13.Game over

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Sbatto più volte le palpebre, scosto la guancia da un petto. Seguo la venatura del collo, la linea della mascella, qualche ricordo della vernice sbiadita sul viso sereno, il respiro impercettibile. Un braccio mi circonda, l'altro penzola dal bordo. Alfie non c'è, Chase è ancora in coma ai nostri piedi.
Fili di luce pallida irrompono dalle veneziane. Mi sono addormentato appiccicato a Ian.

Voglio bearmi ancora un po' del suo corpo caldo, sniffo il suo tessuto che sa di sogni dolci. Metto in pausa la vita e aziono play solo su questi secondi, li riavvolgo e li faccio ripartire, di continuo. Saranno interminabili così, cristallizzati in uno spazio che non ha confini e in un tempo che non è scandito dalle lancette.

Non ci sono state ombre che hanno tentato di trascinarmi in un buco ignoto dal quale mi sembra difficile uscirne ogni volta.

Nessun incubo, nessun sonnifero. Dormo di nuovo con lui e ci sto bene. Paurosamente bene.

Mi rinchiude a sè anche con l'altro braccio, un sospiro soffia sui miei capelli, un brivido scivola lungo la mia schiena.

Il mio braccio serra il suo addome, i polpastrelli carezzano la pelle scoperta dalla maglietta arrotolata verso l'alto, percepisco i suoi muscoli contrarsi sotto i miei cerchi immaginari.

Il dorso sfiora qualcosa che non doveva, qualcosa che doveva rimanere giù...

Ritraggo la mano imbarazzato.

Calma, niente panico! Non è successo nulla.

Capita.

Non è colpa mia né colpa sua! È la mia mano che va per fatti suoi!

Lo guardo. Apre gli occhi lentamente, mi mostra un'alba nera e trattengo il respiro. Richiude le palpebre e si gira dall' altro lato, tirandosi le coperte e staccando i nostri corpi.

Abbandono lui e l'altro bello addormentato nel letto. Mi do una rinfrescata veloce, lavo via le macchie della tinta sul mio viso e mi inoltro in questa casa sconosciuta. Scorgo Alfie godersi il freddo mattutino nella balconata della cucina. Ha una sigaretta stretta in una mano, canticchia, i capelli rosati difficili da domare.

Spengo il bollitore, verso il tè caldo in due tazze, controllo le etichette di un pacco di biscottini e mi affianco a lui con la colazione pronta.

«Sei un tesoro, Beau!» Sceglie la tazza che volevo io, quella con uovo strapazzato e una fettina di bacon danzanti sotto la scritta Good morning. «Entro alla seconda ora, non posso fare altre assenze, vieni? Ian e Chase si sveglieranno nel pomeriggio se tutto va bene.»

«Mmh vado a casa. Sono distrutto. E li lasci così a casa tua? E i tuoi genitori?»

«È una casa con due piani separati. Sotto stanno i miei, non controllano mai qui.»

Beh, è davvero fortunato.

Alfie mi guarda con una faccia incuriosita dal bordo della sua tazza. «Lo sai, in diciotto anni di vita che conosco Ian, nessuno è riuscito ad avvicinarsi così tanto a lui.»

«Da ubriachi si è più socievoli...»

«Ma lui impone limiti silenziosi con noi, perfino con le sue fidanzate. Io riesco a toccarlo di sfuggita solo poche volte e dopo anni. E sono uno che il bene lo dimostra con abbracci, schiaffi, morsi!»

«Io devo andare!» Poso la tazza sul tavolo della cucina, mangio qualche altro biscottino e filo via.

«Sono felice che sei dei nostri e riprenderemo il discorso» si arrende Alfie dopo il mio millesimo rifiuto di cambiarmi da lui e di farmi accompagnare a casa. Mi da un pacchetto di biscottini e un succo di frutta, secondo lui ho fatto colazione troppo in fretta. La sua modalità mamma chioccia si è attivata.

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora