•XXI•

116 12 4
                                    

Crowley imparò che Aziraphale non aveva la minima idea di cosa fosse successo dopo essere salito in paradiso.

Ricordava di aver chiacchierato con Metatron per le vie di Soho e di aver ascoltato la sua offerta.
Ricordava di avergli chiesto di seguirlo in paradiso e ricordava perché avesse scelto di accettare l'incarico.
Ricordava la sgangherata confessione d'amore last minute di Crowley e anche il loro disperato bacio.

Ma da quando era entrato nel suo ufficio la prima volta insieme a Metatron, aveva il vuoto totale.
Sapeva solo che era successo qualcosa che lo aveva portato a cercare di ferire Crowley e la cosa lo turbava fortemente.

Aziraphale non avrebbe mai ferito volontariamente Crowley, certamente non con una santissima spada infuocata.
L'idea di averci provato lo uccideva, motivo per cui non riusciva a calmare i singhiozzi nonostante il demone continuasse a sussurrargli con calma all'orecchio cosa fosse successo e come niente di tutto ciò fosse colpa sua.

Crowley era stato arrabbiato con lui per averlo abbandonato e per aver scelto il paradiso al posto suo, ma iniziava a rendersi conto di non riuscire a biasimarlo.
Anche perché tra una frase spezzata e l'altra, Aziraphale gli aveva rivelato di come non fosse stato certo della decisione fin quando non aveva sentito Metatron tirare in ballo il secondo avvento. Certo si era sentito confuso e spaventato dopo aver lasciato la libreria, motivo per cui aveva deciso di seguire quest'ultimo fino all'ascensore, ma alla fine sarebbe di nuovo corso incontro a Crowley se non avesse sentito il bisogno di proteggerlo dalla nuova apocalisse.
Ammetteva a se stesso che avrebbe potuto in qualche modo far capire al demone il motivo per il quale se ne stava andando, ma non sapeva come farlo ed era ancora troppo scosso dal bacio. Troppe sensazioni tutte in una volta sola lo avevano mandato nel pallone.

E Crowley lo aveva già perdonato nel momento preciso in cui aveva iniziato a parlargliene.
Non aveva bisogno di spiegazioni, non in quel momento. Voleva soltanto bearsi ancora di quel contatto prima di dover fuggire ancora.

«Non devi scusarti, okay? Nessun angelo si fiderebbe di un demone e tanto meno se, come nel tuo caso, l'unico ricordo che ha di lui è di un serpente ingannatore.»

Crowley aveva iniziato a disegnargli piccoli cerchi delicati con le dita sulla schiena, nel tentativo di calmarlo.
Aziraphale aveva annuito sulla sua spalla, ma il demone volle essere certo della cosa.
Si allontanò nuovamente di pochi centimetri, quelli che bastavano per allungare le mani e prendere a coppa il viso del suo angelo. Lo aveva guardato negli occhi, un dolce sorriso sulle labbra. Aziraphale lo avrebbe di sicuro preso bonariamente in giro più tardi, ma andava bene così. Non gli importava davvero di tenere su la facciata da duro, non in quel momento.

«Non mi importa come sono andate le cose, angelo. Mi importa che tu sia di nuovo qui con me»
Allungò il pollice, asciugandoli una lacrima.
Lasciò andare un abbozzo di risatina.
«L’azzurro dona ai tuoi occhi molto più del viola.»

Aziraphale ricambiò il sorriso.
Ringraziò Crowley, lasciandogli un bacio sulla guancia estremamente casto prima di lasciare una carezza sulla sua mano e alzarsi in piedi.
Il demone si rese conto che quello non era il classico gesto di Aziraphale. Era una promessa.
Voglio anche io continuare a mantenere questa nuova forma di contatto, ma prima dobbiamo andarcene di qui.

Crowley seguì le azioni dell'angelo, il quale prese l'occasione per calmarsi un po' di più.

«Devo prendere una cosa prima di andarcene.»
Disse Aziraphale, la voce ancora tremolante.

Si abbassò sulla propria scrivania, aprendo un cassetto.
Un cassetto normalissimo, pieno di oggetti di varia cancelleria.
Ordinaria amministrazione, davvero, se solo non fosse stato per il doppio fondo abilmente nascosto da tutta l'altra oggettistica.

Lo sollevò, rivelando soltanto una piccola fotografia che sembrava aver visto tempi migliori.
Quando l'angelo la prese in mano e se la rigirò tra le dita, non fece a meno di sospirare e sorridere.

Crowley gli si avvicinò, sbirciando da dietro la sua spalla.
La foto del 1941.

«Perchè te l'eri portata dietro?»

Chiese quindi. Il cuore che gli rimbombava nel petto sembrò raddoppiare il ritmo.

Aziraphale la osservò un secondo, prima di avvicinarsela al petto e stringerla addosso a sé.

«Sapevo che mi saresti mancato. E non sapevo quando ti avrei rivisto, né come l'avresti presa quando mi sarei rifatto vivo. Avrei avuto bisogno di qualcosa che mi facesse sentire la tua presenza accanto.»
Aziraphale allontanò la fotografia dal suo petto e la osservò un'ultima volta prima di nasconderla della tasca interna della sua giacca.

Aveva detto quelle parole come se fossero state la cosa più ovvia del mondo.

Crowley sentiva gli occhi lucidi, ma tentò comunque di impedire a quelle lacrime di scendere.
L'ultima cosa che aveva fatto l'angelo prima che gli venissero strappati via i ricordi, era stata nascondere la loro unica foto insieme per evitare che qualcuno potesse notarla e farla sparire.
Si sentiva esplodere.

In quel momento pensò che non sarebbe riuscito a evitare di riposare le labbra su quelle di Aziraphale.
Non quando aveva appena avuto la certezza di averlo riavuto davvero. E sicuramente non quando quello aveva appena finito di abbracciare la loro foto e piangere perché temeva di averlo ferito.

Mentre processava tutte quelle cose, la porta della stanza si aprì.
Una figura si stagliò dritta davanti a loro.

Crowley guardò Metatron rimanere a braccia incrociate davanti all'entrata.
D'istinto assottigliò gli occhi e si spostò leggermente, andando a coprire metà di Aziraphale col proprio corpo.
Non stavolta.

𝘞𝘪𝘯𝘨𝘴 𝘰𝘧 𝘋𝘢𝘳𝘬𝘯𝘦𝘴𝘴, 𝘏𝘦𝘢𝘳𝘵𝘴 𝘰𝘧 𝘓𝘪𝘨𝘩𝘵  |Good Omens|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora