la volta fortunata?

«In che senso? No, non è un problema, solo... non so, senza preavviso?»

Con un grugnito di fastidio, Jimin si mise seduto. Stropicciandosi gli occhi e passando una mano fra i capelli (che dovevano essere diventati un disastro), guardò come Taehyung corrucciasse le sopracciglia e si mordesse il labbro inferiore. Tipici segni del fatto che era preoccupato. Il suo piercing al lato della bocca venne mosso come antistress dalla sua lingua.

«Beh, così non abbiamo molta scelta. Comunque, va bene. Quanto hai detto che è? Ah, okay. Va bene, ciao.»

Poggiò il telefono sulla coscia e sospirò. Jimin aspettò con le mani allacciate in mezzo alle gambe incrociate. Sapeva che a breve avrebbe saputo anche lui e non si preoccupò molto di chiedere.

«Mio cugino viene a vivere da me...?»

La sua sembrò più una domanda, perciò Jimin fece un verso di assenso che stava più a significare una richiesta di elaborazione. Non che avesse sentito la telefonata, quindi si limitò ad osservare il volto del biondino davanti a lui.

«Mio cugino viene a vivere da me.»

«Mh. Hai processato?»

Taehyung annuì. Si passò una mano sul volto e si alzò dal divano. Her era quasi finito e, in circostanze normali, per nulla al mondo il biondo si sarebbe staccato dalla TV prima di averlo finito. Ma, in circostanze oscure e misteriose, quali erano quelle attuali, il mondo probabilmente aveva invertito il suo asse, cambiato traiettoria e stavano tutti per schiantarsi su SN 1987A. Perciò, la TV si spense e i personaggi scomparvero nel baratro dell'interruzione di elettricità.

«Non molto. Vieni, devo mettere a posto la stanza degli ospiti. Mi dai una mano?»

Jimin si alzò, seguendolo. Salirono le scale e si avviarono verso quella che era una stanza piuttosto angusta a fine corridoio. Quando Taehyung aprì la porta e accese la luce, la massa di scatole impilate e cianfrusaglie buttate alla rinfusa li accolse, spaventosa.

«Oh.»

«Oh. Sì, proprio oh.»

I due camminarono su una serie di fogli di giornale, evitando strategicamente oggetti di dubbia provenienza che rendevano impossibile notare il legno del pavimento. Quando si trovarono ai due lati della stanza, intravedendosi l'un l'altro tramite uno spazio libero fra le scatole, si fissarono con la stessa posa e la stessa espressione: mani sui fianchi e sopracciglia corrugate fra il preoccupato e l'esterrefatto.

«Esattamente, e chiedo in via del tutto egoista, che cosa è successo qui dentro?»

Una risata condivisa ma nervosa si librò nell'aria. Jimin sollevò un libro e una nuvola di polvere lo fece starnutire. Taehyung ridacchiò e si mosse per aprire la finestra. Nel farlo, però, inciampò su una gamba di una sedia e finì allungato su un materasso senza alcun sostegno al di sotto, che sostava nel mezzo della stanza.

«Taehyung, attento a dove metti i-»

Forse Jimin, che era decisamente molto più goffo di Taehyung, non avrebbe dovuto parlare prima del tempo. Alzando una gamba per raggiungerlo ed aiutarlo, finì in quella che sembrava a tutti gli effetti una retina per insetti e capitombolò sopra il corpo supino del biondo, che reagì esalando un respiro strozzato e un acuto grugnito di dolore. Risero per un po', senza fiato, circondati da oggetti di dubbio gusto e dubbia utilità.

heartthrobDove le storie prendono vita. Scoprilo ora