Jimin notò che c'era qualcosa di strano nell'aria nei successivi giorni a scuola. C'erano continui mormorii nei corridoi, le persone camminavano in gruppetti e sussurravano eccitate come sapessero tutti qualcosa che, invece, Jimin ovviamente ignorava. Era un'aria elettrica, piena di aspettativa e trepidazione. La risposta arrivò alle mani di Jimin quando notò un volantino colorato attaccato alla bacheca della scuola. Lo prese fra le dita e lo ispezionò.
SDL: private matters. Il nome era familiare. Mentre camminava fissando la locandina per i corridoi, Jimin quasi si sbatté una mano in fronte. Ovviamente era la band di Yoongi. La locandina indicava una data e un luogo che Jimin riconobbe come un localino fuori mano, che spesso dava opportunità alle band un po' meno famose di esibirsi. Lo accartocciò e lo buttò in un cestino passando, ma non prima che la sua mente registrasse la data. Solo per curiosità, nulla di più.
Forse era per quello che erano sempre meno le volte che Jimin vedeva Yoongi. A scuola, lo vedeva solo passare, un nugolo di ragazze che lo seguivano (e ragazzi) adoranti per chiedere una foto, un autografo o anche per cercare di prendergli la mano. Yoongi mostrava un sorrisetto a tutte e firmava braccia, quaderni e telefoni, senza mai sbilanciarsi troppo. Non che Jimin guardasse, era solo difficile non farlo. A casa, Yoongi non c'era. E se c'era, passava dall'ingresso senza quasi neanche salutare e saliva a due a due le scale, finendo per uscire poco dopo. Prove, immaginava Jimin. Alla fin fine, qualcosa doveva pur fare per essere il frontman della band.
La situazione andava effettivamente a suo vantaggio. Avrebbe dovuto essere così. Senza il problema di averlo intorno abbastanza, era facile evitare di rifare errori come gettarsi su di lui e baciarlo di nuovo. Perché, per quanto doleva ammetterlo, Jimin perdeva ore preziose di sonno pur di poter immaginare di nuovo quel momento, quella sensazione dolcissima di labbra sulle sue, di essere desiderato così. Gli mandava in panne il cervello e lo rendeva accaldato, un po' troppo per i suoi gusti. Gli sembrava di essere tornato alle prime cotte, come non avesse mai ricevuto un bacio, come non avesse mai sentito di essere desiderato. E non era così. Non era difficile capirlo, soprattutto da come il suo armadietto si riempiva di biglietti e rose rosse a San Valentino. Ma con Yoongi, forse era il fatto di conoscerlo da sempre, forse il fatto che fosse così sfacciato, Jimin si sentiva indifeso. Come se non avesse nulla per contrastare l'effetto che, suo malgrado, Yoongi aveva su di lui. E se non passava le ore sveglio con l'eccitazione che cresceva nei suoi pantaloni, dormiva e sognava cose che lo riducevano alla stessa situazione la mattina.
La lontananza era benefica. Doveva esserlo. Lo era per forza, perché Jimin doveva agire secondo i suoi principi. E se i suoi principi erano "non andare a letto con Min Yoongi", allora pensare al loro bacio nel letto, con la mano nei pantaloni, era contro i propri principi.
Il concertino era, però, sempre più vicino, e se Jimin ne era spaventato, Taehyung era a dir poco esaltato. Pregava ormai da più di una settimana Jimin di andare insieme e il castano non sapeva come evadere dalla situazione. Non voleva dirgli no, perché sembrava così contento, così felice che finalmente avrebbe potuto vedere Yoongi dal vivo. Allo stesso tempo, si sentiva di non avere sufficienti motivazioni per dire no. Scusami, ma non sopporto tuo cugino, l'ho baciato e me ne pento e non voglio rischiare di farlo di nuovo, bella scusa. Ma non voleva neanche dirgli sì, perché non sapeva come avrebbe reagito a Yoongi nel suo elemento. Se di solito era strafottente, sul palco come sarebbe stato? Jimin si rifiutava di pensarci.
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heartthrob
Fanfiction𝖒𝖎𝖓 𝖞𝖔𝖔𝖓𝖌𝖎 + 𝖕𝖆𝖗𝖐 𝖏𝖎𝖒𝖎𝖓 Non ci vuole un genio a capire perché l'intera scuola sbavi dietro Min Yoongi, a questo arriva anche Jimin. Sarà lo stile da fuckboy, il fatto che abbia quei piercings agganciati alla pelle, i capelli sbara...