37.Red fear.

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'This is the start of something beautiful,

this is the start of something to new.'

This, Ed Sheeran.

Red fear

Mi giungeva alle orecchie solo la voce pulita di Whitney Houston, nessun'altro suono.
D'un tratto mi ricordai che quando ritornai a casa, Met non m'aveva accolto come suo solito cingendomi le gambe, a dire la verità non mi aveva proprio accolto.
L'avevano preso quando ero uscita per comprare il CD, mi controllavano, pedinavano, seguivano ogni mia singola mossa.
E quale momento migliore per catturarlo quando non c'era nessuno a difenderlo?
Louis era uscito con Laila, e sarebbe tornato solamente quella sera, visto che aveva programmato per la bionda una cenetta romantica sulla spiaggia di Sydney.
Mia sorella Page era fuori con il suo gruppo di amici, e sarebbe rincasata per la cena.
Mia nonna non poteva di certo difenderlo, ora che ci ripenso, mia nonna non ha fatto il minimo accenno a un rumore strano in casa durante la mia assenza.
Mi imposi una calma glaciale, dopo cinque minuti, il cuore prese a battere lento, calmo e pomposo, e il respiro era abbastanza regolare.
Anche se ero tranquilla, nella sfumatura più brutta della parola, mi avviai verso camera mia.
Quando entrai, le finestre erano spalancate, non ricordavo se le avevo lasciate aperte o meno, ma doveva essere così, altrimenti, mia nonna m'avrebbe informata dei rumori sospetti provenienti dalla mia camera, e mi sarei accorta subito dell'assenza di Met.
Iniziai a darmi dell'imbecille, dovevo chiudere quelle finestre, cazzo!
Sapevo che Natan o Kyle non c'avrebbero messo molto a entrare, ma almeno avrebbero procurato casino. Invece, trovandosi le finestre aperte, segnalavo la mia resa, per loro era come il banchetto di Natale, avevano già il piatto pronto, bello e servito.
Stupida, stupida, stupida!
Non m'imposi più la calma, lasciai che il disco si bloccasse di nuovo e feci reagire d'istinto il mio corpo.
Mi buttai sulla scrivania e presi carta e penna.
Dovevo avvisare mia nonna e Louis, prima di tutto, poi avrei pensato a Met.
E' un discorso da arroganti non buttarmi subito in macchina e andare al ritrovo, ma ripensando alla chiacchierata con Natan un paio di sere fa, il dado era già stato tratto e qualcosa a Met sarebbe successo.
Anche se era un discorso egoistico, speravo che qualcosa succedesse senza la mia presenza, non avrei sopportato l'idea che gli facessero dal male davanti ai miei occhi, soprattutto perché sapevo che non potevo fare niente per fermare Kyle.
Quindi, più stavo a casa, e più speravo che maltrattassero Met una volta giunti al loro covo.
Ovviamente, pregavo anche che non gli facessero niente, ma avevo pochi dubbi.
Scrissi una piccola lettera a mia nonna dove le spiegavo brevemente quello che era successo e stava accadendo, le dicevo chiaramente di non muoversi da lì, sottolineando che Kyle non si sarebbe fatto problemi a prendere in ostaggio anche lei. Conclusi con un semplice 'ti voglio bene, davvero, nonna', non misi nemmeno la firma, consapevole che era palese che l'avevo scritta io.
Passai a Louis, sebbene il mio migliore amico, m'avesse esplicitamente detto d'avvisarlo in caso succedesse qualcosa, il mio istinto di protezione mi diceva di non farlo.
E in quel momento stavo giocando solo d'istinto.
Scrissi una lettera di due sole righe, gli spiegai che avevano preso Met e stavo andando a riprenderlo.
Ovviamente, quando l'avrà letta, io potrei essere già bell'è che morta, ma non importava.
Lo pregai di andare da Harry, di spiegargli la storia e di trattenere la sua ira.
Il riccio era l'ultimo dei miei pensieri, ma sapevo che una volta che Louis gli avrebbe raccontato di Kyle, sarebbe scoppiato e la prima cosa che avrebbe fatto era quella di prendere la macchina e venirmi a cercare.
Volevo che fosse Louis a spiegare a Harry il tutto, un po' perché tra i due s'era creata un'ottima intesa e un po' perché sapevo che Louis era un mago nel gestire l'ira delle persone. Con me, l'aveva fatto più e più volte, quando mio padre finiva di stuprare mia sorella, io correvo sino allo sfinimento a casa del mio amico e tempestavo il suo petto di pugni, urlando tutto l'odio verso mio padre.
Louis, in un modo che sapeva solo lui, riusciva sempre a calmarmi.
Ed ero fiduciosa nel pensare che potesse calmare anche Harry.
Cos'è la rabbia per una ragazza che fa di testa sua con l'odio di un padre che abusa contro di te e tua sorella?
Ovviamente, erano argomenti seri entrambi, ma l'ira di Harry sarebbe stata calmata.
Pregai anche Louis di andare da Zayn e vedere ciò che potevano fare.
Scrissi in basso entrambi gli indirizzi, Zayn sapeva dov'era il covo di Kyle, li avrebbe portati lui.
Sapevo che Zayn non si sarebbe mosso di casa, con lui c'era Crew e l'amore per il fratello era più forte di qualsiasi altra cosa, maggiore pure di quello per Kimberlee.
Buttai la penna sulla scrivania e m'alzai di scatto, mi cambiai con una maglietta bianca con scollo a V e un paio di Jeans comodi, ai piedi optai per le All Star.
Presi la borsa con le sigarette e il cellulare, infine afferrai le chiavi della macchina.
«Leggila non appena sono uscita di casa. – Ordinai porgendo la busta a mia nonna, poi le passai quella di Louis, – E da' questa a Lou non appena rientra in casa.»
«Cameron, mi stai facendo preoccupare.» sussurrò confusa.
Scossi le spalle e l'abbracciai fortissimo, in quel momento, percepii come se fosse l'ultima volta che la vedevo, come se potesse sfuggirmi dalle dita.
La strinsi più forte che potevo, non volevo lasciarla andare.
Soffocai un paio di singhiozzi e poi, senza voltarmi, uscii di casa.
Corsi fino alla macchina, e in dieci secondi, imboccai alla massima velocità la tangenziale per il centro.
Ora mia nonna starà leggendo la lettera, sperai tra me e me che facesse tutto quello che v'era scritto.
Presi dalla borsa il cellulare e cercai il numero di Zayn.
«Cam.» biascicò dall'altra parte.
«Dimmi dov'è il covo.»
«Ma significherebbe andare a morire.» sussurrò.
«Dimmelo!» sbraitai piena d'aria.
Possibile che Zayn non capiva? In quei due giorni avevo perso tutto.
Kimberlee, che s'era messa dalla parte di Zayn.
Harry.
Louis m'appoggiava solo perché doveva.
Mia nonna l'avrei persa tra poco.
Page non mi cagava per l'età, com'è giusto che sia.
Met era l'unica persona che possedevo in quel momento, e avevo sempre amato mio fratello più di ogni altra cosa.
Nemmeno l'amore che provavo per Harry era paragonabile all'amore fraterno.
«Non farlo, Cam.»
«Zayn, là c'è mio fratello e anche Kimberlee, possibile che tu sia così cretino? – Ringhiai quasi, – Non capisci quanto amo Met, eh? E pensare che anche tu stai facendo di tutto per salvare tuo fratello. – Il mio tono s'era leggermente placato, – Lascia che anch'io faccia di tutto per salvare il mio.»
Calò un silenzio di tomba, sentivo solo il respirare tranquillo del moro.
Poi, come una fiammella notturna, iniziò a darmi le indicazioni per arrivare al covo.
La voce di Zayn mi giungeva lontana, ma non abbastanza per non seguire le indicazioni che mi dava.
Le immagini del paesaggio incontaminato davanti a me, a differenza di quella volta che ero in moto con il moro, mi parevano non da mozzare il fiato, ma un luogo tetro e pauroso, pieno di insidie.
Avevo come il brutto presentimento che da un momento all'altro qualcosa potesse sbucare fuori dal granturco, e fermare il mio corso.
A quelle immagini rustiche si sovrapponevano immagini di sangue, Met che sanguinava dal naso, dalla bocca, perfino delle dita delle mani.
Piccole lacrime, pure, gli gocciolavano dagli occhi azzurri, lasciando scie rosa sul suo viso ricoperto di sangue.
Mi ritrovai a pensare che per l'enigma dei colori Kyle avrebbe dovuto scegliere per se stesso il rosso, e non il nero.
Perché rosso era tutto ciò che vedevo.
Svoltai nella stradina sterrata e terminai la chiamata con Zayn, poi spensi il cellulare.
Era definitivamente sola.
Presi il pacchetto di sigarette e ne accesi una, aspirai e notai che mi tremava la mano.
Avevo una paura folle, ma non tanto per me.
Infondo, io non avevo più nessuno, tutti quelli che tenevano a me in un modo o nell'altro sarebbero riusciti a sopravvivere.
Ero io che non sarei riuscita a sopravvivere vedendo qualcuno che amo essere maltratto.
Era come fare del male a me stessa.
Aspiravo e mi avvicinavo al covo. Era come la prima volta che ci fui stata, pareti ingrigite, alcune buchi similmente a finestre, sterpaglie tutte intorno.
L'unica cosa di differente era la luce accesa. Guardai il cielo e notai che era il crepuscolo.
Me la presi con calma, m'accomodai a gambe incrociate sui sassolini e fissavo la casa, fumando.
Le ore passavano e nessuno si faceva vivo, ma sapevo che c'era qualcuno dentro l'abitacolo, perché mi sentivo osservata, mangiata con gli occhi.
Ma volevo che venissero fuori, che venissero ad affrontarmi, a rigettarmi in faccia tutto il dolore.
Di tanto in tanto si sentiva un urlo, per un millesimo di secondo mi batteva il cuore, ma poi costatavo che non era un urlo di bambino.
A urlare era una ragazza.
Kimberlee.
Per poco tempo mi sentii orgogliosa di me stessa per essere riuscita a decifrare correttamente tutti gli enigmi, ma una domanda si veleggiava nella mia testa.
Met?
Perché non sentivo urlare anche lui?
Era già... Morto?
Ero quasi sicura che Kyle, per quanto amasse veder soffrire le persone, non era in grado di uccidere nessuno. Forse perché sapevo che nel profondo lui si ricordava quello che era accaduto anni fa, con Harry. Sapeva il dolore che si provava a perdere il proprio fratello morire.
Lui sapeva, ed era a conoscenza che quello, la morte di una persona cara, non era dolore, era anche la tua stessa morte.
E morendo, non provavi più dolore, e Kyle voleva vedere soffrire gli altri.
Quali inganni nasconde la vita umana, così saggia, ma anche saggiamente stupida.
Mi tranquillizzava l'idea che mio fratello non fosse morto, ma avevo anche paura che potesse essere da qualche altra parte.
Lontano da me.
Mi resi conto che non sapevo se Kyle aveva qualche altro ritrovo.
Stupida, stupida, stupida!
Guardai il cielo, era privo di stelle. A occhio e croce, immaginai fossero circa la nove e mezza, forse Louis era già arrivata a casa.
Forse stava già parlando con Harry.
Un bagliore più forte del solito catturò la mia attenzione, volsi lo sguardo verso la catapecchia e vidi la porta aprirsi pian piano.
Ne emersero due figure.
Natan, rigido come un bastone.
Poi, vidi, una figura un po' più bassa, un corpo mingherlino che però sapevo conteneva una forza indescrivibile.
I capelli biondi con colpi di sole più scuri, un viso d'angelo.
Bello e terribile da mozzare il fiato.
Occhi azzurri come il cielo e il mare, imperscrutabili, vividi del dolore che ha visto e sopportato.
Kyle.
Un milione di brividi mi percorsero la schiena, paura, paura ovunque.
Paura nei miei occhi, senza sentimento.
Paura nella bocca screpolata, muta.
Paura nelle mie mani, tremanti.
Paura nella mie gambe, molli.
Paura nel mio cuore, pulsante e vivo.
Paura in ogni millimetro del mio corpo.
Talmente tanta paura da rimanere calma, arresa.
«Sapevo che saresti venuta.» disse con quella voce che aveva un qualcosa di surreale.
Deglutii, adesso sarebbe iniziato il tutto.
«Ciao, Kyle.»



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Salve a tutti! Miei cari lettori, questo è un capitolo un po' corto, ma che almeno a me fa stare e restare con l'ansia. La fine è sempre più  vicina,  vorrei sentire i vostri commenti, le vostre opinioni, le cose che vi piacciono e quelle che odiate, cosa pensate accadrà e cosa sperate. A presto, Sara.

ONSET II h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora