song 21: three calls for muffins

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Jimin si sentì subito meglio da quando sapeva che Siwoo era libero da lui e lui da Siwoo. Era perché in fondo non gli era mai piaciuto in quel modo, dall'inizio, da quando lo aveva visto al bar, e di sicuro dopo quello che era successo con Yoongi non avrebbe cominciato un'altra relazione. Certo, c'era ancora la situazione Taehyung, con cui non parlava oramai da una settimana. Ma aveva evitato le sue chiamate con dedizione e Taehyung non si era presentato a casa sua, quindi evitava di pensarci. O meglio, sapeva solo che piangeva molto, da Yoongi, ma d'altronde anche Jimin aveva pianto molto in passato, sempre per colpa sua, quindi un po' se lo meritava. Non che Jimin stesse meglio, a pensarci, per questo evitava. Com'è il detto? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Per Taehyung, Jimin sentiva che funzionava a metà. Se il giorno non ci pensava, alla sera si ritrovava sul punto di piangere ogni volta pensava troppo intensamente alla cosa. Per questo restava a messaggiare con Yoongi metà della notte, e non ricordava più le altre cose mentre si godeva le battute stupide del suo ragazzo e i suoi stupidi selfie che lo facevano sorridere.

E per quanto riguardava Siwoo, beh. Si sentiva ancora un po' in colpa a ripensare alla faccia che aveva fatto quando lo aveva informato del suo interesse non ricambiato. Leggermente. Non troppo, ecco.

«Cazzo, Yoongi... muo- oh! Muoviti!»

Leccando con un guizzo veloce della lingua il labbro inferiore, Yoongi alzò sul suo volto gli occhi, le sue pupille dilatate, il respiro corto. Jimin si aggrappò con forza alle sue spalle, le testa che cedeva all'indietro mentre Yoongi spingeva dentro di lui con tre dita esperte, il movimento che tirava fuori dalla bocca di Jimin continui ansimi.

«Cosa, Jimin-ah? Mh?»

«Sono pronto, cazzo... ah!»

Le sue gambe si chiusero involontariamente attorno alla vita di Yoongi, la sua frangia scura che danzava davanti i suoi occhi, il petto nudo su cui Jimin faceva spesso cadere gli occhi. Il contrasto evidente fra la sua pelle candida e i pantaloni neri gli faceva girare la testa e gli dava strane idee, come lasciare segni violacei attorno ai suoi tatuaggi. Erano così perfettamente adagiati sulla sua pelle lucida di un sottile strato di sudore, sopra i muscoli in tensione delle sue braccia, d'accordo con i piercing che il suo corpo portava così bene. Yoongi guardò verso di lui, il suo sorrisetto così poco insolito che Jimin, attraverso le ciglia, non alzò neppure più gli occhi al cielo.

«Impaziente, stellina?»

Jimin inspirò con forza dal naso, tentando di non gemere al movimento alternato delle sue dita dentro di lui, ma quando sfiorarono il punto sensibile di nervi dentro di lui, uno spasmo lo costrinse a stringere con violenza le dita attorno ai bicipiti di Yoongi, un sibilo mischiato a un lamento che si aggrappava alle sue labbra.

«Giuro che ora me ne vado.»

Lo spinse tra i denti, tentando di guardare male Yoongi, ma lui rispose solo con un sorriso, rimuovendo con delicatezza le dita e chinandosi su di lui, i suoi occhi sulle sue labbra, il sorriso che sbatté contro Jimin. Non poté evitare di rispondere alla stessa maniera, le sue iridi che cercarono il luccichio del suo piercing, il suo sorriso sornione, il rosso delle sue labbra morse per evitare di fare rumore.

«Mi lasci così presto?»

«Sei uno stronzo.»

Yoongi sorrise solo di più, le sue labbra che si chiusero sul suo ghigno soddisfatto solo per appoggiarsi con delicatezza su quelle di Jimin, che malgrado tutto si sciolse sotto il loro movimento, le sue mani sulle guance di Yoongi, nei suoi capelli, sulla sua schiena, ovunque arrivasse e potesse toccare. Ovunque, perché lo voleva così tanto che non riusciva a stare fermo. Yoongi lo baciò lentamente, prolungando le sue sofferenze, sapendo perfettamente quello che aspettava Jimin, prendendosi tutto il tempo del mondo per assaporarlo. E Jimin lo lasciò fare, seguendo i suoi movimenti, i suoi morsi, le sue labbra quando cambiava angolazione, sentendo con i sensi amplificati la sua mano calda che accarezzava la sua coscia e la tirava su, fino a che Jimin non ebbe una gamba arpionata al suo bacino. Continuò a stringere la carne della sua coscia, i suoi baci che aumentavano con ogni secondo che passava di intensità, loro rinchiusi in una bolla di silenzio interrotto solo dai respiri, dai baci e dalle coperte che si muovevano sotto di loro.

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