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Muriel amava il suo nuovo lavoro.
La libreria era affascinante, tanto quanto l'intero mondo che vi era fuori. Era così diverso dal paradiso, così pieno di vita e colorato.
Adorava passare i pomeriggi a sfogliare i vecchi volumi che riempivano gli scaffali, ne accarezzava le copertine e annusava il profumo della carta mentre si faceva scorrere la pagine tra le dita; oltre a questo, le piaceva sedersi accanto alle vetrate e osservare il paesaggio esterno. Seguiva con lo sguardo le macchine che sfrecciavano davanti all'edificio e osservava i passanti camminare velocemente verso le loro destinazioni, chiedendosi spesso dove sarebbero andati.

Muriel ammetteva che non le mancava per nulla la sua vecchia professione in paradiso, né gli altri angeli. Inoltre, nessuno di coloro che aveva incontrato sulla Terra finora l'aveva mai messa in soggezione, o perlomeno non tanto quanto Uriele o Michele.

Si sentiva più libera sulla Terra, anche se non aveva ancora avuto il coraggio di avventurarsi lontano dalla libreria.
Erano ormai sette mesi che la gestiva e tutto andava a meraviglia.

Inoltre, ogni tanto aveva la fortuna di avere il signor Crowley che veniva a farle visita.
Beh, non era davvero sicura che venisse a trovarla per farle compagnia; si limitava a entrare, salutare piano, sedersi su una poltrona e rimanere lì tranquillo per un po' prima di uscire senza dire una parola.

Una volta aveva provato a offrirgli una... tazza di tè, così l'aveva chiamata? Sì, insomma, qualsiasi cosa le avesse posato tra le mani il nuovo arcangelo supremo quando era entrata nella libreria la prima volta. Tuttavia, il signor Crowley rifiutava sempre.

A ogni modo, la sua presenza era ben gradita. Le stava simpatico, anche se per il paradiso era semplicemente il "traditore".
Era felice di averlo nella libreria, specialmente quando entravano clienti interessati che non demordevano ma iniziavano a fare domande sul perché non potessero fare acquisti; in quei momenti il signor Crowley si alzava, riservava loro un'espressione terrificante e intimava loro di sloggiare, salvo poi tornare sulla poltrona a fare qualsiasi cosa stesse facendo.

E mentre quel giorno si sedeva all'antica scrivania intagliata con una prima edizione di "Orgoglio e Pregiudizio" pronta per immergersi nella lettura, pensò che nulla sarebbe potuto andare meglio.

•••

Intanto, a non molti chilometri da lì, più precisamente in un appartamento dai colori davvero poco vivaci di Mayfair, un non così raggiante Crowley aveva deciso di passare il pomeriggio circondato da bottiglie di vino di dubbia provenienza.
D'altronde, non gliene fregava davvero molto di che roba fosse, gli era bastato sentirne l'odore di alcol e dirsi che per i suoi scopi sarebbe stato perfetto.

Poche volte gli era capitato di bere da bottiglie così poco promettenti, ma d'altra parte non aveva mai cercato soltanto di ubriacarsi per evitare di pensare troppo.
E se doveva essere sincero, in seimila anni di esistenza, ben il 75% delle volte in cui aveva volontariamente bevuto col solo scopo di mandarsi a puttane i neuroni era avvenuto dopo che Aziraphale aveva avuto la fantastica idea di abbandonarlo lì da solo per tornare in quell'ambiente sterile e tossico che era il paradiso.

Strinse i pugni a quel pensiero e si sforzò di concentrarsi sulla terza bottiglia di vino che lo guardava dal tavolo, vuota per metà.

Perlomeno l'inferno aveva pensato di restituirgli l'appartamento nonostante non fosse più il loro rappresentante ufficiale sulla Terra.
Gli avevano dato un posto più ampio per smaltire la sbornia, oltre al fatto che altrimenti si sarebbe dovuto sorbire le probabili canzoni d'amore che la sua cara Bentley gli avrebbe riservato.

Che pensiero gentile.

Fece un sorrisetto pensando a quanto stupido fosse il fatto che in qualche modo si stava sentendo trattato meglio dall'inferno che dal paradiso, ma durò molto poco.
Finì la bottiglia in pochi sorsi e se ne avvicinò un'altra.

Gli cadde l'occhio su una piccola pianta che teneva davanti alla finestra e vedendone le foglie appassite si chiese da quanto non le annaffiava.
Beh, probabilmente troppo, ma sarebbe stato un problema del Crowley della mattina successiva. D'altra parte, l'appartamento era avvolto nel caos più totale. Avrebbe potuto schioccare le dita e sistemare il tutto in un batter d'occhio, ma chi glielo faceva fare?
Aveva altre cose a cui pensare, tipo fare qualsiasi cosa che lo portasse e dimenticare Aziraphale, anche se era tornato fin troppe volte nella libreria solo per fingere che fosse tutto tornato alla normalità.

Fu quando iniziò a stappare la quinta bottiglia che decise di averne abbastanza; fece una smorfia e allontanò il cavatappi.
Dopodiché incrociò le braccia, le poggiò sul tavolo e vi ci nascose il viso.
Stupido angelo.

La cosa che stupiva Crowley era quanto il tempo si stesse sovrapponendo nella sua testa; potevano essere passati anni dall'ultima volta in cui aveva visto l'angelo e al contempo sentiva ancora la pressione delle sue labbra sulle proprie come se fosse successo il giorno precedente.
Se si concentrava abbastanza riusciva anche a ricordarne il sapore.

Non gli piaceva mentire, perlomeno non a sé stesso; gli mancava come a un mortale sarebbe mancata l'acqua.
E non pensava che gli avrebbe fatto così male, invece era ancora distrutto. Non ricordava di essersi mai sentito così.

Ciò che lo confondeva era che si sentiva furioso.
Se fosse tornato in quel momento da lui sentiva che avrebbe potuto dargli fuoco. Sì: era incazzato, furibondo.
Eppure, sapeva benissimo che non sarebbe riuscito a prendersela con lui alla fine. Gli mancava così tanto che probabilmente si sarebbe limitato ad abbracciarlo e perdonarlo in un battito di ciglia.

Scosse leggermente la testa.
Forse sarebbe stato meglio tornare semplicemente all'inferno e lasciar stare la Terra, colma di fin troppi ricordi dolorosi.

•••

Sempre in quel momento, in paradiso, una riunione degli arcangeli aveva appena avuto fine e questi stavano lasciando la sala.
Saraqael era stata la prima a uscire, guidando la fila. A seguirla Uriele e Michele come sempre discutendo.

L'ultimo rimasto indietro, ovviamente oltre a Metatron che aveva diretto la riunione, era proprio Aziraphale. Stava sistemando dei fogli colmi delle tante faccende di cui avevano discusso, perlopiù cose di valore trascurabile ma delle quali serviva comunque una documentazione.
Le sue nuove iridi viola scorrevano veloci sulle righe scritte poco prima; cercava di dividere i fogli per argomento, ma sospettava sarebbe stata una cosa lunga.

«Aziraphale, non ti preoccupare. Basterà tenerli tutti nella stessa cartella e andrà benone», disse Metatron notando quanto fosse indaffarato.

«Oh, sì», rispose il biondo alzando lo sguardo, «È solo che stavo pensando di sistemare anche il resto degli archivi secondo questa organizzazione, in modo da rendere più facile ritrovare il necessario in caso di bisogno.»

Metatron sorrise con fierezza.
«Se è così, allora è un'ottima idea. Come pensavo, sei davvero la scelta migliore che potessimo fare per questo ruolo.»

Aziraphale si ritrovò a sorridergli a sua volta, gli occhi che quasi si illuminavano.
Non si era mai sentito così realizzato.
Decise quindi che avrebbe lavorato meglio sulla propria scrivania; afferrò tutti i documenti e dopo aver ringraziato e salutato, uscì dalla sala chiudendosi la porta bianca alle spalle.

Quando sentì lo schiocco della serratura, Metatron tirò un sospiro e si sedette sulla sua poltrona.
Chiuse gli occhi qualche secondo e si beò del silenzio e della ritrovata solitudine.

Basta così poco per far felici gli angeli.

𝘞𝘪𝘯𝘨𝘴 𝘰𝘧 𝘋𝘢𝘳𝘬𝘯𝘦𝘴𝘴, 𝘏𝘦𝘢𝘳𝘵𝘴 𝘰𝘧 𝘓𝘪𝘨𝘩𝘵  |Good Omens|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora