Capitolo 13

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*Alexander's pov, due settimane dopo*

Dove sono?

È tutto così bianco e monotono. Inizio a correre, sentendomi soffocare. Allungo le braccia, in cerca di pareti. Non ce ne sono. Continuo a correre verso il nulla, annaspando, inciampando, come se scappassi da qualcosa.

-Non correre, Alex.

Una voce mi spaventa, e sono costretto a fermarmi. La paura inizia a opprimermi.

-Chi... chi sei?- sussurro. -Fatti vedere!- dico, più convinto. -Parla!- grido, dato che nessuno risponde.

-Calmo, Alex. Sono solo io.

Un ragazzo mi appare. Il suo viso è tremendamente familiare, e le lacrime iniziano a cadere dai miei occhi istantaneamente. Voglio correre ad abbracciarlo, voglio solo correre da lui, ma sono paralizzato.

-Tom...- Allungo una mano verso di lui, invano. Continua ad allontanarsi. -Mi manchi così tanto, Tom. Ti prego, non te ne andare di nuovo...- La mia vista è annebbiata dalle lacrime.

-Anche tu mi manchi, Lex. Ti aspetto qui, non me ne vado.

Mio fratello scompare, e sono lasciato solo, piangendo, urlando. Solo.
Un'altra volta.

*Lisa's pov*

Mi sveglio sentendo un gemito soffocato dall'altra parte del letto. Dove... ah, è solo camera di Alex... Alex! È seduto sul bordo del letto, la testa tra le mani. Sta tremando. Cosa sta succedendo?

-Alex- sussurro. Nessuna risposta. Mi districo dalle coperte e corro al suo fianco. Mi siedo accanto a lui. Sta piangendo, ha il respiro pesante.

-È colpa mia, è colpa mia...- continua a ripetere, sottovoce.

-Alex! Alex, che succede?- chiedo con più urgenza. Un gemito di dolore da parte sua mi perfora i timpani. Capisco all'istante che è la tattica sbagliata. Se mi agito, peggioro solo la situazione. Quindi, ingoio il nodo che ho in gola e inizio ad accarezzargli la schiena.

-Ssh, è tutto okay... fai dei respiri profondi...

Il tremito delle sue spalle si arresta gradualmente. Quando sembra calmo, continua a tenersi la testa tra le mani.

-Ehi, Lex... come stai?- sussurro. Passano minuti interi prima che si decida a rispondere.

-Non... io... M-mi dispiace.- Lentamente si alza, si stropiccia gli occhi rossi di pianto e mi guarda. -È s-stato solo... l'ansia... u-un attacco di panico... scusa.

-Non c'è bisogno di chiedere scusa, Alex... non è colpa tua.

-I-immagino d-di no...- Finge un sorriso.

-Brutto sogno?- chiedo. Annuisce.

-Ne vuoi parlare?

Scuote la testa.

So che quando aveva dodici anni ha perso suo fratello Tom per suicidio, e che ancora oggi, dopo sei anni, continua ad avere gli incubi. Me l'ha detto Jack. Alex si rifiuta di dirmi una parola, ancora, ma sono certa che ancora non sia pronto a condividere una cosa così importante con me. Lo comprendo. E sono così dispiaciuta per lui. Non ho mai perso nessuno di importante, non posso immaginare quanto dolore stia provando. Vorrei solo... che lo condividesse con me, in modo che possa parlargli, che possa capire... Vorrei provare a farlo stare meglio, anche solo di un po'.

-Torniamo a dormire?- domando alla fine.

-Beh- dice controllando l'orario. 3.08. -Direi di sì.

A Love Like War || Jack Barakat/Josh FranceschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora