song 22: janitor's closet

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Jimin entrava e usciva dai pensieri oscuri di continuo. Da una parte aveva Taehyung, e il pensiero delle sue parole rimbombava con le immagini delle sue lacrime nella sua testa. Jimin ancora rimuginava su come fosse possibile che non si fosse accorto del fatto che Taehyung aveva mentito. Come aveva fatto a passare praticamente tutta la sua vita accanto a lui e non notare che portava quella bugia negli occhi ogni volta che Jimin piangeva per Yoongi? Taehyung era un punto interrogativo nella testa di Jimin, che si addormentava ogni notte sognando la conversazione che avevano avuto l'ultima volta che l'aveva visto. Era passato così tanto, più di una settimana, che sembrava quasi perdere i lembi della scena dietro le palpebre.

In ogni sogno, poi, la situazione cambiava. In uno, Taehyung piangeva, come nella realtà, ma alla fine diceva che era colpa di Yoongi, e il sogno svegliava Jimin quando Yoongi entrava nella stanza e dava ragione a Taehyung. Jimin saltava sul letto, sudato e con un groppo in gola. In un altro, invece, Taehyung rideva di lui e del suo legame con Yoongi, e Jimin si sentiva così male che finiva per svegliarsi con le guance umide. Ma nonostante le notti travagliate, ancora non aveva smesso di ignorare Taehyung e le sue chiamate, che arrivavano ogni giorno meno insistenti, ma puntuali, come Taehyung aspettasse lui tornasse. Soprattutto all'ora in cui di solito Jimin decideva di andare da lui, dopo scuola, per fare nulla insieme, a godersi la presenza l'uno dell'altro. Jimin ripensava a quei momenti con un misto di disgusto e mancanza, una sensazione che doveva spingere sul fondo dello stomaco deglutendo con decisione pur di non vomitare.

E si beava della distrazione della scuola, perché preferiva dover sudare e sgobbare per un po' di più di punti pur di non dover pensare. E Hoseok che gli parlava ad ogni secondo di ogni lezione che condividevano era un piacere, anche se magari Jimin voleva solo dormire. Perché neanche in classe, col rumore delle matite, delle persone, del vento che entrava dagli infissi riusciva a non pensare. Quindi era meglio sentire le storie di Hoseok. Qualunque esse fossero.

«...e quindi poi visto che si erano chiusi dentro al locale con le scope, quando sono cadute davanti alla porta e tutti hanno sentito, non potevano mica uscire uno dopo l'altra, capisci?»

Jimin fissava con intensità la lavagna con i calcoli matematici che il professore stava impiegando fatica e tempo a scrivere, la matita che sbatteva ritmicamente contro il suo mento ma le orecchie tese. Hoseok stava narrando qualche gossip che proveniva dai meandri della scuola, una coppietta che era stata colta in fragrante nel mezzo di un incontro segreto negli anni prima della loro entrata.

«Immagino. E poi?»

Sussurrò, lo sguardo che si distolse un attimo dalla lavagna per interrogare Hoseok, che non fingeva neanche di star seguendo. Se ne stava con le braccia incrociate sul banco, tutto rivolto verso Jimin, mentre mordicchiava la fine della sua penna e disegnava piccole forme bluastre sul bordo di un quaderno a righe che recitava "Storia" sul primo rigo. Studente attento.

«E poi li hanno sospesi. Entrambi. Ah, e poi si sono lasciati. Un cinque giorni dopo essere tornati a scuola.»

Si fermò per sporgere all'infuori la lingua, concentrandosi sul suo tulipano blu, che sporgeva da proprio sotto il suo braccio piegato. Sistemò meglio la gamba su cui si era appoggiato quando aveva gettato le sue cose a terra, appena entrato nella classe, e riprese, gettando un'occhiata annoiata al professore, che stava cancellando qualche tratto di gesso. Quando Jimin notò che si era girato, abbassò la testa verso il suo foglio (a quadretti, almeno), e finse di scribacchiare qualcosa.

Min Yoongi è un gatto molto molto antipatico.

Sorrise della sua stessa frase, disegnando un gatto arrabbiato e stilizzato proprio sotto le parole. Fiero del suo lavoro, fece una nuvoletta attorno al disegno e alla frase, affidando al quaderno il segreto dei suoi scarabocchi sul suo ragazzo. Il suo ragazzo. Suonava proprio bene.

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