•XVII•

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Crowley quella notte non dormì affatto.
Rimase seduto sulla poltrona, gli occhi fissi fuori dalla vetrata.
Per buona parte del tempo non pensò a nulla. O quasi, perché era davvero difficile impedire al suo stesso cervello di mandargli in loop vecchi ricordi contenenti il suo amico, con tanto di pensieri fastidiosi.

Si rigirò spesso tra le mani uno dei tanti appunti di Aziraphale su di lui, di quelli che aveva trovato nei libri.
Ci stava giocando più per sentire Aziraphale vicino a sé che per altro, dovette ammettere a se stesso. Gli faceva dannatamente strano non averlo intorno mentre gli chiedeva se fosse certo al cento per cento di quello che stava facendo.
In realtà, era fuori dalla norma non sentire quella voce e basta.

Sette mesi (ormai otto) passati senza mai sentirlo ridere a una sua battuta, senza mai stringergli la mano per caso, senza mai vederlo sorridere sotto i baffi quando faceva qualcosa di non così tanto demoniaco. Era come se gli mancasse una piccola parte fondamentale della sua routine, una che era diventata sempre più presente nella sua vita col passare del tempo.
E pensare che all'inizio avevano quasi cercato di evitarsi, tutto quanto per poi finire a vivere a qualche isolato di distanza e vedersi a cadenza giornaliera.

Doveva concentrarsi sul fatto che stesse per andare a riprenderselo, che se avesse funzionato forse sarebbe per una volta andato tutto per il meglio.
Gli cascò lo sguardo sulla piccola ampolla, ancora poggiata sulla scrivania. Sospirando la afferrò, scambiandola con quel foglietto che teneva in mano, osservando il denso liquido nero colorare il vetro e lasciarvi un alone.
Ringraziò mentalmente chiunque si fosse preso la briga di testare e mettere per iscritto tutte le informazioni che aveva trovato in quel libro.

E alla fine scosse il capo.

Continuare a rimuginare in quel modo non avrebbe fatto altro se non bruciargli i neuroni.
Temeva il momento in cui avrebbe di nuovo posato gli occhi su Aziraphale in carne e ossa più di qualsiasi altra cosa, ma era inevitabile se voleva riaverlo indietro.
Tutto ciò, con la consapevolezza che se il piano avesse funzionato, avrebbero continuato ad avere la minaccia di Metatron tra i piedi; ancora una volta Crowley preferì evitare di pensarci.
Un passo alla volta.

Fu comunque distratto da un'ombra che sembrava aggirarsi lungo il marciapiede con fare febbricitante.

Oh, demoni. Non passerebbero inosservati nemmeno se si impegnassero davvero.

Si alzò sbuffando e andò ad aprire la porta, trovandosi Shax fare avanti e indietro davanti a sé.

«Sì?»

La donna sentendolo si bloccò di colpo e gli si mise davanti, le braccia incrociate. Sembrava sul punto di fargli una ramanzina.
Nel dubbio Crowley rimase bello tranquillo dentro le mura della libreria, sentendosi più al sicuro lì.

«Tu hai qualcosa in mente. E non mi piace.»
Iniziò Shax, riservandogli uno sguardo inquisitorio.

«Io ho sempre qualcosa in mente», rispose Crowley incrociando le braccia a sua volta.
«Ed era davvero necessario evocare tutta questa nebbia?», aggiunse notando come il paesaggio esterno fosse meno visibile del solito.

«Che demone sarei se non infastidissi gli umani ogni volta che metto piede sulla Terra?»

Crowley si guardò intorno, finendo poi per puntare gli occhi sull'orologio all'interno.
«Dubito che daresti fastidio a qualcuno con un po' di nebbia alle quattro del mattino. Cosa vuoi?»

Shax assottigliò le palpebre e la nebbia si dissolse.
«Siamo stupidi solo fino a un certo punto, Crowley. Non so di preciso cosa tu voglia fare, ma qualcosa mi dice che c'entra il tuo amichetto con l'aureola.»
Lo guardò leggermente peggio di quanto già stesse facendo.
«L'inferno non ha dimenticato il tuo piccolo numero con l'armageddon.»

𝘞𝘪𝘯𝘨𝘴 𝘰𝘧 𝘋𝘢𝘳𝘬𝘯𝘦𝘴𝘴, 𝘏𝘦𝘢𝘳𝘵𝘴 𝘰𝘧 𝘓𝘪𝘨𝘩𝘵  |Good Omens|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora