21.Sotto le stelle

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Attraverso il soggiorno in fretta, lo zaino ciondola da una spalla. Butto un "vado via" a vuoto per colmare il silenzio calato appena passo davanti a mia madre ed Erik, in cucina a far colazione.

Belle sgambetta alle mie spalle, mi lascia un mini pancake con le orecchie da orsetto avvolto per metà in una carta rosa. Per lei non sono invisibile.

Mi incammino verso scuola, getto il pancake nel primo bidone che trovo, solo l'odore mi nausea. Infilo gli auricolari, gli occhiali da sole adombrano gli occhi gonfi e arrossati. Ho ancora tempo, farò il giro più lungo.

Mi manca tanto papà, oggi.

Mi siedo al tavolo del giardinetto della scuola, unendomi a Rory che ripete i capitoli di filosofia del test che ci aspetta alla prima ora e Jessie, concentrata sul progetto di storia che dovrà esporre.

Accendo una sigaretta. Ian, con la grazia di un babbuino ripieno di pulci, crolla sulla panca, facendomi traballare. Sfila l'accendino dalla mia mano, scatta la rotellina verso la sua sigaretta strozzata tra le labbra e poi se lo intrufola in tasca.

«Non ce l'ho, è mio» afferma.

Faccio qualche tiro, la nicotina rende il bruciore alla gola ancora più insopportabile, appesantisce il nodo che non mi ha abbandonato da quando mi sono svegliato. Il profumo di Ian è un pugno allo stomaco, i suoi occhi mi esaminano a fondo, le sue labbra si schiudono per districare il fumo in aria e potrebbero chiedermi cose a cui non voglio rispondere.

Puoi fingere con gli altri, con lui no. Vede oltre.

Calpesto la cicca sotto al tavolo e apro il mio libro di filosofia su una pagina a caso.

«Che studiate a fare, tanto andrete male lo stesso!» sostiene Ian.

«Stai zitto» si lamenta Jessie, alzandogli un dito medio.

«Io e Beau lo passeremo e faremo serata con te come l'ultima volta» dice Rory.

«Nei tuoi sogni» assicura Ian. «Tu studi o guardi le immagini?»

Ci metto qualche minuto a realizzare che la domanda è rivolta a me.

«Tu non devi studiare nulla?» ribatto, senza staccarmi dalla pagina.

«Mi offrirò in fisica oggi così inizio a recuperarla e ho preso già il massimo in letteratura giorni fa. Sto facendo il bravo altrimenti la mia fragolina mi stacca la testa.»

Lo guardo di sottecchi. Sostiene la testa contro il palmo, gli occhi assorti su qualsiasi mio dettaglio possa essergli sfuggito.

«E me lo dici solo ora? Sei bravissimo, sono davvero fiero di te» dico entusiasta.

Bofonchia, come suo solito agli apprezzamenti sinceri. Ma so che ha bisogno di sentirseli dire e non smetterò di farlo.

«Ho provato a chiamarti ieri e anche stamattina, va tutto bene?»

«Non ho il cellulare con me.»

Pessima scusa, vero? Lo capisco dal modo in cui mi osserva. Allento il colletto della felpa, passo una mano tra i capelli, l'agitazione si sta impadronendo del mio corpo.

«Che hai fatto qui?» Il suo tono basso, profondo, penetra fino in fondo e rigira in tutte le ferite sanguinanti. Sfiora il polso scoperto dalla manica rialzata. Mi ritraggo di colpo.

«Ah, il braccialetto... di papà... è rimasto impigliato l'altra volta, in doccia e si è stretto troppo e si è rotto» inghiotto la bugia, fingo interesse alla prossima pagina che giro.

«Ieri sera ce lo avevi ancora» asserisce lui, pacato, con uno sguardo che non gli appartiene. «Te l'ha fatto Remi?»

«No! Che vai a pensare!»

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora