side b: in and out

51 9 7
                                        

L'aria sembrò scomparire tutta insieme dalla stanza, come fosse stata risucchiata da un uragano. Jimin si ritrovò a guardare Yoongi con gli occhi spalancati, come avesse avuto davanti un alieno. E invece c'era il suo ragazzo, uno sguardo apprensivo sul volto, i lineamenti che si tendevano sotto la preoccupazione che Jimin sapeva che stava portando.

Una parte di Jimin sapeva che Yoongi aveva ragione. Che lì, con le braccia immobili, le mani che si aggrappavano con delicatezza a quel ciondolo, come ne andasse della sua stessa vita, Yoongi chiedeva a Jimin di perdonare perché sarebbe stato meglio per Jimin, e non per lui. Perché a lui non cambiava molto. Certo, erano uno suo cugino e uno il suo ragazzo, ma una casa ce l'aveva anche lui, in città, e ci andavano spesso insieme. Cosa poteva importare a Yoongi del fatto che Jimin e Taehyung facessero pace? Che le armi fossero a terra, anziché brandite con rabbia verso l'altro?

Eppure, nonostante sapesse, non poté fare a meno di ritirarsi leggermente dalla mano di Yoongi che stava tentennando a raggiungere il suo ginocchio. Squadrò come non lo conoscesse il moro, cercando qualcosa in lui che lo spronasse a ridere, come fosse una battuta. Ma Yoongi era serio. Serissimo.

«Mi prendi in giro?»

Era un sussurro, ma era così intriso di veleno che Yoongi strinse con forte la coperta sotto la mano che non aveva raggiunto Jimin. Sospirò, guardando un punto indefinito dietro la testa di Jimin, non incontrando i suoi occhi. Jimin sentiva il fiato che accelerava con ogni secondo che passava.

«No.»

«Come cazzo ti viene in mente di chiedermi una cosa del genere?»

«Jimin, è-»

«Siete tutti e due dei pezzi di merda, davvero.»

Alzandosi dal letto, Jimin cominciò a girare per la stanza, le mani che tiravano leggermente le ciocche dei capelli, tentando di distrarlo dal fatto che Yoongi gli stesse davvero cercando di far perdonare colui che li aveva divisi.

«È per il tuo bene, Jimin.»

Scoccandogli un'occhiata esterrefatta, Jimin si girò di nuovo verso Yoongi. Nel suo cervello vorticavano parole cattive, cattivissime, e fece fatica a non dirle, non urlargliele con tutto l'odio che possedeva in corpo. Yoongi cominciò ad alzarsi per andargli incontro, ma lui arretrò.

«Come fai a dire così? Non ti sono mancato per cinque anni? Siamo davvero così diversi? Io... davvero credevo...»

Sbuffando una risata, ripensando ai pensieri di solo una mezzora prima, Jimin guardò giù, verso la maglia di Yoongi che stava indossando. Se la cacciò di dosso, lanciandola per terra. Non gli importava neanche che fosse nudo fino al bordo della tuta, non gli importava nulla, in quel momento. Come aveva potuto pensare che Yoongi avesse per lui dei sentimenti forti come li aveva lui? Era stato un errore farlo avvicinare? E ora che ce l'aveva fatto, a portarselo a letto, Yoongi faceva di tutto per farsi odiare di nuovo? Così poteva passare alla prossima persona? Jimin si strinse il petto con le mani, sentendo che il respiro gli si faceva corto. Nella sua visuale, Yoongi era sempre più vicino. Cercando a tentoni il muro dietro di lui, Jimin tentò di allontanarsi.

«Sei... uno stronzo... Min... Yoo...»

Le ultime parole della sua frase furono inghiottite con l'ultima parte di ossigeno che i suoi polmoni avevano preso prima di chiudere i battenti. Jimin trovò il muro, il suo freddo sulla pelle calda, ma scossa da brividi, e si accasciò su di esso, la schiena che sbatteva quasi con violenza contro l'intonaco. I contorni della figura di Yoongi erano ora sfocati, un riflesso scuro nella stanza che girava, e Jimin si teneva il petto, tentando di sentire di nuovo la dolce carezza dell'ossigeno nei polmoni. Ma sembrava impossibile farne entrare anche solo un po', rinchiuso a chiave il posto della sua gola dove doveva passare l'aria, la stanza priva di sbocchi dove saper e poter scappare. Le mani di Yoongi furono su di lui, ma Jimin non sentiva nulla, le avvertì con distanza, di sottofondo, mentre la mente si annebbiava e lui strizzava gli occhi, di tutto pur di riuscire a prendere anche solo un soffio, una boccata, un rantolo, misero che fosse, qualsiasi cosa che potesse irrorare i polmoni e riempirgli lo spazio vuoto nel petto. Proprio lì, dietro il cuore, incastonato su un bastone che Yoongi aveva deciso di piantargli nel petto. Jimin sentiva le lacrime che cominciavano a fiorire dal bordo dei suoi occhi, e sbocciare indisturbate sulle sue gote arrossate.

heartthrobDove le storie prendono vita. Scoprilo ora