song 13: be selfish for me (only)

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Se Jimin avesse detto di aver capito mezza scena del film che aveva appena visto, avrebbe mentito. Aveva passato due ore a guardare inquadrature romantiche, naturalistiche, di persone insieme, di baci e lacrime, ma non riusciva a rimettere insieme i frammenti delle cose che aveva visto, occupato a vivere di nuovo e di nuovo ancora l'incontro con Yoongi. Vedeva il suo stesso film? Con la sua ragazza? Erano stati seduti in fondo o in prima fila? O nel mezzo? Nella fila più vicina alla porta, così da potersi sbaciucchiare? Mangiavano popcorn? Si tenevano la mano? Niente era riuscito ad arrivare oltre le immagini fittizie di Yoongi e la sua ragazza che stava creando nella sua testa, nessuna parte di quel film. Quando era finito, Jimin aveva ascoltato con gli occhi fissi su un punto davanti a sé Siwoo che parlava delle scene, dei personaggi, e aveva sorriso e annuito quando sembrava fosse necessario. La macchina gli sembrava così stretta, così soffocante quando ci risalì su, talmente tanto che dovette aprire il finestrino per respirare, nonostante l'inverno. Lasciò che il vento fresco gli rimestasse i pensieri e gli invadesse i polmoni, con la radio che faceva da sottofondo e la guida pacifica di Siwoo che lo portava sempre più vicino a casa sua. Quando l'auto si fermò, scese subito, non aspettando che Siwoo si avvicinasse a farlo scendere. Non avrebbe avuto il coraggio o la forza di farglielo fare, aprirgli la portiera e poi sorridergli, dolce come sempre, gentile come sempre.

«Grazie per la bella serata, Jimin.»

Aveva un sorriso sul volto, ma era un po' tirato, e Jimin non poteva di certo biasimarlo. Doveva essergli sembrato una statua di ghiaccio che si scioglieva a poco a poco, e che lasciava dietro di sé solo una scia bagnata che indicava che una volta lui era stato lì, se non con la mente, almeno con il corpo. Jimin ricambiò con un suo piccolo sorriso tirato, davanti al suo cancello. Aspettava di entrare per poter fissare tutta la notte il soffitto e pensare alle stesse immagini che aveva visto per tutto il film proiettate sullo schermo anziché la pellicola.

«Grazie a te e scusami, ultimamente non ci sono molto con la testa.»

Si strinse nelle braccia conserte, un po' il freddo e un po' di protezione dalle mani di Siwoo che si erano poggiate sui suoi avambracci. Sentì un brivido, ma non era quella scintilla di quando qualcuno ti tocca e sai che quel tocco lo aspetti con ansia. Era freddo e una sorta di disappunto. Come non fosse quello che il suo corpo aspettava e bramava, ma un ripiego, un orribile ripiego di cui Jimin si vergognava e di cui si incolpava allo specchio ogni volta che usciva con Siwoo.

«Tranquillo. Posso aspettarti quanto vuoi.»

Era così dolce eppure così sbagliato. Jimin gli sorrise un po' di più e Siwoo si piegò leggermente per lasciargli un leggero bacio sulle labbra, che rimasero ferme, come inermi, come ghiacciai gelidi in cui sono rinchiusi i segreti di milioni di anni fa. Siwoo gli carezzò leggermente una gota fredda e poi si riavviò verso la sua macchina, aprendo la portiera prima di girarsi verso Jimin e salutarlo con la mano. Jimin lo guardò andare via, i fanali posteriori della macchina che si mescolavano con il paesaggio e divenivano puntini rossi, per poi sparire. Sospirò e infilò con lentezza la chiave nella toppa, improvvisamente privo di ogni energia, come svuotato.

«Ma che dolci.»

Jimin quasi saltò dallo spavento. Si girò per capire da dove provenisse e vide una figura che avanzava lenta nell'ombra, una sigaretta che veniva buttata a terra e le mani che andavano a finire nelle tasche, la camminata quasi svogliata. Il lampione illuminò lentamente i suoi pantaloni larghi, la sua giacca di pelle e infine il suo volto perlaceo, i capelli sbarazzini e l'espressione quasi neutra, il resto del fumo che lasciava la sua bocca a circondarlo. Jimin lesse nei suoi occhi del fastidio e sentì il cuore che tremava e sbatteva con lo sterno, incapace di stare fermo. Yoongi si fermò a poca distanza da lui e Jimin decise di abbandonare la chiave infilata per metà nella toppa del cancello, tentando di apparire sicuro di sé.

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