18.Siamo i nostri peggiori nemici

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Ian si separa delicatamente, i nostri occhi collimano in quel microscopico frammento che precede il secondo successivo, immutabile alle leggi crudeli del tempo.

Un innocuo bacio a stampo è stato in grado di mandarmi in corto circuito. E in quelle labbra ho avvertito la paura di sgretolarmi come sabbia da un castello inconquistabile con un semplice soffio di euforia, mi sono sentito stordito tra i primi sussurri dell'alba che ci abbracciano ma anche invincibile, sulla vetta del mondo.

I battiti non decelerano la loro corsa sfiancante, stretti nella cassa toracica, il caldo mi imprigiona nella sua morsa e si dissolve nel vuoto, lascia un impalpabile tepore e il desiderio incontrollabile di provarlo ancora.

Ian abbassa lo sguardo, le sue dita contemplano le perline bianche del mio braccialetto. Fasci tenui rischiarano il suo viso, le ciglia danzano a ogni scatto di palpebra, la lingua sulle pieghe delle labbra per imprimersi qualche sapore dimenticato.

I nostri respiri parlano per noi.

Alza gli occhi su di me, sono tempestati delle stelle più luminose. Accenno un debole sorriso che mando giù in un groppo appena non è ricambiato. Prende anche l'altra mia mano, mi invita a scendere giù dal muretto.

D'impulso avvolgo le mani alla sua nuca e mi ci aggrappo. La punta del mio naso carezza il suo, le mie labbra sfiorano le sue. Rimane rigido. Lascia che io scivoli lungo il suo corpo finché i piedi non toccano terra.

L'incantesimo si è rotto.

Mi passa il casco, nasconde il suo volto dietro la visiera scura.

Lo abbraccio mentre mette in moto. Rabbrividisco per il freddo glaciale nonostante la pesante giacca che mi tiene al caldo. Arrivo a casa mia, il silenzio mi accompagna fino all'entrata.

Ian non lascia mai trapelare cosa prova o cosa pensa e Alfie lo sa meglio di tutti. Ha imparato a conoscerlo facendo attenzione ai suoi gesti. Un compromesso che devi accettare con lui altrimenti lo perdi. Passa tutta la giornata con me e non si lascia sfuggire nessun dettaglio del mio racconto. La sua interpretazione all'atteggiamento di Ian è che sono l'imprevisto che ha scombussolato il suo equilibrio. Insomma un giorno era in compagnia di una nuova ragazza e ora si preoccupa di non bere a una serata perché ci sono io nonostante si fosse preso Alfie la responsabilità della guida.

Ian temeva qualche mia crisi di panico...

Mi spaventa lui e le strane sensazioni che mi provoca. Mi rifiuto di crederci. Stanotte non riesco a rinchiudermi sotto le coperte, preferisco stare seduto a fissare la finestra, la luce fioca delle lucine al soffitto mi tiene compagnia. La tentazione di scrivergli di non venire è forte. Oppure non viene a prescindere. Non ho sue notizie da ieri.

Sorrido alle foto di me e mio padre dalla parete. Ho rivisto l'alba, le costellazioni, ho indicato a Ian come riconoscerle, come lui faceva con me. Pensavo che ritornare in quei luoghi mi avrebbe riaperto la ferita, invece è miele che scaccia l'ombra e lenisce i sensi di colpa. Per una volta credo di meritare la felicità.

La finestra si spalanca, Ian atterra nella mia stanza. Il petto brucia, avverto ancora il piacere sulle labbra.

«Ancora sveglio?» Si allunga verso di me, mi strattona verso il bordo del letto, afferrando entrambe le caviglie. È a pochi centimetri dal mio naso, gli occhi che viaggiano tra gli occhi e le labbra. «Mi stavi aspettando?»

«Per niente.»

Ghigna sfrontato. «Allora niente regalo per te.»

Dal davanzale prende un sacchetto. Lo immobilizzo in un abbraccio asfissiante, trascinandolo nel mio entusiasmo. Ride sommesso ed è proprio una bella musica.

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora