25.Rotti

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Il veleno di Remi e le false promesse di Ian si accavallano nella mia testa, fitte che assillano il petto, comandano i miei passi in qualche oblio in cui voglio essere dimenticato. Mi ci è voluto un po' di tempo per ritrovare un briciolo di calma ma ora che mi sto avvicinando di più a Ian, tra le file semideserte della mensa, anche il faro di lucidità palpita a stento in questa densa nebbia.

È seduto a un tavolo in fondo, incrocia i miei occhi e sorride. Un'altra fitta implode. Mi aspetta sempre per pranzare nonostante i miei ritardi.

Voglio ragionarci su, davvero. Ma la rabbia alimenta le congetture più catastrofiche e le fa crescere a dismisura.

Avevo un discorso in mente che ora ristagna in gola, si mischia alle lacrime e all'amarezza per sentirmi parte di una stupida presa in giro.

Mi siedo di fronte a lui. Sul vassoio ci sono i piatti che mangio di solito.

Fa slittare il budino sul tavolo, il muso di un gatto tratteggiato con un pennarello indelebile sull'etichetta copre di proposito le calorie.

«Va tutto bene?»

Ecco, si è accorto che qualcosa non va.

«Ti faccio così pena?»

È disorientato dalla domanda imprevista. «No, no ho sol-» assume un leggero cipiglio «non so come si dice disegnare in francese ma ho solo disegnato un minou comme toi.»

Rigiro il dessert in una mano, lo faccio capitombolare all'estremità opposta del tavolo. «Non aspettarmi più, non fare più nulla. Sei stato una bella distrazione da Remi, non ci penso neanche più. Finiamola qua.»

Lascia cadere la sua posata nel piatto, la vena del collo che pulsa. «Si può sapere di che stai parlando?» ride, incredulo.

«Il tempo che passiamo insieme, tu che dormi da me e tutte le altre cazzate sono state un bel gioco ma ora basta. Ti è chiaro o vuoi un disegnino?» nascondo qualsiasi emozione dietro una facciata di impassibilità, allontano il vassoio verso di lui e mi alzo.

Le gambe della sua sedia strascicano contro il pavimento, ripercuotendosi nella sala. «Stai scherzando? Se è per il gatt-» mi prende la mano costringendomi a guardarlo negli occhi.

«Mi sono annoiato! Come facevi tu con le altre e passavi alla prossima, cosa c'è da capire?» Mi ritraggo dalle sue dita.

«Ti rendi conto delle parole che stai usando?» La voce vacilla come i suoi occhi, prossimi alle lacrime che comunque tratterrà con tutte le sue forze. «Tutto quello che è successo è un gioco per te?»

«Si! Che altro poteva essere? Niente.»

«Mi dici che cazzo è successo a distanza di due ore?!» inizia annebbiato dalla collera.

«Nulla. Volevo dirtelo già alla festa ma non eravamo nelle condizioni adatte, poi è comparso il dramma di tuo fratello e come te lo dicevo in quella situazione? Ecco, lo sto facendo ora!»

È la prima volta che non soppeso le parole, che tratto con disprezzo una delle cause della sua sofferenza. Ho provocato una frattura in qualcuno che già ne ha troppe e lo capisco dagli occhi, hanno smesso di brillare.

Ma è troppo tardi quando la mia mano cerca invano la sua. Già mi ha voltato le spalle.

○○○

Do un' ultima ripassata di tinta ai capelli di Alfie, per lui il rinnovamento del look è sinonimo di aver chiuso con Anne, anche se a giudicare dalle notifiche di Kyle c'entra pure lui. Ma continua a dirmi che sono diventati semplici amici.

«Dovresti farti anche tu qualcosa ai capelli» È a torso nudo, i suoi occhi ridotti a due fessure mi studiano attraverso lo specchio del suo bagno.

«Una volta li volevo neri.»

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora