6. Notte brava

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"Me ne vado, stronzi!"

Questo è il messaggio che ho inviato nella chat di gruppo del basket e non contento, ci ho aggiunto anche un dito medio.

Ho abbandonato la squadra di bulletti menomati. Ci ero entrato, convinto da Theo e perché la mia testa aveva deciso che necessitavo di movimento, così da sentirmi meno in colpa se non rispettavo il mio schema dietetico.

Ora, mi trovo davanti all' ingresso del liceo, di sabato, tutti sono a casa. Mi aspetta la selezione per entrare nella squadra di pallavolo perché non so inventare scuse migliori quando Ian mi mette in difficoltà con Remi.

Due mani mi coprono gli occhi.

Odorano di cannella.

«Sono qui solo per te.»

Le note zuccherate si insinuano sotto gli spessi strati di tessuto.

Rido. Già so che è lui.

Mi volto per scontrare i suoi occhi. Ci ho visto un futuro scritto in quelle venature miele; una vita insieme, come normale coppia.

Ho fremiti continui, pìù intensi di quelli che ho provato leggendo il suo buongiorno stamattina e degli altri messaggi scambiati lungo il tragitto.

«Una piccola tappa prima di correre a studiare.»

Solo per me. Tira fuori un pacchetto.

«Remi...» Avverto le lacrime, un gesto inaspettato fa sempre battere forte il cuore.

È una fascia per capelli da indossare in campo.

«Un portafortuna per la selezione. E stasera passo a prenderti io» aggiunge.

Ah, lui guida, giusto! Non salgo su un'auto da mesi. Ma con lui me la farò passare.

Siamo cinque per il ruolo di centrale e qui si fa sul serio, non si tratta di una semplice squadra del liceo. Ecco perché ognuno dei partecipanti è un fascio di nervi, peggio di una chiamata in guerra.

Dalle poche notizie dette da Remi e dalla mia pelle accapponata, entrare nella loro tribù è il biglietto d'oro del liceo. Diventi come loro, osannato e voluto da tutti, nessuno può sfiorarti.

Incredibile come gli studenti di questo liceo hanno il potere di plasmarti e di cambiare la percezione che gli altri hanno di te.

«Muoviamoci!» Ian sbuca dal nulla, non ci degna di uno sguardo, l'insofferenza dipinta in ogni piega del suo volto.

Ha una pistola d'acqua tra le mani...

«Ma il capitano o l'allenatore dovrebbe giudicarci» sostiene uno di noi.

In effetti vogliamo saperlo tutti

«Sono io che decido qui, chi è dentro, chi è fuori. Sono il vostro dio! Il capitano è un rammollito e non serve a nulla. Senza offesa» replica brusco Ian, sotto l'espressione remissiva del capitano.

Stiamo in fila, la tensione è paragonabile a quella che provi quando sai che a breve verrai interrogato e non hai aperto libro, e preghi perfino Odino di non essere spolpato vivo dal professore.

Ian avanza verso di noi. Ha un piercing nuovo al sopracciglio. Di questo passo diventerà uno scolapasta umano.

«Ian, ho visto l'ultima partita che hai fatto, sei stato fenomenale, non vedo l'ora di imparare tutto da te!» squittisce un suo fan tra noi.

Ma tutto bene?

Ian lo gela semplicemente posando gli occhi su di lui. «Per caso ti ho detto che potevi leccarmi il culo?»

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora