•XX•

90 12 11
                                    

Crowley deglutì, guardando il liquido allargarsi lentamente sulla superficie.
Avrebbe voluto buttare giù Aziraphale dalla vetrata, in quel momento.

Poteva sentire il suo fumeggiante carattere iniziare a covare un misto di fastidio e ira sotto la pelle, ma tutto quello non lo avrebbe per niente aiutato.
Quindi si era ricomposto, reprimendo qualsiasi istinto anche solo vagamente omicida.
Prese un respiro e tornò a guardare Aziraphale che ora gli puntava la spada addosso. Per la seconda volta.

«Sai, ho provato a essere diplomatico.»
Iniziò Crowley, annuendo a se stesso.
«Non avrei mai voluto finire per dover combattere contro la tua stessa volontà.»
Puntò gli occhi dorati in quelli dannatamente lilla dell'angelo.
«Ma se questo è ciò che devo fare per riavere il mio miglior amico-»
Ci pensò un paio di secondi sentendo un nodo in gola, ma non aveva senso trattenersi in quel momento.
«No. Se questo è ciò che devo fare per salvare l'angelo di cui mi sono innamorato, allora lo farò.»

La cosa funzionò a suo favore, perché Aziraphale sembrò non capire. Inclinò quasi impercettibilmente la testa di lato e allentò la presa sull'impugnatura della spada.
Se ora voleva ascoltarlo, Crowley aveva già deciso che il tempo delle parole era finito.

Accolse l'occasione e agilmente gli si lanciò contro, facendogli cadere l'arma.
Aziraphale inciampò all'indietro e lui gli si trovò sopra.

Gli afferrò i polsi, decidendo che per nessuna ragione al mondo avrebbe ripreso in mano la spada per minacciarlo.
Non era mai successo nei seimila anni precedenti, due volte nel giro di una settimana erano sufficienti.
Notò la piccola pozza di Koreth non troppo lontana, ma non abbastanza vicina perché potesse arrivare a toccarla senza spostarsi.

Aziraphale lo guardava male. Era decisamente arrabbiato e glielo si leggeva in faccia.
Cercava di liberarsi, ma non era così facile. Non con Crowley a cavalcioni che gli teneva le mani ferme sopra la testa. Sembrava gracile e debole, ma era pur sempre una creatura sovrannaturale: se voleva, era capace di tirare fuori una certa forza.

Il demone era quasi sicuro che l'altro lo stesse maledicendo o altro, ma aveva bisogno di pensare e quelle parole non lo avrebbero aiutato. Sentiva in sottofondo varie frasi, ma il significato gli sfuggiva; era troppo concentrato a scegliere la sua prossima mossa.

Si rese conto di una terrificante coincidenza; la spada di Aziraphale era atterrata a soli pochi centimetri dal punto in cui era caduta l'ampolla d'olio.
Giaceva lì, minacciosa, accanto all'unica speranza che Crowley poteva avere di riportare il suo angelo indietro.
Si parlava di una spada angelica oltretutto, non sarebbe stata una semplice ferita se Aziraphale l'avesse colpito. Poteva benissimo rappresentare un biglietto d'andata all'inferno e la discorporazione. Quella poteva essere l'unica possibilità che aveva di fargli tornare la memoria.

Però, d'altronde, qual era l'alternativa?
Combattere contro truppe di angeli durante la seconda apocalisse?
Finire di nuovo faccia a faccia contro di lui e stavolta per davvero? Per l'ultima volta?
Non era una cosa che avrebbe preso in considerazione.

Sentì l'angelo cercare di farlo rotolare a destra e tenne duro.
Quando il tentativo successivo puntò a sinistra, si lasciò volontariamente spostare.
Si ritrovò con la schiena a terra, stavolta l'angelo a cavalcioni su di lui.

In quella che fu questione di attimi, Aziraphale si allungò afferrando di nuovo l'arma e Crowley a tentoni intinse il palmo della mano nella pozza d'olio, ignorando una scheggia di vetro che gli trafisse un dito.
In realtà fu tutto troppo veloce perché entrambi capissero cosa stesse facendo l'altro, se non addirittura cosa stessero facendo loro stessi.

Fatto sta che la mano di Crowley finì spalmata sulla fronte di Aziraphale poco prima che la spada di quest'ultimo arrivasse a toccare la sua gola.

Ci fu un momento di silenzio tombale durante il quale Crowley non ebbe il coraggio di aprire gli occhi, sentendo soltanto il freddo del metallo addosso.
Inizialmente pensò solo che fosse tutto finito. Pensò che se avesse aperto gli occhi, avrebbe visto un corridoio affollato illuminato da fatiscenti luci verdognole e che probabilmente avrebbe dovuto fare richiesta per un nuovo corpo.
Per un momento pensò che tutto fosse andato fottutamente storto.

Solo dopo una dozzina di secondi riuscì a prendere il coraggio necessario per aprire gli occhi.
Aziraphale respirava piano. I capelli bianchi macchiati dall'olio nero.
Sembrava scosso e confuso.
Crowley notò che le sue iridi viola stavano lentamente mutando colore, tornando a piccoli passi verso il blu che tanto amava; una scarica di speranza gli invase il petto.

L'angelo abbassò le palpebre e scosse la testa un paio di volte, prima di tornare a osservare Crowley.

Non disse molto, ma fu tutto ciò che al demone serviva sentire.

«Crowley?»

Quest'ultimo non riuscì a evitarlo e sorrise. Fu come se quella fosse stata la prima volta che sentiva il suo nome pronunciato dalla sua voce.
Lo riconosceva.

Ad Aziraphale cadde lo sguardo sulla spada che ancora teneva tra le mani, con la lama pericolosamente appoggiata sulla giugulare del demone.
La confusione presto si trasformò in paura.

Quasi lanciò via l'arma, la quale cadde rovinosamente sul pavimento riempiendo la stanza col suo fragore metallico.
Notò di essere letteralmente addosso a Crowley e si tolse dal suo grembo, finendo seduto per terra con le mani a coprirsi la bocca.

«Dimmi che non ti ho fatto del male.»

Crowley si alzò a sedere a sua volta, ma non resistette nemmeno all'impulso di fiondarsi ad abbracciare il suo angelo.
Gli cinse le braccia dietro la schiena, stringendo forte, cullandosi nel calore che emanava l'altro. Si riempì i polmoni del suo profumo così riconoscibile, sentendosi nuovamente a casa. Era sempre delicato e mescolato a quello asettico del paradiso, ma era il suo.
Le parole non sarebbero mai state sufficienti a descrivere quanto gli fosse mancato.

«Non mi hai fatto niente, angelo», lo tranquillizzò.
Aziraphale quasi tremava tra le sue braccia. Teneva ancora le mani davanti al volto e gli occhi sbarrati, ormai completamente blu.

«Mi dispiace, non so cosa sia successo, io non-»

Non terminò mai la frase, perché Crowley gli poggiò le mani sulle spalle e se lo allontanò temporaneamente di dosso.
Lo guardò dritto negli occhi e gli sorrise.

«Va tutto bene. Mi sei mancato.»

Aziraphale lasciò andare un singhiozzo e andò a nascondere il viso nell'incavo del collo del demone, il quale accettò di buon grado la cosa, tornando ad avvolgergli le braccia intorno.
Del fatto che si sarebbe a sua volta riempito pelle e vestiti di olio in quel momento non poteva davvero fregargliene di meno. Sarebbe potuto rimanere lì accoccolato ad Aziraphale per i prossimi due secoli e non avrebbe avuto problemi.
In quel momento si rese conto che recarsi all'inferno per recuperare quell'ampolla di liquido viscoso scuro era valso la pena. Sarebbe tornato laggiù altre mille volte se ciò avesse significato rimanere lì ora, appiccicato all'angelo che amava.

•••

Metatron si aggirava per i labirintici corridoi del paradiso con grande tranquillità.
Teneva le mani mollemente unite dietro la schiena mentre sorrideva agli angeli che incontrava.

Amava il fatto che tutto stesse andando per il verso giusto.

Beh, forse.

Nel preciso istante in cui vide le due guardie angeliche addormentate fuori dalla porta dell'ufficio di Aziraphale, si rese conto di aver cantato vittoria troppo presto.

𝘞𝘪𝘯𝘨𝘴 𝘰𝘧 𝘋𝘢𝘳𝘬𝘯𝘦𝘴𝘴, 𝘏𝘦𝘢𝘳𝘵𝘴 𝘰𝘧 𝘓𝘪𝘨𝘩𝘵  |Good Omens|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora